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venerdì 21 marzo 2025

Tutti possiamo leggere il Manifesto di Ventotene, per cui non raccontiamo bugie



Nella foto, da sinistra: Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni


Premessa necessaria: un po' di obiettività

Il Manifesto di Ventotene fu scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi durante il confino decretato dal regime fascista.

I tre intellettuali ipotizzavano una Europa unita e non più divisa dalla guerra, indicando quella che sarebbe in scala ampia l'emancipazione del ceto proletario dal controllo delle classi dominanti fino ad allora.

Chi legge questo blog normalmente è un lettore di un certo tipo: non ha bisogno di essere imboccato, ha già un suo senso critico, un minimo di cultura, una capacità di discernimento.

Noi Italiani in generale siamo figli di una cultura principalmente umanistica. Abbiamo una buona coscienza delle sfumature dell'animo umano, abbiamo un nostro senso civico e soprattutto più di altri popoli abbiamo una completezza linguistica e filosofica.

Chi non è offuscato dall'ideologia sa vedere le cose con un minimo di obiettività.


Cosa propugna il Manifesto di Ventotene?

Tutti possono convenire sulla qualità intellettuale che emerge dal testo di Ventotene. 

Cionondimeno bisogna mentire fortemente a sè stessi per non ammettere che esso sia un manifesto antidemocratico.

In questa opera si chiede la abolizione parziale della proprietà privata, l'uso di una violenza repressiva per chi non si adegua al processo rivoluzionario socialista e si critica in più punti la democrazia come mezzo per affrancare il proletariato.

Il testo preconizza una società Europea molto utopica, in cui addirittura tutti i popoli europei insieme fanno la rivoluzione e realizzano una temporanea dittatura del proletariato; in seguito, consolidato il nuovo regime, chi si è messo a capo della rivolta farà lentamente concessioni.

Si chiede anche la partecipazione di partiti con vedute diverse, come i liberali ad esempio, ma appare chiaro che si dovranno piegare ad un contesto socialista.

Al tempo no, ma oggi possiamo dirlo: sono cose che abbiamo già visto. 

Anche nell'Ungheria di Kadar, qualche anno dopo la rivolta del 1956, si derogò in maniera graduale al comunismo integerrimo e si misero in atto delle concessioni verso alcune forme di commercio, di turismo e di apertura all'occidente liberale.

Lo stesso si può dire del socialismo partecipato Jugoslavo degli anni '60, in cui i lavoratori prendevano decisioni con il direttore della fabbrica o del negozio e agivano in un regime di competitività con le aziende dello stesso settore.

Questo però non ha nulla a che fare con la democrazia.

Se la popolazione avesse voluto virare verso il liberismo o un certo grado di capitalismo, le sarebbe stato impedito.

Nel Manifesto di Ventotene si fa un riferimento abbastanza chiaro all'uso della forza per un popolo che "attende di essere guidato", piuttosto che cercare dei "plebisciti".


Il linguaggio ambiguo del Manifesto di Ventotene: come indorare la pillola del socialismo.

Lo stile della carta di Ventotene  è poco onesto: gli autori propongono contenuti forti, antidemocratici ma ci girano attorno con tante belle parole forbite.

Sfido chiunque a dire che questo sia un testo comprensibile alle masse degli anni '40 e '50 alle quali esso era destinato.

Un manifesto dovrebbe avere un linguaggio semplice e usare concetti abbastanza chiari, che non possano essere rivoltati a piacimento.

Il manifesto in questione dice e non dice, tira il sasso e nasconde la mano.


Il Manifesto di Ventotene si rivolge davvero alle masse?

A questo punto il dubbio è legittimo, visto il contenuto dittatoriale e il linguaggio ondivago.

Il testo è veramente diretto alle masse o piuttosto ad una elite di intellettuali e politici che dovranno coartatamente guidare i popoli, in assenza di democrazia, per poi farli partecipare senza deragliare da un ambito socialista?


L'Unione Europea non rispecchia il Manifesto di Ventotene in alcun modo

Il Manifesto di Ventotene non ha nessun riscontro ne' nell' Unione Europea attuale ne' nella sinistra dei cosiddetti "Partiti Democratici" odierni: entrambe sono svendute al liberismo più sfrenato e rispondono ai "desiderata" degli imprenditori più grandi in termini di fatturato e di influenza sulla politica.

L'Europa attuale come primo atto di unificazione ha creato la moneta unica. Il processo è iniziato dalla finanza e dall'interesse dei grandi investitori di non vedere il denaro investito nei titoli di stato svalutato.

