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venerdì 8 febbraio 2013

Meno Barcellona e più gioco all'Italiana, "perchè nu seme nu"

Premetto che io apprezzo molto l'operato del presidente Sebastiani e soci, perchè vi ha messo molto impegno e ha creato una società solida e senza debiti.

Il Pescara si trova, dopo un iniziale rilancio ottenuto con il cambio del tecnico, nella stessa situazione di due mesi fa: perde, e perde di brutto, con lezioni umilianti da parte non solo delle grandi squadre, ma anche di formazioni che lottano per la salvezza come la Sampdoria (6 a 0 a Genova).

E' facile criticare ed enunciare gli errori della dirigenza col senno di poi, seduti comodamente su una poltrona.
Vi sono però dei dati oggettivi. A giugno la difesa era il reparto che più necessitava di rinforzi, a detta di tutti gli addetti i lavoro. Nonostante la vittoria del campionato di B, il Delfino l'anno scorso ha incassato 50 reti.

Col mercato di Gennaio, dopo un girone di andata disastroso, il settore arretrato si è forse addirittura indebolito. Mancano, inoltre,  a mio avviso, due bei mediani che facciano "legna" a centrocampo: due che corrano e che abbiano un po' di cattiveria agonistica. A questa squadra occorrono elementi di sostanza, pronti per un campionato come il nostro e non  tante punte e mezzepunte discontinue che hanno ancora problemi a capire il tipo di gioco che serve.

Limiti
C'è un'altra tara di fondo nel calcio Pescarese: ogni volta che andiamo in serie A abbiamo la presunzione di poter fare il bel calcio, giocando con tre attaccanti e con giocatori che presumiamo di grande talento, ma che, visto il budget che abbiamo a disposizione, dei limiti li hanno sempre. Li avevano le mezzepunte Sliskovic e Allegri negli anni '90, che avevano i piedi buoni ma andavano per locali di notte.

Li hanno i vari Weiss, Quintero e Celik. Il primo è geniale ma discontinuo, il secondo ancora non ha cattiveria e senso tattico, il terzo gioca troppo di fino e si profonde in odiosi colpi di tacco anche quando stiamo perdendo. 

Sono tre grandi talenti che si faranno strada, ma per ora serve altro.

Tattica
Il 95 % delle squadre che lottano per la salvezza hanno una sola possibilità per battersi alla pari contro le squadre più forti di loro: puntare sulla corsa, sulla forza fisica e sull'impegno, e soprattutto, su un atteggiamento tattico difensivo.

Il classico catenaccio e contropiede è più facilmente assimilabile da una squadra italiana, visto che fa parte della nostra tradizione e ci ha fatto vincere 4 mondiali (che tipo di calcio facevano Pozzo, Bearzot e Lippi?).

Pescara non è Barcellona (e meno male!)
"Perchè Nu seme nu" è uno dei motti più amati dai nostri tifosi. E quando ci furono i Giochi del Mediterraneo del 2009, Amar Addadì, il Presidente internazionale della kermesse sportiva, lo ribadì, scatenando l'entusiasmo dello Stadio Adriatico.
A Pescara De Cecco prima e Sebastiani poi hanno voluto sognare la "Cantera" e il Barcellona, e ne parlano spesso. 

Primo: non è la nostra tradizione

Secondo: se è vero che in questo momento la nazionale spagnola va forte, non è detto che il suo sia l'unico calcio vincente.

Terzo: Per fare un calcio basato sul palleggio ci vogliono giocatori molto tecnici che Il Delfino non si può certo permettere.

Manovra prevedibile
Bergodi sta infatti facendo un calcio spagnoleggiante, e visto che tale gioco è fatto di tanti passaggi in orizzontale e di avanzate lente, le difese hanno tutto il tempo di riposizionarsi e la manovra è prevedibile.

Lo ripeto dunque: Catenaccio e contropiede sono la ricetta giusta, secondo il mio parere di tifoso. Quattro difensori, quattro mastini a centrocampo e due attaccanti che tornano a prendersi i palloni e che ripartono rapidissimi in contropiede, non lasciando il tempo ai difensori avversari di ragionare.
Andrea Russo

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