Nelle foto: Matteo Renzi e Jean Claude Juncker
Abbiamo assistito negli ultimi giorni ai "botta e risposta" tra Matteo Renzi e il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker sulla flessibilità dei conti, ovvero su un aumento delle risorse da spendere a deficit che il Presidente del Consiglio vorrebbe usare per investimenti sulla crescita.
Juncker ha replicato piuttosto duramente, dicendo che la flessibilità in Europa l'ha introdotta lui e non il Premier italiano. In ciò si contraddice, perchè in un discorso elogiò il semestre europeo a guida Italiana proprio per aver messo in primo piano il tema della flessibilità.
Le cose stanno così: L'Unione Europea, per volere della Germania (e come previsto 30 e oltre anni fa da politici importanti come Margaret Thatcher e Bettino Craxi) sta imponendo dei tagli draconiani alla spesa pubblica degli stati europei, facendo sprofondare il vecchio continente in una forte crisi economica ormai cronicizzata.
C'è chi esce dalla crisi e chi no
Ci sono concetti semplici da capire: se uno stato spende, mette in circolo risorse per l'economia reale. Se fa il contrario ed opera tagli alla sanità, alla scuola e al welfare, oppure impone tasse, il benessere della popolazione scende.
Ci sono concetti semplici da capire: se uno stato spende, mette in circolo risorse per l'economia reale. Se fa il contrario ed opera tagli alla sanità, alla scuola e al welfare, oppure impone tasse, il benessere della popolazione scende.
Dopo la crisi del 2008, gli Stati Uniti hanno stampato miliardi e miliardi di dollari, con il famoso acquisto di titoli di stato da parte della banca centrale. Questi soldi sono andati in parte a ricapitalizzare le banche, in parte a produrre investimenti pubblici (infrastrutture, spesa pubblica, sussidi, stipendi statali etc)
E' in sostanza ciò che fece Franklin Delano Roosvelt con il New Deal dopo la crisi del 1929. L'economia americana tornò a livelli di pil e a livelli di occupazione pari al periodo pre-crisi, perchè lo stato diede lavoro a milioni di persone finanziando opere pubbliche.
Quando c'è una crisi, insomma, uno stato, tramite la banca centrale, dà al popolo più denaro in vari modi, per far riprendere l'economia.
L'Europa illuminatamente diretta da Angela Merkel, dopo la crisi del 2008, ha fatto il contrario: ha imposto più tasse e tagli al welfare, togliendo risorse alle genti d'Europa anzichè darle.
Le bugie sul debito pubblico
E' una sciocchezza il pericolo "debito pubblico" tanto sventolato dagli estabilishment europei: non è stato mai un problema.
Gli Stati Uniti hanno un rapporto debito pubblico/pil enorme mentre quello del Giappone è ormai giunto al 250% e lo stesso fondo monetario internazionale, composto non proprio da buoni Samaritani, dice che è tutto ok.
Usa e Giappone hanno però la propria moneta e gestiscono in autonomia le proprie politiche economiche, gli stati sottoposti all'euro no.
Le bugie sul debito pubblico
E' una sciocchezza il pericolo "debito pubblico" tanto sventolato dagli estabilishment europei: non è stato mai un problema.
Gli Stati Uniti hanno un rapporto debito pubblico/pil enorme mentre quello del Giappone è ormai giunto al 250% e lo stesso fondo monetario internazionale, composto non proprio da buoni Samaritani, dice che è tutto ok.
Usa e Giappone hanno però la propria moneta e gestiscono in autonomia le proprie politiche economiche, gli stati sottoposti all'euro no.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e questo non può essere eccepito: l'Europa è sprofondata in una forte recessione economica (dove più dove meno) ma nella sostanza intere economie nazionali sono andate a picco.
Cosa vuole Renzi dall'Ue?
Matteo Renzi, se volesse risolvere il vero problema della crisi italiana dovrebbe stracciare gli accordi di austerità con l'Unione Europea, instaurare una Banca Centrale nuovamente legata ad interessi prettamente nazionali e fare in modo che questo istituto crei moneta per finanziare la ripresa.
Non è avvenuto niente di tutto questo. Prima di diventare Segretario del Partito Democratico e poi Presidente del Consiglio, l'allora sindaco di Firenze è andato servilmente a fare visita ad Angela Merkel.
Fu un atto di deferenza e forse la ricerca di una investitura che mise subito le carte in tavola.
Da allora si comprese che il nuovo leader non avrebbe esercitato quel cambiamento di rotta, coraggioso e sferzante, di cui la nostra amata Italia aveva bisogno nei rapporti con i partners europei.
Fu un atto di deferenza e forse la ricerca di una investitura che mise subito le carte in tavola.
Da allora si comprese che il nuovo leader non avrebbe esercitato quel cambiamento di rotta, coraggioso e sferzante, di cui la nostra amata Italia aveva bisogno nei rapporti con i partners europei.
Ora Renzi chiede una piccola deroga dalla stabilità dei conti: briciole, dallo 0,4 allo 0,8% in più del nostro Pil per dare un po' di ossigeno al paese.
Sta cercando di limitare in piccolissima parte una politica totalmente sbagliata, ottenendo delle risposte negative e molto arroganti.
La soluzione sarebbe invece uno strappo netto a tutto ciò che c'è stato di recente.
Gli Stati Uniti hanno generato la crisi internazionale e sono stati i primi ad uscirne, perchè anche se fanno errori, poi sanno cosa fare.
L'Europa ha voluto l'austerity e il risultato è sotto gli occhi di tutti.
In realtà è dagli anni '90 che l'Europa impone politiche di austerity (che in Italia si sono tramutate in tasse e governi tecnici capitanati dai vari Amato, Dini, Ciampi, Maccanico, Monti e Letta), dicendo che queste misure ci serviranno per stare meglio. Stiamo ancora aspettando.
La politica economica europea ci ha immersi nel fango fino al collo. Ora Renzi sta litigando per togliere un cucchiaino di quel fango.
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