Inoltre l'Euro consente alla Banca Centrale Europea di svolgere la sua politica neoliberista, che vuole il denaro creato non come proprietà del popolo, ma messo in circolo come una forma di prestito, per cui quasi sempre gli Stati nazionali e le collettività che li sorreggono dovranno prima o poi pagarne la restituzione con tanto di interessi.

Tramite l'Euro e la Ue le politiche economiche degli Stati membri sono fortemente limitate nei poteri decisionali, con cessioni fattuali di sovranità nazionali non sempre avallate dai popoli europei. 

Ai cittadini Italiani non è mai stato chiesto tramite referendum se volessero partecipare o meno a questa concezione di Unione Europea e se volessero cambiare almeno in parte alcune forme di organizzazione e di cooperazione.

Non mi si venga a dire che la carta costituzionale non lo consente: per introdurre nella Costituzione il "pareggio di bilancio" tanto caro alla Ue il parlamento si è solertemente attivato, modificandola.


Conclusioni

Come Giano Bifronte, la sinistra europeista ama il comunismo e il capitalismo più sfrenato al tempo stesso.

Si balocca con belle parole e utopie e non discute sui problemi specifici Europei e sulle esigenze di cambiare politiche fallimentari e assurde.

Non è una questione di partiti politici o di schieramenti: chi mi legge sa benissimo che ho sempre criticato ferocemente anche Giorgia Meloni quando non ero d'accordo con quello che dice e che fa.

Se si ama il manifesto di Ventotene, si rigetta "in toto" questa Unione Europea e si desidera di abbatterla e ricostruirla. Delle due opzioni solo una è possibile.


Vi lascio il link con il testo completo:


https://novara.anpi.it/attivita/2015/manifesto%20di%20ventotene.pdf



mercoledì 19 marzo 2025

Piazza del Popolo e i notabili dalle idee confuse


Una piazza piena di contraddizioni

Mi sono preso un po' di tempo prima di commentare quanto avvenuto a Piazza del Popolo il 15 marzo. Ho preferito ascoltare con calma i vari interventi e divertirmi, perché il teatro dell'assurdo che ne è scatutito è risultato parecchio divertente.

Personalità varie della sinistra hanno tentato di spacciare il meeting pro-Europa del 15 Marzo come una organizzazione spontanea e composta da persone comuni, senza partiti alle spalle.

Non ci voleva molto a scoprire la verità che già appariva evidente.

L'organizzatore è stato Michele Serra, noto per aver lanciato strali per decenni contro Berlusconi. Serra scrive per testate afferenti a John Elkann, che produce automobili e armi e che farà molti profitti riconvertendo le fabbriche di automobili con la manifattura di carri armati.

Sul palco si sono avvicendate persone che professavano il disarmo e altre che volevano la guerra.

Le bandiere della pace tra il pubblico si alternavano a cartelli inneggianti al riarmo.

C'erano poi varie bandiere della Romania. Bisognerebbe spiegare a costoro che l'estabilishment Europeo è legato a doppio filo con i giudici della Corte Costituzionale Romena che hanno estromesso Calin Georgescu dalle elezioni che stava vincendo, sulla base di accuse inconsistenti.

I soliti membri dello spettacolo e della cultura che fanno i tour negli eventi di sinistra hanno partecipato sul palco o con videomessaggi.

Tra i tanti citiamo la Segre che non ha condannato negli ultimi anni il genocidio Palestinese, la Littizzetto che poche ore prima si era attirata le ire dell'esercito Italiano che secondo lei fa "cagarissimo a combattere", 

Corrado Augias e Jovanotti vestito con un completo avana, maglietta proletaria, fiocchetto al collo e berretto "quasi coppola".

Ho provato molto interesse per l'intervento della ottantacinquenne Renata Colorni, figlia di Eugenio Colorni, che fu poi adottata da Altiero Spinelli (nella foto in alto).





Il Manifesto di Ventotene

Proprio sul Manifesto di Ventotene dei confinati Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi hanno insistito diversi ospiti sul palco, presentati da Claudio Bisio.

Il Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941, propugna un temporaneo passaggio dal fascismo ad un regime comunista con non bene specificate forme di partecipazione. 

Dispone una abolizione selettiva della proprietà privata. Fa anche un riferimento velato a forme di repressione durante la fase rivoluzionaria. 

Mi sembra invece di non ravvisare nei valori fondanti della Ue il Marxismo.

