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martedì 31 dicembre 2013

Il blog di Andrea Russo compie 6 anni!

Il 31 dicembre del 2007 mi venne l'idea di aprire questo blog, per dare sfogo alle mie opinioni e alla mia creatività. Da allora non ho più smesso di scriverci, ed è una cosa che mi dà molta soddisfazioni. Voi lettori siete diventati tanti. Dall'apertura del blog si sono registrate più di 120 000 visite (il contatore che vedete di lato a destra parte dal luglio del 2009).

Buon anno, e "non sparate i botti". Vale la pena perdere una mano o un occhio per qualche minuto di divertimento?
Pensateci.

Napolitano, ti boicottiamo




Stasera c'è il discorso di fine anno di Giorgio Napolitano. Peccato non poter essere vicini materialmente con i pomodori a portata di mano. Io e i miei familiari non lo seguiremo in tv.
Almeno nell'ultimo giorno dell'anno vogliamo stare tranquilli, e non avvelenarci con la politica. Quest'uomo ci ha fatto prostrare di fronte alla Germania, che geopoliticamente conta quanto il due di briscola, nè più nè meno di noi. Quest'uomo ha sospeso per più di due anni la democrazia, e non si sa per quanto ancora essa non verrà ripristinata. Ha messo al governo due persone che non erano state indicate dagli elettori, I signori Monti e Letta, con il supporto di partiti corrotti. Ai cittadini non solo non è dato di eleggere presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica, ma devono vedere a palazzo Chigi persone che non sono nemmeno espressione di una normale maggioranza.
Non ti guardiamo in tv, Napolitano, quella canzone che faceva: "Facciamo finta che tutto va ben" è ormai datata. Ci hai rovinato l'anno intero, e stasera, ci dispiace, resti fuori la porta.
Spero che nel 2014 noi Italiani staremo meno dietro alle bugie dei politici e saremo più solidali tra di noi. Spero che ci daremo da fare di più e parleremo di meno. Spero che saremo più onesti, che pagheremo le tasse e non trufferemo l'assicurazione e il sistema sanitario.
Il cambiamento inizia dando l'esempio: è un concetto semplice ma universale.

mercoledì 11 dicembre 2013

La Casta ha tirato troppo la corda. Ora il popolo insorge



Rho: I poliziotti si tolgono il casco e marciano assieme ai manifestanti. I giovani intonano: "Poliziotto uno di noi"

L'Italia, da ormai tre giorni, è in fermento. Dalle città più grandi a quelle di provincia, si segnalano numerosi assembramenti in tutto il territorio nazionale. 

C'è chi ha provocato blocchi stradali, chi si è messo col proprio camion nelle zone di sosta delle autostrade, chi ancora ha protestato in piazza. 

L'Italia dopo 5 anni di crisi si sveglia arrabbiata e partecipativa, mossa dalla volontà di manifestare il proprio dissenso finalmente in maniera attiva. 

Accade ciò che era inevitabile e che si è fatto attendere fin troppo. I politici di Roma pur rilevando che la situazione fosse grave, hanno continuato a tergiversare, a riempire i media di proclami, a pensare a tutto fuorchè alle esigenze del paese. 

Da due anni non abbiamo una maggioranza di governo in cui il popolo si riconosca, le larghe coalizioni che hanno unito centrodestra e centrosinistra hanno fallito, l'immobilismo è dilagato. 

Siamo stati dietro a tutto tranne che alle cose importanti: ai processi di Berlusconi, alla leadership di Renzi, alle passeggiatine con gli altri capi di governo di Enrico Letta in giro per il mondo. 

Il ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni non ha trovato 1 miliardo di euro che rimaneva, per togliere l'Imu sulla prima casa, quando la macchina statale, con tutti i suoi sprechi, costa 700-800 miliardi l'anno.

Ed ora la gente è stanca. Ciò che preoccupa non sono le violenze di una netta minoranza di partecipanti, ma la volontà di proseguire su questa strada da parte dei nostri politici. 

Hanno detto sì all'austerity e al ripagamento dei debiti verso le banche, che viene mascherato con la dicitura di debito pubblico. 
Hanno alzato bandiera bianca nella programmazione industriale, non hanno una idea chiara di come fare uscire il paese dal pantano della crisi economica. 

