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giovedì 21 novembre 2024

Recensione del film: "Al Bar Dello Sport" (Regista: Francesco Massaro, 1983)

Ci sono film che vengono dimenticati in fretta mentre altri no. Ci sono attori che tramite le immagini registrate rivivranno nei secoli successivi. Ci sono autori che fanno ridere dopo quarant'anni, mentre altri finiranno nel dimenticatoio e i giovani faranno fatica a comprendere quel mondo fatto di gente ormai coi capelli bianchi.

Ebbene, Al Bar dello sport è un piccolo capolavoro del cinema comico Italiano. Sebbene parta in sordina, senza la pretesa di proporre una commedia sofisticata e priva di dettagli grossolani come quelle di Troisi o di Woody Allen, fa centro, entra nei cuori, scatena il nostro lato irrazionale, la risata piena, le lacrime agli occhi, il divertimento.

Lino Banfi e Jerry Calà si fanno capire anche da chi non afferra bene l'Italiano e segue il film coi sottotitoli o con un audio doppiato in un'altra lingua.

Questi due comici posseggono uno dei talenti che fa la differenza nella loro professione: una mimica immediata, viva, fantasiosa.

Il linguaggio non verbale è proprio uno dei punti di forza di "Al Bar nello sport", che ha avuto successo sia al botteghino, nel periodo di uscita nelle sale, che dopo, nelle repliche televisive susseguitesi negli anni e che si ripetono ancora oggi. 

Oggi, con internet, il film viene riproposto spesso e anche lì ottiene visualizzazioni e gradimento. Anche nei commenti dei social ancora adesso ci sono persone che ne tessono le lodi.

Personalmente, a distanza di decenni non mi stanco ancora di rivedere film come questo.



Come nasce "Al Bar dello Sport"

Jerry Calà, al secolo Calogero Calà, cresciuto a Verona ma originario di Catania, aveva un contratto per fare tre film con la Casa di produzione Dean.

Era obbligato a fare il terzo, anche se non ne aveva troppa voglia. La negazione totale arrivò quando gli venne imposto di lavorare con Banfi. Il regista Massaro racconta che si dette addirittura malato.

Calà temeva che il film diventasse troppo sulfureo e pieno di battutacce e forse anche non si specchiava nel talento di Andria più maturo di lui di ben tre lustri.

Gli autori gli scrissero un ruolo ad hoc. Jerry avrebbe impersonato un muto, divenuto tale in seguito a una partita a poker dove aveva perso tanti soldi. Il suo era un personaggio particolare, solare e poliedrico nonostante il suo handicap. 

Per prepararsi, Jerry imparò il linguaggio dei segni stando a contatto con persone sordomute.

Calà entrò pian piano nel progetto anche mentalmente. Fu sua l'idea di chiamare il film "Al bar dello sport" anziché "Poveri ma Ricchi", "Il bar dello sport" o "Bar Sport", visto che esisteva già un fortunato libro di Stefano Benni con quel titolo.



Il passaggio dal trash alla poesia

"Al Bar dello sport" fu la prima occasione per entrambi i protagonisti di fare un film che fosse sì comico, ma che avesse al tempo stesso una punta di realtà e di poesia.

Per comprendere meglio questo passaggio bisogna tener presente che si era ad inizio anni '80 e Banfi era ancora noto per la commedia sexy, con una comicità più spinta. Lo stesso Calà, anche dopo si profuse in prestazioni fortemente allusive, come ad esempio "Vacanze in America".

Banfi da quel momento iniziò, prima in parte e poi con maggiore frequenza, a svolgere ruoli più soft e ad essere più sé stesso: meno ossessioni femminili, spioncini delle porte e donne nude sotto la doccia e più umanità.

Il fatto che Calà nel film non parlasse fu accolto bene dalla critica di allora: "Fa il mimo ottimamente, si esprime in maniera eccellente coi gesti, non sporcando l'interpretazione con le vecchie battutacce".

Questo fu quello che si scrisse e che ancora molti ancora pensano di quella performance.

Il comico Veronese nel film è un povero diavolo, con doti però che sorprendono: è bravo con i giochi di prestigio con le carte, intuisce bene le situazioni, comprende prima dell'amico Lino la natura di certe donne; nondimeno ha intuizioni vincenti come il 2 del Catania sulla Juventus, una vittoria fuori casa fortemente improbabile.  

Quello Juventus-Catania 1-2 sarà la svolta del film.



Trama

Lino (Lino Banfi) è un povero migrante Pugliese a Torino, che condivide le sue sfortune con amici apparentemente sinceri meridionali e poveri come lui, lavorando in ruoli diversi in un mercato.

Si ritrovano al Bar dello Sport a giocare le schedine e a parlare di calcio e a bighellonare. La cassiera è Rossana (Mara Venier) giovane e bellissima. Sta con Lino, attratta dal suo fare pacioso e dalla sua ironia, anche se, purtroppo, lui non ha al momento molto altro da offrirle. 

Il proprietario del locale è il milanese Walter (Armando Russo detto "Tognella"), burbero ma simpatico.

Lino un giorno gioca la schedina e Parola, lo sguattero del Bar impersonato da Jerry Calà, gli suggerisce di giocarsi la vittoria del Catania in casa della Juve.