Semmai l'Unione Europea si rispecchia di più in alcune lobby finanziarie alla Soros e in burocrati che intendono scavalcare le sovranità nazionali.


Gualtieri dà 270 000 euro alla piazza di sinistra, Vecchioni fa il suprematista culturale.

Completa il fatto la notizia, svelata dai giornali di destra nei giorni successivi, che questo evento dai valori parziali e vicini al PD è stato finanziato dal Comune di Roma con 270 000 euro.

Il cantante Roberto Vecchioni ha delineato una sorta di suprematismo europeo sciorinando una lista di artisti che gli altri continenti non possono vantare (come se essi non abbiano nel loro presente e nel loro passato personalità importantissime in ambito letterario, umanistico e in ogni altro campo dello scibile umano).

Mi risulta che fino a poco tempo fa la sinistra fosse pacifista e terzomondista, oggi si riscopre in parte guerrafondaia e suprematista Europea, quindi discriminatoria e quasi razzista nei confronti degli altri continenti.







Bentivoglio ha letto il discorso di Pericle agli Ateniesi

L'attore Fabrizio Bentivoglio ha pensato di sponsorizzare la democrazia europea leggendo Pericle, dimenticando che Atene all'epoca era una oligarchia con 30 000 cittadini e 170 000 schiavi.

Trent'anni dopo la dipartita di Pericle Socrate morì bevendo la cicuta, dopo essere stato condannato a morte dal parlamento Ateniese per aver fatto delle domande per strada che avevano infastidito qualche potente.




La benedizione della Von Der Leyen

Nelle stesse ore in cui si teneva questo assurdo e Ioneschiano evento, Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Europea, dichiarava: "L'Europa deve preparasi alla guerra".

C'è bisogno di aggiungere altro?

domenica 16 marzo 2025

Il Pescara rimonta: ora è terzo


Foto di repertorio, Pescaracalcio.com


Dopo le ultime tre partite, giocate nel giro di una settimana, il Pescara appare rigenerato.

Due vittorie e un pareggio eroico in dieci uomini per sessanta minuti sono lo specchio di una squadra in salute, che ha ritrovato entusiasmo e sfrontatezza.

I meccanismi offensivi funzionano meglio e attaccanti a secco da tempo quali Cangiano, Bentivegna e Ferraris si sono rimessi a segnare.

Inoltre ha iniziato a calcare i campi e a segnare il sedicenne Arena, fortissimo tecnicamente e potenzialmente decisivo nei futuri play off di Giugno.

Adesso il Delfino può sorridere: per i play off, salvo imprevisti, Lonardi, Merola, Kraja e Alberti dovrebbero essere al meglio della forma fisica, mettendosi in pari coi compagni.

Mancano solo sei partite al termine della stagione regolare e a Brosco e compagni non resta altro che continuare a giocare spensieratamente e con la solita personalità.

Grazie alla sconfitta odierna della Torres il Pescara è terzo e si può essere orgogliosi dei nostri ragazzi. Il collettivo ha valori tecnici buoni ma non eccelsi. Tuttavia i biancazzurri hanno mostrato più o meno tutti un senso del sacrificio ammirevole, dimostrando dei valori morali importanti.

I play off sono un campionato a parte, si sa. Da oggi in poi sappiamo anche che in questi play off il Pescara si farà sicuramente rispettare, darà spettacolo e sarà temuto dagli avversari.

Zelensky e la sua presa di coscienza




La mancanza di buonsenso ha reso il popolo Ucraino un agnello sacrificale

Con l'ingresso in carica di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti la guerra in Ucraina ha subito una drastica sterzata e si è iniziato a parlare di pace. 

Il fatto stesso che con il cambio della leadership alla Casa Bianca gli esiti di un conflitto tra due nazioni Slave situate dall'altra parte del mondo possano cambiare, dimostra, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, che tale confronto armato non era altro che una guerra per procura;  

in tale ambito un intero paese e un intero popolo sono stati sacrificati sull'altare degli interessi Americani. 

Mi trovo altresì quasi del tutto d'accordo con Trump e con la sua visione di tale guerra, che poteva essere evitata e che è stata frutto in buona parte delle scelte sbagliate dell'amministrazione Biden.

Se l'incontro nella Sala Ovale tra il presidente Ucraino Zelensky, Trump e il suo vicepresidente Vance si fosse svolto a porte chiuse e non davanti alla stampa, avrei concordato in toto con quanto espresso in maniera cruda e diretta dai due leaders Americani. 

