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giovedì 21 luglio 2022

Fine del governo Draghi, spallata al regime delle banche


A sinistra: Draghi nei primi anni '90


Finalmente, dopo un travagliato percorso, è giunto alla stazione finale il trenino della maggioranza destra-sinistra che tanto ha funestato lo Stivale.

La parola torna alle urne.

Destano ilarità e quesiti sugli abissi dell'animo umano, le vesti stracciate dei media più grandi, non dipendenti dal banchiere romano eppure così supini e vogliosi di compiacerlo.

Da adesso in poi la strada per far fronte ai problemi italiani è in salita, ci dicono. Nessuno avrà la capacità di porre risposte come questo esecutivo. Nessuno avrà tale autorevolezza in sede europea.

Ci siamo chiesti perchè la figura di Mario Draghi desti consensi all'estero?

Forse perché con lui le altre cancellerie si sentono garantite? Forse perché nessun governo ha fatto così poco gli interessi degli Italiani e così tanto quelli delle nazioni partners e degli investitori?

Forse perché era ormai tutto in svendita, comprese le nostre spiagge e le licenze balneari, strappate a chi ci aveva investito soldi e sudore?

La storia di Draghi non poteva già dare di per sè risposte a chi veramente credeva alla figura inventata di SuperMario, il prescelto che avrebbe salvato l'Italia?

Parliamo di un uomo che si è sempre posizionato dalla parte giusta della storia, ovvero quella del più forte. Una vita fatta di banche, di interessi del capitale, di gente buttata sul lastrico, come in Grecia o come in Italia, dove  i medici e i sanitari vengono interdetti dal loro lavoro in nome di un siero inefficace.

Draghi fu allievo di Federico Caffè per poi ben presto disconoscerne l'insegnamento. Il professore era un riformista scettico verso il capitalismo degli "incappucciati" ed attento alle esigenze delle masse. 

Mario Draghi fu invece il promotore dell'incontro sul Britannia nel 1992, dove si decise la spartizione degli assets pubblici italiani.

Draghi da vicepresidente della BCE firmò assieme a Trichet un documento privato in cui il loro ente, non legittimato dai processi democratici, intimava al nostro presidente del consiglio dell'epoca Berlusconi, vincitore con la sua coalizione delle precedenti elezioni e rappresentante del popolo Italiano, di accelerare le riforme per la riduzione del nostro Welfare.

Diciamo la verità fino in fondo: il prossimo governo, qualsiasi esso sia, potrà affrontare le incombenze del momento come e meglio di quello attuale. Ci vuole ben poco, vista la indifferenza verso i disoccupati e la debolezza nei confronti di Europa e Nato mostrata finora dalla classe dirigente dimissionaria.

Nel frattempo Maria Stella Gelmini e Renato Brunetta escono da Forza Italia rischiando di subentrare nell'oblio e nella irrilevanza politica. 

Alla luce di quest'ultima notizia e di quanto sopra riportato, la giornata di ieri in fin dei conti ci ha portato buone notizie.

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