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venerdì 27 settembre 2013

Alcune proposte per modernizzare l'Italia



Già in passato ho cercato di spiegare come in Italia le cose molto semplici diventano complicate. Oggi vorrei avanzare alcune proposte su come migliorare la vita nel nostro paese. Il Belpaese, a mio modesto avviso, ha bisogno di semplificazione, sia nel modo di pensare della sua popolazione, sia nella maniera in cui si fanno le cose.

Per quanto riguarda il lavoro e la pubblica amministrazione, ad esempio, si potrebbe:

1 velocizzare tutte le pratiche compilando dei fogli online, senza perdere ore in code presso gli uffici, e senza sottostare agli orari di sportello. Non avrebbe più senso pagare, tra l'altro, i bolli, che sono tasse mascherate che ci propinano ogni volta che chiediamo qualcosa allo stato.

2 Stabilire, come in Gran Bretagna, un minimum wage, ovvero un salario minimo garantito, che risolverebbe tra l'altro la competizione tra manodopera italiana e straniera. Oggi, infatti, tanti datori di lavoro senza scrupoli preferiscono far lavorare gli stranieri perchè possono dargli stipendi da fame. In G.B. il minimum wage è di 5 sterline e 82 centesimi all'ora, e di fatto stabilisce una equità di trattamento salariale e di opportunità di guadagno per tutti.

3 Flessibilizzare il lavoro in entrata e in uscita. Questo è un capitolo che non deve spaventare. Il modello da inseguire, infatti, è quello che vige in paesi come l'Australia. C'è facilità di assunzione e di licenziamento, lì, ed è normale cambiare il lavoro ogni 3-5 anni.

Quando lasciano un impiego, però, gli Australiani ne trovano facilmente un altro in genere in non più di un mese o due. 

La mentalità del posto fisso a vita ha distrutto la competitività e ci ha ridotti per certi versi ad essere simili alla vecchia Unione Sovietica. Tante persone, pensando che nessuno avrebbe tolto loro il posto statale, sono diventate pigre e improduttive. 

Ricordo il caso di un dipendente pubblico napoletano. Fu licenziato più volte dalla pubblica amministrazione, perchè non faceva niente e si assentava spesso, ma fu sempre ri-assunto facendo ricorso al tribunale. I giudici nelle loro motivazioni scrissero: "licenziarlo è una punizione eccessiva". 

Se si ragiona così, poi non lamentiamoci del fatto che le cose vanno male.

4 Le cause relative al licenziamento dovrebbero essere tolte dalla giurisdizione della magistratura, e il datore di lavoro dovrebbe essere sempre libero di licenziare, tranne nei casi in cui vi sia discriminazione. 

Per accertare se questa si avvenuta, basterebbe inviare un ispettore del lavoro, che sarebbe tenuto a indagare e a dare un responso in tempi brevi.

Il lavoratore avrebbe diritto a un risarcimento, ma non al reintegro, pari a un numero tot di mensilità stabilite per legge, in caso di condotta non conforme alla norma del datore di lavoro.

Per quanto riguarda il regime fiscale, le mie proposte sono:

1 Fare una sanatoria per coloro che dichiarino spontaneamente di aver evaso il fisco: pagherebbero solo l'importo evaso nell'ultimo anno e tornerebbero in regola. In questo modo si risparmierebbe un lavoro faticoso e impervio da parte di chi fa le ispezioni.
Dopo la scadenza del condono però, il gioco si farebbe duro. I furbi infatti, dovrebbero pagare multe salate, oltre ovviamente alla cifra evasa. Non interessa in questa sede stabilire se gli evasori debbano andare in carcere o meno. L'importante è che lo stato recuperi i danari.

2 Riformare le agenzie delle entrate e mandare più impiegati a fare i controlli fiscali.

3 Regolamentare la prostituzione che sarebbe confinata in delle specie di residences o night clubs;

i loro gestori dovrebbero sottostare a regole e controlli, oltre a pagare le tasse.
Chi si prostituisse al di fuori di essi o per strada, sarebbe multata\o per migliaia di euro per esercizio abusivo della professione.
Si assesterebbe così un duro colpo alla criminalità organizzata che sfrutta migliaia di donne, si ridurrebbero i casi di omicidio che le vedono purtroppo vittime e si garantirebbero controlli sanitari accurati e periodici.

La regolamentazione del mercato del piacere porterebbe, secondo recenti stime, attorno ai 50 miliardi di euro l'anno nelle casse dell'erario.

E' la stessa somma che dobbiamo pagare con le nostre tasse per ripianare il debito pubblico, annualmente.

4 Introdurre un tribunale autonomo per i reati fiscali: il costo dei nuovi giudici e del personale d'ufficio, che comunque produrrebbe migliaia di occupati, sarebbe ampiamente ricompensato. Sentenze più veloci, infatti, significano più soldi recuperati e in tempi più brevi.

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