Trump sbaglia i modi ma ha ragione nei contenuti. Zelensky "core ingrato"




A Washington si sono confrontate tre persone dall'atteggiamento arrogante, con la differenza che due di loro se lo potevano permettere, mentre la terza, ovvero Zelensky, no. 

É vero: si doveva evitare una sceneggiata del genere di fronte al mondo intero. Riguardo al "cessate il fuoco" Trump e Zelensky avrebbero dovuto accordarsi prima;

in mancanza di una decisione comune dovevano scegliere di incentrare la conferenza stampa solo sull'accordo minerario, glissando coi giornalisti e rimandando il discorso "pace e armistizio". 

É anche vero che Trump non doveva maltrattare il Premier Ucraino in quella maniera, giacchè egli rappresenta un popolo intero già sofferente. 

Al netto di queste due premesse, però, Trump e Vance nella sostanza hanno ragione: Zelensky raramente ha detto grazie per l'aiuto ricevuto;

ha addirittura accusato l'intero occidente, quando già esso lo supportava generosamente, "di non avere il coraggio dei suoi uomini sul campo di battaglia". 


Ha attaccato il Premier Ungherese Orban per non avergli fornito le armi, quando quest'ultimo ha accolto nel suo Paese centinaia di migliaia di Ucraini.



Zelensky pensa di poter dettare le regole della pace, ma in guerra tali condizioni le detta sostanzialmente una parte sola: il vincitore. Il vincitore è la Russia. Zelensky avrebbe potuto evitare il conflitto facilmente ritirando la candidatura Ucraina per la Nato.

Aderire alla Nato avrebbe generato nuove basi alle porte della Federazione Russa, che si sarebbe sentita minacciata.

L'Ucraina avrebbe potuto in altro modo garantirsi da potenziali aggressioni Russe tramite dei semplici trattati internazionali di soccorso mutuo o unilaterale, senza la installazione di basi.

Ora dovrà riconoscere l'appartenenza alla Russia del Donbass e della Crimea almeno, dopo aver perso centinaia di migliaia di vite umane, con villaggi e città devastate. 

Zelensky e il principio di realtà

Il Presidente Ucraino sembra non rendersi conto della realtà. Crede forse veramente di aver fatto combattere i suoi ragazzi per difendere l'intero occidente. 

Dal canto loro l'ex presidente degli Stati Uniti Biden e tutti i suoi stati vassalli hanno contribuito a farglielo credere, accettando di buon grado le sue prediche, le sue critiche e applaudendolo nei parlamenti (manco fosse Garibaldi). 

Zelensky forse sta iniziando a capire, ma non ne sono troppo sicuro, che ogni aiuto non è gratis. I paesi Europei non sono anime belle. La sua Ucraina avrebbe molta più autonomia e indipendenza se avesse evitato la guerra. 

Gli affaristi occidentali sono pronti a spartirsi il Paese e faranno investimenti con le tasse pagate dai propri concittadini delle classi medie.

L'Ucraina è già svenduta: agli Americani, agli Europei e infine ai Russi, che si sono presi quanto volevano con la forza. 

Eppure quel proverbio: 

"Guardati dai nemici, ma soprattutto dagli amici" è vecchio come il mondo. 

Se questo detto nella vita comune, tra persone comuni e civili è solo in parte calzante, in ambito politico lo è del tutto.


Discorso integrale di Viktor Orban per le celebrazioni del 15 Marzo

(Se hai Google Chrome sul telefonino, in alto a destra troverai la funzione audio, che ti leggerà questo articolo)



Il 15 Marzo, in Ungheria, si celebrano i moti indipendentisti del 1848. É una festa patriottica molto sentita dal popolo Magiaro, che è orgoglioso ogni volta che può di ribadire la propria identità nazionale.


Ecco il discorso integrale di Orban pronunciato ieri a Budapest:



"L'idea della libertà Ungherese ha turbinato nei cieli del tempo e della storia per secoli. Le sue origini risalgono a mille anni fa e sicuramente continuerà a esistere per migliaia di anni ancora. L'idea della libertà Ungherese è eterna e senza tempo. Eppure, 177 anni fa, è stata legata a una singola data, le Idi di marzo, e a un singolo luogo, Pest-Buda. 

Quel giorno, la libertà Ungherese ha preso forma, ha acquisito forma ed è scesa tra noi. Il 15 marzo non è solo una normale celebrazione per noi, nemmeno meramente storica, è un momento sacro. Il 15 marzo è un giorno per ogni generazione di ungheresi. 

