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lunedì 28 luglio 2008

Riflessioni- Un critico d'arte non è un maestro

Successe un paio d'anni fa in " Music Farm", un programma televisivo della Rai. Il cantautore Baccini, piccato dai voti bassi che alcuni critici, alzando delle palette numerate, avevano assegnato ad una sua performance, si lasciò andare ad un duro sfogo verso la loro categoria.
Sebbene il suo discorso fosse motivato dalla rabbia del momento, esso aveva qualche fondamento.
Un critico d'arte, che sia musicale o di quadri e sculture, vive in uno status particolare.
Si trova infatti a commentare lavori altrui, avendo come bagaglio una conoscenza generale e teorica dell'arte, ma non pratica.
Chi è laureato in storia dell'arte, ad esempio, può conoscere i significati, i richiami, la storia di una tecnica scultorea o pittorica, fare citazioni colte, prendere a modello, in maniera calzante, grandi artisti del passato. Tutto ciò lo fa meglio, molte volte, di un pittore stesso.
Quello che non sa fare, però, è prendere in mano un pennello e dipingere.
Non conosce le tecniche pittoriche, o quanto meno, non sa trasporle nella pratica e qui, lo spartiacque con il pittore diventa importante.

La domanda è: può una persona che non ha mai preso un pennello in mano essere accreditato nel criticare o elogiare un quadro?
Ovviamente c'è anche chi è stato pittore o scultore e poi si ricicla come critico, e ciò porta ad un altro discorso.
E' un po' come per i commentatori sportivi: ce ne sono alcuni che hanno un bagaglio puramente teorico ed altri che sono ex calciatori o allenatori.
Questi ultimi, a mio avviso, parlano più a buon diritto.
E' in virtù di queste premesse che secondo me, il ruolo del critico non deve essere quello di giudicare un'opera con una alzata di palette, anche perchè nel giudizio entra in gioco il gusto personale, su cui, dice il famoso proverbio, "non disputandum est".
La critica dovrebbe limitarsi a far comprendere ai propri lettori i significati di un' opera, la sua storia, le motivazioni e la personalità del suo autore. Non è poco.

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