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sabato 27 dicembre 2014

Indipendenza Scozzese, un fuoco di paglia

(Nella foto: Alex Salmond, Primo Ministro e leader degli indipendentisti scozzesi)

Vivendo nel Regno Unito negli ultimi mesi, ho potuto farmi una idea su come Scozzesi e Inglesi abbiano vissuto, in qualità di diretti interessati, la campagna e l'esito del referendum sull'indipendenza scozzese.

La mia impressione, già prima delle votazioni, era che gli Scozzesi non avvertissero così forte il sentimento di patriottismo nè il senso di frustrazione per una dominazione straniera che spesso si accompagna a queste occasioni.

Se da un lato Londra sfrutta i giacimenti petroliferi situati al largo delle acque della Scozia, è altrettanto vero che quest'ultima riceve centinaia di milioni di sterline in cambio.

E' inoltre vero che la Scozia, dall'epoca della deindustrializzazione voluta dalla Thatcher, non è stata più investita da un piano di investimenti per le infrastrutture.

A ciò si potrebbe controbattere che, visto l'autonomia di cui godono, avrebbero potuto pensare a questo gli stessi governi scozzesi senza aspettare i soliti interventi da Londra.

Se da un lato negli ultimi anni l'Inghilterra ha tagliato i sussidi in tutto il Regno Unito, è altrettanto vero che gli Scozzesi si sono appoggiati molto alla politica dei benefits che in Gran Bretagna è ancora forte e che in Italia possiamo solo sognare: case gratuite, assegni di disoccupazione, assegni familiari, bonus per ogni bambino nato, uffici di collocamento che funzionano et cetera et cetera.

Nick Farrell, un giornalista inglese che scrive per "Il Giornale", descrive gli Scozzesi come dei piagnoni che si aspettano continuamente l'aiuto di Londra e intanto continuano a ricevere benefits, fondi e concessioni di autonomie.

In definitiva, ai discendenti di Braveheart l'indipendenza non conviene.

Lo stesso Primo Ministro e leader del Partito della Nazione Scozzese, Alex Salmond, ha dato prova di debolezza nelle sue rivendicazioni: ha ottenuto il referendum sulla indipendenza ma ha chiesto, in caso di vittoria, di restare sotto l'egida della Corona Britannica e di mantenere la Sterlina. Sono richieste controverse che hanno danneggiato la causa dell'indipendentismo. Inoltre il Premier Britannico David Cameron si è affrettato a promettere concessioni di autonomie ulteriori in caso di vittoria del no. Ora dovrà onorarle.

C'è un altro fattore, inoltre: gli Scozzesi sono per la maggior parte storicamente di sinistra e spesso fungono da ago della bilancia quando i laburisti vincono le elezioni al parlamento di Londra.

I laburisti, come è noto, sono antinazionalisti e sono poco propensi a battersi per cause indipendentiste.

Alla fine della fiera, la lotta per l'indipendenza scozzese del 2014 ha avuto poco di eroico e altrettanto poco di coraggioso. Non c'è stato nessun Braveheart, ma piuttosto piagnistei di persone viziate da Londra che sono ritornate nei ranghi quando il referendum le ha ricondotte alla razionalità: proprio come dei ventenni cresciuti troppo nel comfort che, dopo essersi ribellati ai genitori, hanno deciso di rimanere a vivere con loro, tornando a rispettare le loro regole.
Andrea Russo

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