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martedì 13 maggio 2025

Palazzina Laf, un buon film incentrato su una storia vera



Immaginate di avere delle forti divergenze, motivate, con la vostra azienda. Immaginate poi che i proprietari e i dirigenti, per punirvi, vi metta insieme ad altre decine di colleghi, in un ufficio dove avete una scrivania, una sedia e niente, in assoluto, da fare. 

Nessun incarico, nessuna pratica, nessun foglio da riempire, nessun lavoro di concetto. Nulla.

È quanto è successo, nella realtà, a parecchi impiegati dell'Ilva di Taranto. La famiglia Riva, che aveva rilevato le acciaierie, negli anni '90 stabilì che servivano più operai e meno impiegati. 

Cercò di convincere dunque chi lavorava dietro a una scrivania con una qualifica ben precisa a mettersi a fare il saldatore o l'addetto al funzionamento dei macchinari.

Per punire i dissidenti, costoro vennero mandati nella cosiddetta palazzina Laf, senza incarichi effettivi. Percepire uno stipendio pieno senza fare nulla poteva sembrare attraente all'inizio, ma a lungo andare i dipendenti iniziarono a soffrire psicologicamente. 


Consideriamo pure il fatto che nel sud Italia chi lascia un lavoro a tempo indeterminato con uno stipendio dignitoso ha grandi difficoltà a trovare alternative, se vuole cambiare. 

Il film è ben gestito dal regista e protagonista Michele Riondino, che punta molto sul lato grottesco della situazione, ma al tempo stesso rende bene il senso del dramma di impiegati vittima di una strana forma di mobbing, che vogliono recuperare una dignità nel loro lavoro, non soltanto avere uno stipendio. 

È una pellicola dunque di impegno civico, sullo sfondo di una Taranto inquinata dove in tanti ancora si ammalano per le polveri presenti nell'aria. 




Bravo è Riondino, che tra l'altro è Tarantino, nel ruolo del delatore. Altrettanto grintoso e realistico è Elio Germano nella parte del dirigente cattivo. 

Un cast di comprimari valido, inoltre, sorregge il film nel suo equilibrio tra farsa e crisi. Solo nella parte finale forse si indugia troppo nell'esplorare gli stati d'animo anzichè mandare avanti la storia. Anche la fase di riscatto finale della classe lavoratrice poteva probabilmente essere sviluppata ulteriormente. 

Si tratta comunque di un buon film, che diverte e fa riflettere. 

Le vicende reali del resto già fornivano parecchio materiale per raccontare una storia non banale e per di più grottesca, stimolando facilmente la fantasia di un artista che vuole rappresentarla nel migliore dei modi.

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Argomenti: recensioni, cinema, Taranto, Ilva

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