È segnato per sempre e inevitabile, e questo rimarrà vero finché ci sarà un solo ungherese in vita sulla Terra. Con la sicurezza perpetuamente esagerata, ma innocente della gioventù, Petofi ha dichiarato: 

"I nostri nonni e padri, in cento anni, non hanno ottenuto tanto quanto abbiamo fatto noi in ventiquattro ore". Gloria ai giovani rivoluzionari di marzo! 

Ogni anno, prima che la vita germogli di nuovo, prima che gli alberi germoglino, prima che i raccolti emergano e prima che la vita civile si agiti, proprio in quel momento, noi Ungheresi dobbiamo riunirci per un'importante assemblea. 

Ecco perché siamo qui oggi. Prima di immergerci nell'arrivo gioioso della primavera, dobbiamo ricordarci a vicenda alcune cose di cui gli ungheresi possono parlare solo con la dovuta serietà. Dobbiamo ricordarci della nostra comune missione nazionale. 

E dobbiamo ricordarci della causa fondamentale della nostra patria, che richiede il nostro sostegno e servizio. Poi, per un altro anno, fino alla prossima resa dei conti, ognuno potrà tornare ai propri affari. 

Per anni abbiamo sentito dire che siamo il passato. Lo dicevano anche nel 1848: il futuro appartiene al grande impero austriaco. Lo dicevano anche nel 1956: il futuro appartiene all'impero sovietico rosso. Lo dicono di nuovo ora: il futuro appartiene all'impero globale color arcobaleno. Ci dicevano che siamo il passato. Ma dall'altra parte dell'Atlantico, si è verificato un cambiamento e si scopre che in realtà siamo il futuro. Si scopre che il futuro non appartiene agli imperi, ma ai patrioti e alle nazioni indipendenti. 

Affermavano anche che eravamo isolati. Lo dicevano anche nel 1848, eppure tutta l'Europa risuonava della voce degli ungheresi e persino a Vienna un cittadino di Buda guidava le forze ribelli. Lo dicevano anche nel 1956, ma alla fine siamo stati noi ungheresi a buttare giù il primo mattone del Muro di Berlino, portando la libertà a tutta l'Europa. 

E lo dicono anche ora: siamo isolati, eppure oggi il mondo intero ci sta guardando. Perché metà del mondo è interessata a noi? Di certo non è per le dimensioni della nostra economia o per la potenza di fuoco del nostro esercito. 

Cosa abbiamo noi che a loro in Occidente manca, ma di cui hanno disperatamente bisogno? Szechenyi ci ha insegnato che ogni nazione ha la sua missione, la sua essenza, il suo elemento caratterizzante. Per alcune nazioni quell'elemento caratterizzante è il commercio, altre sono definite dalla conquista; alcune dalla filosofia, altre dall'arte e altre ancora dalla scienza. 

Ma cos'è che fa scorrere il sangue ungherese nelle nostre vene, che fa battere i nostri cuori, che ci definisce come ungheresi? Libertà, cari amici! L'elemento caratterizzante degli ungheresi è la libertà. Un ungherese è nel suo elemento quando combatte per la propria libertà. Siamo combattenti per la libertà. Sappiamo come conquistare la nostra libertà. Sappiamo come difendere la nostra libertà. Questa conoscenza è nostra. La coltiviamo da mille anni. È il nostro marchio di fabbrica, anzi, nel nostro DNA. Ed è esattamente ciò di cui il mondo ha bisogno oggi, più che mai. Ancora una volta, abbiamo tenuto duro contro un impero globale. Solo noi siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo. 

Questo è il nostro grande segreto: l'alchimia dell'era moderna. Ecco perché metà del mondo, da Vienna a Washington, si sta rivolgendo a noi. La nostra lotta per la libertà oggi, proprio come nel 1848, non è solo per una causa ungherese. 

La vera battaglia oggi è per l'anima del mondo occidentale. L'impero cerca di mescolare e poi sostituire gli abitanti nativi dell'Europa con masse invasive di civiltà straniere. Vuole distogliere i nostri figli e nipoti dall'ordine naturale della creazione nel caos di stili di vita innaturali. 

L'impero vuole abbandonare l'ordine cristiano della vita e della cultura e arruolarci al servizio degli dei della guerra invece che della pace. La macchina imperiale ha devastato l'intero mondo occidentale, ma noi l'abbiamo fermata ai confini dell'Ungheria. Non ci siamo arresi. 

Non abbiamo permesso che il nostro paese, il nostro parlamento o il nostro governo venissero presi. Per quindici anni non sono stati in grado di sconfiggerci e ogni arma che hanno usato contro di noi si è rivelata inefficace. Hanno fallito con ricatti, denaro, minacce, mercenari e burocrati di Bruxelles. 

