Soliti teatrini, scenette con battute tra il presentatore (Carlo Conti) e le vallette (le cantanti Emma Marrone, Arisa e la modella-attrice Rocìo (si pronuncia Rossìo) Munoz Morales.
Fortunatamente, le canzoni non sono state troppo interrotte.
I brani filavano lisci uno dietro l'altro, fatta eccezione per l'ultima serata quando si è indugiato in chiacchiere un po' di più.
Ha fatto piacere a molti vedere Will Smith e gli Spandau Ballet sul palco dell'Ariston, anche se 250 000 euro per pochi minuti di apparizione io non glieli avrei dati;
I pezzi in gara, tuttavia, erano scarsi e poco originali.
La canzone vincente "Grande amore" di Il Volo, è così antica nello stile che Claudio Villa in confronto sembrerebbe un rapper.
In queste operazioni commerciali fatte dalla tv e dai produttori, i giovani più cantano cose vecchie, meglio è.
Certo, il trio "Il Volo" ha già spopolato in America e in mezzo mondo, ma anche Britney Spears vende copie a rotta di collo e nessuno parla di canzoni- capolavoro.
Sanremo insiste con la lirica (prima Bocelli, poi Piero Mazzocchetti e ora i tre ventenni).
Questo mix di pop e melodia ottocentesca dovrebbe rappresentare la nostra musica, ma nessuno qui in Italia ascolta più la lirica e i giovani mediamente suonano altro. In altri posti, come in Germania ad esempio, molte più persone ascoltano brani classici: è per questo che Sanremo e i suoi vincitori del 2015 rimangono degli ottimi prodotti da esportazione.
E adesso viene la parte peggiore: la radio si riempirà di questo ultimo gruppo di lagne-canzoni sanremesi e sarà difficile evitarle.
Io sono del modesto parere che i giovani italiani, (e ce ne accorgiamo se giriamo un po' nei locali e nei posti dove si fa musica), producano cose molto più originali, stimolanti e di spessore intellettuale.
Queste persone alternative al mainstream italiano sopravvivono e sopravviveranno allo zefiro di sbadigli annuale che verso Gennaio-Febbraio spira dalla Liguria.
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