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martedì 17 luglio 2012

Sindacati, è ora di voltare pagina

Se nella storia dell' Italia moderna siamo ormai lontani dalle cannonate di Bava Beccaris ai manifestanti, questo lo dobbiamo in buona parte ai sindacati. Nessuno può mettere in dubbio le conquiste che tali associazioni hanno ottenuto a favore dei lavoratori.
Negli ultimi decenni, però, i sindacati hanno sbagliato sostanzialmente su un punto.
Come infatti era loro dovere difendere gli interessi dei salariati, era anche loro dovere protestare contro gli eccessi a favore di essi.
Non hanno protestato quando lo stato infornava migliaia e migliaia di dipendenti pubblici, fino ad arrivare a 4 milioni di lavoratori retribuiti dallo stato. Non hanno mai pensato che, come poi è successo, questo spreco per le casse pubbliche si sarebbe ritorto contro le generazioni successive.

Non hanno manifestato quando lo stato disponeva che una parte dei  dipendenti pubblici potesse andare in pensione dopo solo 15 anni di servizio.

Non sono mai scesi in piazza, e non hanno mai denunciato con perseveranza coloro che si fanno timbrare il cartellino da altri e vanno in giro ad oziare.

Era legittimo far sentire la propria voce contro la Fiat, ma era necessario dire che c'era chi si assentava in occasione delle partite di calcio a Pomigliano, come è successo in un'altra azienda abruzzese un mesetto fa:
si è deciso per uno sciopero di 4 ore, e , guarda caso, in coincidenza con la semifinale degli europei Italia-Germania.

Poche volte le varie sigle nazionali si sono occupate del problema della competitività. Qualcosa è cambiato in tal senso, negli ultimi tempi, ma in maniera del tutto insufficiente.
L'atteggiamento che prevale, quando una fabbrica è in difficoltà, è quello di chiedere soldi pubblici ( denaro dei contribuenti) per risolvere la situazione.

E poi, cosa succede? Lo stato dà i soldi, gli operai continuano a lavorare per un anno, e poi, visto che l'azienda continua a non essere competitiva nel mercato, si ritorna al punto di prima.

Attenzione, perchè l'Italia va verso il modello Inglese, dove le "Trade unions" contano ormai come il due di briscola: troppa intransigenza per difendere alcuni status quo sbagliati porterà a questo. In Germania, dove i difensori dei lavoratori sono stati più saggi, nelle fabbriche si decidono i licenziamenti di comune accordo tra parti sociali e datori di lavoro.

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