Abbiamo vinto quattro elezioni di fila e per quindici anni le nostre linee difensive hanno tenuto duro. Abbiamo resistito, abbiamo tenuto duro, perché credevamo che un giorno i venti sarebbero cambiati. E i venti sono cambiati. I patrioti del mondo occidentale hanno acquisito forza. Hanno vinto in Italia, nei Paesi Bassi, in Austria e ora anche negli Stati Uniti. 

Stiamo volando in formazione congiunta. Nella battaglia per l'anima del mondo occidentale, ora stiamo vincendo. Possiamo essere orgogliosi, perché siamo stati gli araldi, gli iniziatori e gli apripista di questa lotta mondiale per la libertà. 

Gloria a ogni ungherese che non si è tirato indietro di fronte all'impero di Soros, che non si è inginocchiato davanti a Bruxelles e che non si è sottomesso nemmeno all'impero liberale americano! La bandiera ungherese sventola ancora orgogliosamente. Possiamo rispondere ai nostri figli e nipoti con orgoglio. 

Lasceremo loro qualcosa da portare avanti. Il segreto delle lotte ungheresi per la libertà, passate e presenti, è lo stesso: gli ungheresi non combattono mai solo per se stessi, ma anche per la loro nazione: un colpo inferto per loro e uno per la nazione. Noi siamo il popolo della libertà, che non può vivere senza due cose: libertà e nazione. Per queste viviamo e, se necessario, per queste moriamo, alle nostre condizioni di liberi ungheresi. 

La libertà appartiene alla nazione. Questo paese, la terra degli ungheresi, è nostro. Non bramiamo le terre degli altri, ma non rinunceremo alla nostra. Non può esserci tolta, né con la forza, né con le minacce, né con lusinghe. E non scenderemo a compromessi su questo. Né ora, né mai. Proprio come le nazioni sono eterne, anche gli imperi non cambiano mai natura. Che si tratti di una luna crescente, di un'aquila, di una stella rossa o delle stelle gialle dell'Unione, l'impero cerca sempre la sottomissione e province perpetue. Vuole sudditi e contribuenti, mai ungheresi liberi. E c'è sempre un impero che brama la libertà ungherese. In questo momento, quell'impero è Bruxelles. Bruxelles sta abusando del suo potere, proprio come fece Vienna una volta. 

Vogliono governarci nello stesso modo in cui fecero in passato i governatori della corte imperiale viennese. La soluzione non è voltare le spalle all'Unione Europea, ma piuttosto il contrario: dobbiamo andare più a fondo, non fuori. Dobbiamo prenderne il controllo e cambiarla. La storia cambierà anche a Bruxelles. Verrà il momento della resa dei conti e noi salderemo ogni conto. Spezzeremo i suoi eccessi, rivendicheremo i diritti che sono stati confiscati illegalmente alla nazione e rimanderemo indietro, a mezzo posta, quei mercenari pagati da Bruxelles.

Lasciamo che si divertano a vicenda nel Parlamento Europeo. Le madri con un figlio non pagheranno l'imposta sul reddito fino all'età di trent'anni, e le madri con due o più figli saranno esentate a vita dall'imposta sul reddito. In tutta modestia, questa è ancora una sensazione globale. 

Con questo, garantiremo il futuro delle famiglie ungheresi per i decenni a venire. Il nostro unico compito rimanente è difenderlo ancora e ancora dagli attacchi di Bruxelles, che a volte cercano di toglierci le riduzioni dei costi delle utenze, le nostre pensioni della tredicesima e i soldi destinati alle famiglie. 

Ferenc Deak una volta disse: "Possiamo rischiare tutto per la nostra patria, ma non dobbiamo mai rischiare la nostra patria per nulla". Ma a Bruxelles non leggono Deak, quindi l'Europa si è tuffata a capofitto nella guerra russo-ucraina. 

Non dobbiamo mai causare danni maggiori di quelli che cerchiamo di prevenire. Non possiamo aiutare nessuno distruggendo il nostro paese. Ecco perché non ci siamo uniti a loro; siamo rimasti dalla parte della pace. L'impero non vuole aiutare l'Ucraina, vuole colonizzarla. 

La guerra è lo strumento della colonizzazione. I governanti d'Europa hanno deciso che l'Ucraina deve continuare la guerra, a qualsiasi costo.

