Sebbene non sia un film sul calcio, "Momenti di gloria" racconta la vera storia di alcuni atleti Britannici prima e durante le Olimpiadi del 1924. Erano ragazzi non professionisti e dai valori umani notevoli.
Da bambino seguivo il calcio con passione e un certo atteggiamento fanatico. Crescendo ho presto preso le distanze da tali comportamenti e ho sviluppato un senso critico.
Mi dispiace rilevare che molti adulti su questo argomento siano rimasti come ero io da bambino, se non peggio. Per carità, ognuno ha i suoi difetti e anche io ho i miei (e non sono pochi).
Il calcio che vorrei (e che probabilmente otto tifosi su dieci NON vorrebbero) sarebbe più intimistico, più romantico, meno professionistico e svenduto alla smodata ricerca del profitto.
I club si accorderebbero su limiti ai prezzi di acquisto dei cartellini dei giocatori e verrebbero messi dei tetti massimi agli stipendi, tornando a cifre più normali.
I giovani calciatori avrebbero l'obbligo di terminare le scuole medie superiori con frequenza ed esami condotti in maniera scrupolosa e non pro-forma. In caso di mancato adempimento, verrebbero sospesi e la federazione non gli consentirebbe di giocare.
Scomparirebbero i braccialetti elettronici che misurano le performance sportive, con deroga solo per quelli utili a prevenire scompensi cardiaci e cose simili.
Si tratta di calcio, non di decathlon. É il talento a fare la differenza.
Inoltre la si smetterebbe di scegliere i giovani talenti in base al fisico e non alla fantasia. Tempo fa mi capitò di veder passeggiare una squadra di Allievi (sedici anni circa) tutti sopra il metro e ottanta. Credevo che giocassero a basket, invece no.
Scomparirebbero gli allenatori che sgridano il calciatore per un dribbling o uno stop di esterno piede o una serpentina. Sono persone tristi.
Le interviste di fine partita verrebbero eliminate: troppo nervosismo. Non è bello vedere allenatori di sessant'anni fare la tragedia come bambinetti per un rigore non dato o perché semplicemente hanno perso.
Basta anche col solito machismo e le dichiarazioni roboanti da caserma: il calcio è un gioco, non è la guerra. Con la forza dei nervi non si risolve niente.
Bisogna ricordarsi che il gioco è divertimento, è lealtà, amicizia, rispetto.
Se si vince si è contenti, se si perde lo si accetta serenamente.
Non ci saranno risse per il calcio e i tifosi avversari faranno continui gemellaggi.
Sto immaginando forse un mondo troppo evoluto. Eppure sarebbe bello.