Svaniti gli spettri di un Abruzzo nuclearizzato, permangono quelli delle radiazioni. Un cavo di trasmissione elettrica ad alto voltaggio dovrebbe infatti passare a pochi centimetri dalla superficie delle strade di Pescara e comporterebbe una esposizione per i cittadini a campi magnetici notevoli, addirittura in grado di modificare le frequenze di un dispositivo pacemaker applicato al cuore dei cardiopatici.
E' quanto sostiene Lorenzo Valloreja, presidente del comitato "Nessuno tocchi il nostro futuro"
"Il referendum del 2012 ha scongiurato la creazione di centrali nucleari, per una delle quali era probabilmente stato progettato il cavo di Tivat che dovrebbe giungere in Abruzzo attraverso l'Adriatico. La diffusione del cavo però è ancora nei progetti di Italia e Montenegro, e noi vogliamo vietarla per vari motivi. Innanzitutto vi sono molti studi che comprovano l'aumento dei casi di tumore nelle zone esposte ai campi elettromagnetici. Poi ci sarebbe bisogno di lavori che modificherebbero in negativo il territorio abruzzese. Un' altra motivazione è il fatto che il cavo non va sulla strada dell'autosufficienza energetica, ma amplifica la nostra dipendenza dall'estero. Sapete tra l'altro con che carburante funziona la centrale montenegrina a cui si collegherebbe il cavo? A carbone! Infine in questi casi gli amministratori locali sanno bene che la manutenzione, per colpa di un iter farraginoso, spetterebbe non alla Terna (la società che si occupa del progetto) ma ai comuni interessati, con un dispendio di risorse economiche notevoli".
A fianco di Valloreja, in questa battaglia, c'è Attilio Falchi, membro del Comitato Nazionale No Triv:
"La Regione Marche", afferma, " ha rifiutato di far entrare il cavo nel suo territorio, salvandosi dallo scempio che potrebbe accadere a noi abruzzesi. Il punto è: che modello di sviluppo vogliamo dare all'Abruzzo? C'è chi ha già provato a farne un centro petrolifero, con trivellazioni in mare e raffinerie da costruire vicino alla costa. Io invece ritengo che produrre energia pulita sia possibile e non è un caso che la Germania si sia fissato l'obiettivo di produrre energia pulita per il 60% del suo fabbisogno".
Valloreja e Falchi lanciano dunque un ulteriore appello alle istituzioni locali e nazionali, oltre a quelli già inoltrati, affinchè si apra una discussione seria in merito.
Nessun commento:
Posta un commento