In cambio, riceverà un'adesione accelerata all'UE, a nostre spese. Ci può essere una sola risposta a questo: l'Unione, ma senza l'Ucraina! Il popolo ungherese non è stato consultato sulla guerra, ma non può essere ignorato quando si tratta dell'adesione dell'Ucraina all'UE. 

Nessuna decisione europea può essere presa senza l'Ungheria. Un anno fa, la domanda era: vogliamo morire per l'Ucraina? Ora, la domanda è: vogliamo crollare sotto il peso dell'adesione dell'Ucraina? Cari amici, fate sentire la vostra voce nel voto dell'opinione pubblica. 

L'euforica giornata del 15 marzo 1848 fu seguita da una legislazione sobria e saggia ad aprile. Queste leggi proteggevano la libertà conquistata il 15 marzo. Sarà esattamente così anche adesso. Dopo l'odierno raduno celebrativo, arriva la grande pulizia di Pasqua. I parassiti sono sopravvissuti all'inverno. 

Smantelleremo la macchina finanziaria che ha comprato politici, giudici, giornalisti, pseudo-ONG e attivisti politici con dollari corrotti. Sradicheremo l'intero esercito ombra. Sono i nostri traditori moderni, i lacchè di Bruxelles, che, per denaro, spingono l'agenda dell'impero a scapito della loro patria. Sono qui da troppo tempo. Sono sopravvissuti a troppo. Hanno preso soldi da troppe fonti. 

Hanno cambiato schieramento troppe volte. Nel 1848, gli uccelli imperiali ci gracchiavano sul collo; oggi, i pulcini di Weber gracchiano sopra le nostre teste. Ne abbiamo abbastanza. Il vento primaverile porterà acquazzoni, ingrossando i fiumi: lasciateli portare via... Portano la lettera scarlatta della vergogna; il loro destino è disonore e disprezzo. 

Se c'è giustizia, e c'è, allora c'è un angolo speciale all'inferno che li aspetta. Sappiamo chi siete. Non importa come cercate di travestirvi con nuovi abiti da festa europea, i vostri padroni sono gli stessi, i vostri piani sono gli stessi. Le vostre speranze sono vane: il vostro destino sarà lo stesso di quelli prima di voi. 

Vi sconfiggeremo di nuovo. Ancora e ancora. "Perché la spada brilla più delle catene". Che Dio sia sopra tutti noi, e l'Ungheria sopra ogni altra cosa! Forza, Ungheria! Forza, Ungheresi!"

domenica 2 marzo 2025

Caro Baldini, è ora di darsi una calmata



Il tecnico Pescarese ha conquistato molti tifosi con la sua simpatia naif, ma emergono sempre più i suoi difetti, inclusa una certa violenza verbale e fisica ormai inaccettabile.


Nei post precedenti ho avuto modo di tessere le lodi del tecnico del Pescara Silvio Baldini.

Ho iniziato a pentirmi di essere stato troppo univoco, giacchè le intemperanze del tecnico di Massa erano già note da molti anni.

Il valore del tecnico non si discute. Anche quest'anno i risultati si sono visti, nonostante un netto calo di rendimento del Delfino, ormai ridimensionato, lontano dal primo posto e molto improbabile perfino come possibile vincitore dei play off.

Detto questo, non è più possibile tollerare le esplosioni di rabbia di Baldini. Pescara è una piazza importante, che ha avuto un posto in serie A in passato, con una tradizione e un livello professionistico.

Il calcio non è fatto solo di risultati, ma di esempi e valori. Baldini si riempie la bocca spesso di valori morali da seguire, di cultura del lavoro e di professionalità.

Tuttavia essere professionali vuol dire anche rispettare certi limiti di decoro e di vivere civile.


Il calcione a Di Carlo, la spinta a Franchini, le tre giornate di squalifica


Baldini già aveva una fama di istintivo ed era noto per il calcio rifilato al collega Domenico Di Carlo.

Questa estate, durante il ritiro pre-campionato, ha dato uno spintone a Franchini, ripreso anche da un cellulare e ha detto a Tunjov: "Che ca..o ti guardi?"

Pochi mesi dopo, contro la Vis Pesaro, sebbene provocato, è quasi venuto alle mani con un membro dello staff avversario.

Ha rimediato tre giornate di squalifica in seguito per epiteti irrispettosi nei confronti della quaterna arbitrale durante l'incontro Pianese-Pescara.

Ha poi mantenuto un atteggiamento molto critico verso gli arbitri, dicendosi vittima delle loro decisioni, sebbene sia avvenuto anche l'opposto. Il Perugia, per esempio, ha recriminato torti subiti nella gara di andata con i biancazzurri.