A sorpresa, Lino scopre di aver fatto 13 e di aver vinto più di un miliardo e trecento milioni di lire.



La vincita porterà tutt'altro che sollievo nella sua vita, tra le bassezze dei finti amici del bar, di uno strozzino a cui deve i soldi, dei familiari e tra vari colpi di scena. Il suo unico vero amico sarà Parola il muto, pur con delle contraddizioni nel loro rapporto.



Curiosità

- Per convincere Banfi e Calà a fare il film, venne detto ai due attori protagonisti che il finale sarebbe stato girato a Rio De Janeiro, ma si dovettero accontentare della più abbordabile Sanremo.

- Calà faceva numerosi scherzi a Banfi: per esempio al ristorante fingeva di allontanarsi temporaneamente, per lasciarlo solo a pagare il conto.

- Il film è del 1983. Tra i due attori c'erano (e ci sono) quindici anni di differenza. 

Banfi veniva da una durissima gavetta fatta di avanspettacolo, di debiti con strozzini, di tanti film come spalla a Franco e Ciccio fino piano piano a ritagliarsi un ruolo da protagonista. 

Non sono da trascurare due ruoli meno comici: uno grintoso e drammatico in Detenuto in attesa di giudizio (1971) al fianco di Sordi e un altro in "Basta che non si sappia in giro" (1976) con Nino Manfredi. 

In entrambi, specialmente nel primo, Banfi è un serio e autoritario direttore di carcere, poco incline agli scherzi.

Dal lato suo Calà, che veniva dal gruppo di avanspettacolo "I Gatti del Vicolo dei miracoli, si stava affermando proprio in quegli anni al cinema, con "Bomber", "Vado a vivere da solo" e "Sapore di mare"

In seguito si sarebbe cimentato anche in qualche parte più drammatica come "Colpo di fulmine", "Sottozero" e "Diario di un vizio".

- Nel 1984, ovvero l'anno successivo al film, Mara Venier e Jerry Calà convolarono a nozze. Si separarono l'anno successivo. 

In "Professione vacanze", telefilm del 1987 di grande successo trasmesso dalla Fininvest (oggi Mediaset) la Venier sarà proprio la ex moglie del protagonista Calà. 

- Nel film viene menzionata più volte Catania, la città dove è nato (ma non cresciuto) Jerry Calà.

- Il 18 giugno 2023 Banfi e Calà hanno pranzato insieme, festeggiando i 40 anni del film.


I caratteristi del film

Il film si avvale di caratteristi vari che impreziosiscono la carica comica del film.

Sergio Vastano non ha bisogno di presentazioni, con i vari popolari programmi televisivi "Drive In", "Striscia la Notizia" e vari film come "Yuppies", "Italian fast food" e "Le finte bionde". 


A differenza del suo costante accento Calabrese dei suoi personaggi, Vastano è nato e cresciuto a Roma.


Pino Ammendola è apparso in molti film come "Il commissario Logatto" (ancora con Banfi) oppure "Operazione San Gennaro" del 1966, con Totò, Manfredi e altri ancora (all'epoca aveva quindici anni"). Negli anni ha lavorato don Dino Risi, Tinto Brass e tanti altri nomi importanti. É tuttora presente in molti progetti sia al cinema che in tv.

La produzione di Al Bar dello sport era scettica su di lui, perchè lo vedevano come un attore troppo raffinato per la parte da svolgere.

Ammendola andò a casa, cambiò vestiti e tornò con una valigia. 

La aprì e iniziò a cercare di vendere orologi al regista, improvvisando di fatto una performance teatrale che convinse Massaro e la "Dean film" a imbarcarlo nel progetto. 

Dino Cassio, presente in molti film comici e membro dei Brutos, un gruppo molto importante e uno dei primi esempi di comicità demenziale dal dopoguerra in poi.



Tognella, nome d'arte di Armando Russo, originario di Legnago, era un comico molto amato e si esibiva spesso in dialetto lombardo.




Annabella Schiavone fu forse la caratterista per eccellenza degli anni '80, specialmente tra le donne della settima arte. 

Citiamo solo Sapore di Mare 1 e 2 e Vieni avanti cretino, ma prese parte a decine di film di grande successo ed è un volto molto riconoscibile per gli amanti del genere comico Italiano.

Conclusioni

Oggi la schedina non esiste più, non si fa più tredici. Il sogno di una vincita miliardaria (oggi, in euro, milionaria) che cambi la vita della donna e dell' uomo comune, è delegata ad altri giochi e lotterie varie. 

"Fare tredici" fa ancora parte del nostro vocabolario ed è una espressione che esiste solo in Italia. Vuol dire avere un colpo di fortuna, avere un vantaggio improvviso e quasi immeritato.



In questa storia di proletari immigrati, con pochi talenti, tante invidie e sgomitate, tante miserie quotidiane, quasi tutti possono riconoscersi. Quasi tutti possono cullare il sogno di cambiare in meglio la propria vita.

Quanto alla vitalità e al talento comico espresso nel film, a distanza di quarantuno anni possiamo ancora constatare che quel senso della comicità e del saper ridere dei propri guai era e restano una peculiarità Italiana.

Anche per questo all'estero siamo uno dei popoli più amati.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissima recensione