Dovevano votare, centrodestra e centrosinistra, per una nuova legge elettorale. Il popolo gli chiedeva di ridursi i compensi, i benefits, i privilegi e non si sono privati di un centesimo. Non hanno nè diminuito nè tantomeno azzerato i finanziamenti ai partiti che non sono dovuti perchè il popolo ha votato un referendum in tal proposito. 

L'unico che l'ha fatto è stato il movimento di Beppe Grillo, a cui, con i suoi pregi e i suoi limiti, questo va riconosciuto. 

Ora il Presidente del Consiglio Enrico Letta riceve per l'ennesima volta la fiducia dalle Camere, ma quanto durerà? 

Aveva promesso di abolire il senato, di cancellare le province, di modificare la costituzione e tanto altro ancora. Dove sono i risultati? La disoccupazione è ben oltre il 12% riportato dall'Istat, che spesso racconta favole. Un esempio: nel 2002, con l'avvento dell'euro, il costo della vita in tutta Italia raddoppiò.

E' una cosa che tutti ricordano, purtroppo amaramente, perchè ha provocato molti danni e molto impoverimento. Eppure l'Istat per quell'anno registrò un aumento dell'inflazione (ovvero un aumento generale dei prezzi) del 2,5%. 

Gli Italiani vedono con i propri occhi la verità e non gli si può raccontare storie all'infinito. Quando si parla di lavoro, bisogna sottolineare poi che le condizioni degli assunti sono peggiorate: contratti a tempo determinato, salari sempre più bassi ed altro. Lo stato Italiano, per rispettare accordi assurdi che stanno impoverendo mezza Europa, rinuncia a spendere per ospedali, scuole, carceri. 

Gli Italiani sono arrabbiati, sempre di più, e vanno nelle piazze a manifestare lo scontento. Si organizzano, in una alleanza trasversale che coinvolge tutti gli orientamenti elettorali. Non si illudano Letta e il suo Ministro degli Interni Alfano: le proteste continueranno, anche la settimana prossima. 

Ed è probabile che riprenderanno presto, dopo un po' di pausa, se non dovessero sortire l'effetto di mandare governo e parlamento a casa. Inoltre Enrico Letta non sembra in grado di rassicurare gli animi nè di gestire la situazione. Non ne ha la credibilità, è un presidente di compromesso che non corrisponde ad una maggioranza voluta dagli italiani, ai quali non è dato, con la legge elettorale "Porcellum", di scegliere il proprio candidato premier e nemmeno il proprio deputato o senatore, ma possono soltanto barrare con una crocetta il simbolo di un partito. 

Il Ministro dell'Interno Angelino Alfano è la sintesi vivente dei giochi di palazzo in corso, della noncuranza della classe dirigente verso i cittadini elettori. Scelto da Berlusconi come garante della linea politica del Pdl all'interno del governo di unità nazionale, si è separato dal suo padre putativo per rimanere seduto sulla poltrona ministeriale, insieme agli altri ministri del Pdl. 

L'ex delfino del Cavaliere ha mostrato una sintonia con Letta invidiabile, ne ha condiviso le scelte (poche) e l'inerzia (tanta). Dice che va tutto bene, non è insoddisfatto dell'azione di governo, vi partecipa anzi, con grande soddisfazione. In sintesi, questo duo Letta-Alfano è l'emblema di una classe dirigente sottomessa all'Unione Europea e alla Germania, elitaria e lontana dal popolo, incravattata e moderata che taccia di populismo chiunque raggiunga un notevole consenso elettorale. 

Ora però questi signori se la devono vedere con un popolo assai poco impomatato e molto arrabbiato, che non gode privilegi e che lotta ogni giorno con tasse e bollette. Sono assediati, lì, nel bunker di Montecitorio. Perfino i poliziotti, che prendono ordini da Alfano, hanno mostrato, a Rho come a Torino, solidarietà con i manifestanti. 

