A costo di ripetermi, mi piace notare il fatto che quando si è abituati al meglio, non si apprezza appieno la bravura dell'operato di persone che valgono.
Quando, nel grande e nel piccolo schermo italiano, il meglio è venuto meno, in molti, come me, hanno iniziato a rimpiangere artisti che un tempo erano considerati di secondo piano, e che ora, nel deserto delle idee e dei talenti, vengono promossi al ruolo che gli compete di stelle di prima grandezza.
Antonio Allocca ha interpretato decine di films, quasi sempre con un ruolo di caratterista, con parti a volte piccole, a volte abbastanza consistenti, ma mai o quasi mai da protagonista.
L'opera che gli ha dato la maggiore possibilità di esprimersi è senza dubbio: "I ragazzi della terza C", ottima serie tv comica, che resta ancora oggi una delle cose più riuscite tra produzioni per il piccolo schermo.
Molti lo ricordano proprio come il professore intento abitualmente ad affibbiare un due o un quattro ai suoi alunni peggiori, oppure nel ruolo di un mafioso impaurito più della sua vittima in "Così parlò Bellavista" di Luciano De Crescenzo.
Il suo volto è famoso agli italiani, ma in pochi sanno associare a quel volto il suo nome.
Così come sono ancora meno coloro che sanno che Antonio Allocca si è formato presso la scuola di Eduardo De Filippo, ed ha partecipato ad importanti festivals di prosa.
Ha poi proseguito con l'avanspettacolo e altre produzioni teatrali, approdando contestualmente al cinema nella metà degli anni '70.
Lo standard del suo personaggio è quello di un uomo affabile e innocuo, dall'espressione talora stralunata, talora sorpresa, ma di sicuro impatto comico. Rappresenta comunque quella parte della Napoli per bene, che da il meglio di sè proprio nell'ordinarietà del suo ruolo nella vita quotidiana.