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martedì 1 luglio 2014

Per fare un Tony Blair, ci vuole prima una Thatcher





Storia di una Gran Bretagna riformata e di un'Italia ancora ferma

Matteo Renzi è stato accostato da alcuni addetti ai lavori a Tony Blair, il quale, relativamente giovane (43 anni) si sedette sulla poltrona di Primo ministro britannico, rimanendovi per più mandati dal 1997 al 2007. Rincresce sottolineare come il livello dei commentarori politici, anche presso testate di caratura nazionale, sia divenuto piuttosto modesto. 

Si dimentica che Tony Blair ha prodotto una politica sulla falsa riga di quella di Margaret Thatcher: il perseguimento di un modello di Regno Unito che punta sulla finanza e sui servizi, con una moneta forte, bassa inflazione e un grado di tassazione basso. 

L'ammontare delle tasse medie che gravano sul singolo cittadino italiano assomigliano molto di più all'Inghilterra di Harold Wilson e di James Callaghan. Si arrivò ad una tassazione massima di 85% del reddito. 

Sotto l'egida del laburista James Callaghan si verificò quello che fu definito "l'inverno dello scontento". Nella Gran Bretagna dell'epoca i sindacati la facevano da padrone, creando scioperi selvaggi che danneggiavano tutti, con esiti drammatici. 

Inoltre l'inflazione era alta, e per pareggiare la perdita di potere di acquisto dei salari bisognava aumentare gli stipendi. Questo generava però altra inflazione. Callaghan cercò di alzare meno i salari rispetto all'inflazione, in modo da bloccare la spirale. Nacquero scioperi incontrollati, senza una regola di civiltà e di buonsenso. 

Risultato: ci fu un periodo in cui le ambulanze non rispondevano alle chiamate, i cimiteri lasciavano i cadaveri non seppelliti e per le strade di Londra l'immondizia non veniva raccolta. 

Si creò una grave situazione di caos e di incertezza e si tornò alle urne.

Nel 1979 dunque subentrò al potere, in un'elezione anticipata, la conservatrice Margaret Thatcher. Tra i primi provvedimenti che ella prese ci furono l'abbassamento delle imposte dirette e l'aumento di quelle indirette: venivano così scoraggiati i consumi interni (con relativo abbassamento dell'inflazione) e favorite le esportazioni. 

La bilancia commerciale implementò il suo attivo e quando in un paese le esportazioni  superano le importazioni, la sua moneta si rafforza. 

Inoltre venne alzato il tasso d'interesse del denaro da parte della Banca centrale. Quest'ultimo provvedimento fu determinante per il contenimento dell'inflazione. 

La Thatcher continuò poi nella sua politica di costruzione di una moneta forte a cui si associassero bassa tassazione e moderato aumento dei prezzi. Per farlo liquidò le aziende di stato improduttive, privatizzandole: la macchina pubblica divenne più snella, più efficiente e meno sprecona.

Tagliò di molto la spesa pubblica, abbassando il livello generale di imposte. 

Fece inoltre di Londra quello che è oggi, ovvero il cuore della finanza europea e uno dei maggiori poli finanziari del mondo, capace di attrarre risorse e investimenti. 

Altri aspetti della politica Thatcheriana

Il governo della Lady di Ferro (così soprannominata dai russi) si segnalò per una linea della fermezza contro le strategie militari sovietiche. Fu durissima contro i terroristi dell'Ira. Favorì l'acquisto delle case popolari da parte degli assegnatari. 

Inoltre Margaret Thatcher si oppose fermamente all'ingresso della Gran Bretagna nella moneta unica, e questo le costò una rivolta del suo stesso partito, che la sfiduciò dopo tre mandati elettorali.

La Thatcher sulla moneta unica

Ecco cosa predisse la Thatcher sulla moneta unica, poi denominata euro. La storia le ha dato ampiamente ragione: 

"La Banca Centrale Europea non sarà solidale con i paesi più deboli del mediterraneo; la Germania, affetta dalla sua paura dell'inflazione derivante dalla Repubblica di Weimar, si opporrà alla creazione di nuova moneta, imponendo una valuta troppo forte agli altri stati; inoltre essa dominerà l'Europa, visto che, dopo la riunificazione, avrà un peso maggiore di tutti gli altri paesi membri"

Tony Blair: un semplice manutentore dello status quo

Tony Blair, dopo la rivoluzione in senso liberale da parte della Lady di ferro, si limitò a perseguire la politica della Gran Bretagna in cui prosperano tuttora compagnie di assicurazioni e banche. L'unica correzione significativa della precedente politica fu la reintroduzione del minimum wage, ovvero il salario minimo.

La Thatcher, influenzata dalle teorie di Milton Friedman, credeva nella libera contrattazione tra datore di lavoro e sottoposto. Depotenziò dunque i Wage Councils, organi che regolavano e sorvegliavano la retribuzione salariale e a cui industrie e dipendenti dovevano fare riferimento in materia di accordi di lavoro.

Il suo successore e collega di partito John Major non alterò tale stato di cose.

Tony Blair invece pensò bene di reintrodurre il salario minimo, con una retribuzione oraria di 3,60 sterline, adeguata nel corso degli anni a seconda del costo della vita e giunta oggi a 6,30 sterline orarie.

Fu un gesto di civiltà che frenò la corsa al ribasso delle retribuzioni, visto anche che aumentavano gli immigrati disposti a fare i lavori più umili per salari da fame.

Il compito arduo di Renzi

Matteo Renzi non ha preso le redini di un paese in grande salute economica e con un basso livello di disoccupazione come toccò a Blair.

I disoccupati sono saliti al 12,6% del totale, il paese è fermo e non ha certo una attrattività per le aziende straniere, sia per le alte tasse che per la burocrazia farraginosa. Non ha inoltre un polo finanziario come la city di Londra e ha perso la sovranità monetaria in nome di una moneta unica europea che sì ha contribuito a frenare l'aumento del debito pubblico, ma ha portato l'Italia in recessione e l'ha resa schiava dei poteri bancari e dei voleri di Berlino.
Diverso era invece il grado d'indipenenza della Gran Bretagna di Blair che aveva la propria sterlina e la facoltà di decidere le proprie politiche monetarie.

Conclusione

Non paragoniamo più Renzi a Blair: quand'anche essi abbiano delle qualità personali in comune, si tratta di due leaders chiamati ad operare in contesti e periodi storici diversi e che devono per forza di cose procedere in maniera differente.
Andrea Russo 










1 commento:

Anonimo ha detto...

In UK dopo la Lady di Ferro vi e' un notevole divario tra le classi sociali, reso evidente dalla rivolta del'agosto del 2011 con gravi episodi, per questo motivo la Margaret è ampiamente odiata come amata, dipende tutto dall'angolazione con cui si guarda.
Trovo invece il suo racconto di Norwich molto carino oltre che un bel filone d'indagine.
Ciao
Franco