Il governo ormai è sotto pressione, la pazienza è finita, il popolo è in movimento, e chi parla di un mandato elettorale che durerà fino al 2015 o addirittura al 2018 ha fatto male i conti.
Andrea Russo 

martedì 3 dicembre 2013

Se ci fosse un porto vero a Pescara, le barche non verrebbero distrutte


Ed eccoci qui, di fronte a ciò che tutti sapevano che prima o poi sarebbe accaduto, e che molti, tra i vertici amministrativi locali, hanno ignorato.

 Il fiume Pescara è straripato, e la corrente forte ha distrutto numerose imbarcazioni. Ieri notte, Lunedì 2 Dicembre, alle 23:45, ho visto con i miei occhi tre barche, di cui una molto bella e in buono stato, trascinate dalle acque e rovesciarsi. 

La "zattera" che per un breve periodo ha trasportato i passeggeri da un'ansa all'altra era già fuori uso, e giaceva, rovesciata sulla banchina nord. 

I danni però, al di là di quanto ho potuto constatare personalmente, sono molto più ingenti. In questi ultimi anni ho segnalato diverse volte su giornali e siti internet, la necessità di costruire un porto vero e proprio a Pescara, visto che l'attuale porto-canale non è altro che l'allocazione dei pescherecci nel fiume, senza infrastrutture degne di questo nome. 

Le barche nel fiume sono esposte alle piene. Le ultime esondazioni, prima di quella attuale, erano avvenute nei primi anni '90. Venne richiesto puntualmente il riconoscimento dello stato di calamità naturale ed i fondi governativi per i risarcimenti. 

Nell'Ottobre del 2012 scrissi un articolo che non piacque ad alcuni esponenti locali, che da allora non mancano di esternarmi la loro contrarietà. In quei giorni delle abbondanti piogge avevano fatto ingrossare il fiume, che rischiava di uscire dagli argini. Io scrissi semplicemente che i ritardi nel dragaggio aumentavano i rischi. Le responsabilità erano da attribuire ai vertici locali e all'incuria degli ultimi governi romani. 

Lo scrissi e lo confermo, anzi fui anche tenero. Oggi parte del fango nei fondali è stato rimosso, ma la sciatteria e la disattenzione rispetto all'esigenza di un porto vero e a tutto ciò che riguarda il fiume sono le stesse. Con grande intraprendenza, e con il contributo dell'industriale Gilberto Ferri, una ventina d'anni fa venne costruito, grazie ai fondi Cee, il nostro bellissimo porto turistico. 

Nulla da obiettare in merito. Mi rincresce constatare come siano stati reperiti i fondi per un porto che serve allo svago e alle vacanze dei ricchi, in cui vi sono barche frutto di evasione fiscale, mentre non esiste nemmeno un dibattito sulla necessità e su come trovare risorse per costruire un porto vero, quello che serve per i traghetti e per le navi dei pescatori. 

Una città che si chiama Pesca-ra vede ogni giorno umiliati i pescatori, che nel mare ci lavorano. Per loro la barca è la loro vita, il loro lavoro, il mezzo per sostentare i figli. Immaginiamo quali prospettive potrebbero aprirsi con un porto degno di questo nome, costruito fuori dall'alveo del fiume come il porto turistico. Potrebbero nascere nuove rotte per paesi come l'ex Jugoslavia, l'Albania la Grecia, per il trasporto dei passeggeri. 

Potrebbero fiorire scambi mercantili, nella misura consentita dai fondali non molto profondi. Nondimeno, la pesca potrebbe finalmente rifiorire, senza le stucchevoli vicende degli ultimi anni. Nonostante viviamo in tempi di austerity, non è affatto impossibile realizzare una nuova struttura portuale a Pescara, ma il presupposto essenziale è la volontà politica da parte dei nostri rappresentanti cittadini e regionali. 

Giacciono, già da diversi anni, 90 miliardi di euro di fondi europei destinati alle infrastrutture. Ne basterebbe una piccola parte per realizzare il nuovo porto. Inoltre si potrebbero coinvolgere nell'investimento le compagnie di trasporti navali, che poi gestirebbero lo scalo e i relativi introiti. 

Queste però sono solo proposte, da approfondire, discutere, confrontare con altre. L'importante è che si apra un dibattito in merito. Non saranno infatti i marciapiedi nuovi a rilanciare Pescara, ma progetti ambiziosi che incidano sulle infrastrutture. 
Andrea Russo