Non è un atteggiamento da vincenti dare la colpa agli arbitri delle proprie sconfitte, quando la squadra ha mostrato evidenti limiti in fase offensiva.


Quando è troppo è troppo


Sabato si è raggiunto il culmine. Dopo l'ennesima gara giocata così così, in cui il tecnico e i giocatori avrebbero solo dovuto fare o autocritica o accettare silentemente i propri limiti, Baldini se l'è presa col giornalista Enrico Giancarli.

Visibilmente alterato per il pareggio, Baldini, dopo aver scambiato qualche parola con il presidente Sebastiani, alla domanda: "cosa si è detto col Presidente Sebastiani, se si può dire?" 

ha risposto: "Gli ho chiesto diecimila euro", poi "Mi hai fatto incazzare" e poi andando via "Non fare domande di merda". 

Non soddisfatto, si è recato in sala stampa di fronte agli altri giornalisti esordendo così: "Giancarli mi ha chiesto cosa ho detto al presidente. Gli ho chiesto diecimila euro. Qui siamo all'assurdo" criticando  Giancarli di fronte ai colleghi e suscitando anche qualche risata col suo linguaggio colorito.

Dopo una quindicina di minuti è tornato da Giancarli e ha risposto alle sue domande come se nulla fosse successo.

I sindacati FNSI, SGI, il direttore di Rete 8 per cui lavora Enrico Giancarli, Carmine Perantuono e l'Ordine dei Giornalisti Abruzzesi hanno condannato l'episodio.

L'allenatore Baldini, Il Direttore Sportivo Pasquale Foggia e il presidente Daniele Sebastiani hanno troppe volte dato la colpa agli arbitri, non assumendosi mai in pieno le proprie responsabilità nei momenti di amarezza.

Il campionato non è affatto fallimentare e il Pescara è tuttora quarto, ma se si aspira alla Serie B come fa Baldini e i risultati non combaciano con le aspirazioni, allora bisogna fare autocritica.

Se il secondo tempo del Pescara contro la Spal Sabato è stato modesto e i tiri in porta sono stati rarissimi in tutto l'incontro, vuol dire che Baldini ha sbagliato qualcosa insieme ai ragazzi. Punto.

Non è colpa dei giornalisti, degli arbitri, dei procuratori cattivi, dei tifosi gufi e dei maldicenti.

Baldini qualche tempo fa si è lamentato che l'Italia under 21 non lo ha mai voluto come allenatore per via del suo carattere. Si faccia qualche domanda allora. La sua ira non è rispettosa nè per i giornalisti, nè per la città che tramite lo sport lui sta rappresentando. 

L'intelligenza e l'educazione gli imporrebbero di chiedere scusa ad Enrico Giancarli pubblicamente.

Giancarli è un professionista molto preparato, sempre estremamente educato ed una rete come Rete 8, con cui chi vi scrive non ha mai avuto nessun rapporto, svolge un ruolo giornalistico sorprendentemente qualitativo per un ambito regionale.

Abbassiamo i toni per favore, se possibile in tutto il mondo del calcio.

Buona settimana a tutti.






giovedì 16 gennaio 2025

Ryanair, voli scontati a 29.99 euro...anzi no


La notizia: vari media riportano che Ryanair ha implementato i voli da e per Pescara. Per il momento sono ufficiali le tratte di Breslavia, Cagliari, Kaunas, Valencia e Milano Malpensa.


Tuttavia, Il Centro (e anche altre testate) specificano un passaggio: 

 

"Saga e Ryanair hanno deciso di fare un’ultima sorpresa prima di chiudere la conferenza stampa, annunciando che per chi prenota entro il 16 gennaio i prezzi dei voli saranno scontati: prezzo a partire dai 29,99 euro."

Purtroppo invece, ho controllato negli ultimi tre giorni i voli Pescara-Kaunas e i prezzi sono ben più alti sul sito della compagnia Irlandese: 90.99, 104,99, 120.99 e in qualche raro caso come a Settembre e Ottobre 2025 ci sono voli per 78,99 euro.  Cifre simili ci sono per i voli dallo scalo Lituano.

Ho controllato anche i voli da Pescara a Breslavia e le tariffe oscillavano tra i 70.99 euro ai 110.99.



Lo scalo di Pescara accresce il suo traffico e ciò apporta ovvi vantaggi per il territorio.

Tuttavia: perchè diffondere notizie sulle promozioni non corrispondenti ai fatti?