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sabato 28 giugno 2008

Qui si uccide la fantasia


E' già arrivato Lippi sulla panchina della nazionale, e subito c'è l'impressione che si stia già mettendo all'opera con grande rapidità.
I giornali diffondono le prime informazioni su ciò che ha in mente il tecnico: probabilmente ci sarà l'addio di Del Piero e di Panucci alla nazionale, con un Materazzi in bilico.
In alternativa alle prime scelte, vi saranno molti giovani, come l'italo-brasiliano Santacroce, Aquilani (già visto all'opera agli europei), Montolivo e forse, insieme ad altri della linea verde, Giuseppe Rossi. Potrebbe essere naturalizzato Amauri, mentre Di Natale, pupillo di Donadoni, dovrebbe andare via.
I giocatori di fantasia non avranno molte chances con Lippi: oltre a Del Piero e Di Natale, infatti, sembra in bilico anche Cassano, per i noti motivi caratteriali.
Una riflessione, già vecchia, ma che si ripropone oggi ancora più di prima, è questa: i giocatori d'estro, quelli che non si limitano a correre e ad applicare gli schemi, ma hanno quel minimo di iniziativa per sovvertirli, non sono graditi agli allenatori italiani, forse smaniosi di controllare ogni aspetto del gioco.
La fantasia nel calcio italiano è ufficialmente morta.
I killer sono già noti, ma non verranno consegnati alla giustizia: i tecnici, in primo luogo, le società di calcio, i preparatori atletici sono i veri artefici di questo capolavoro.
Ovviamente una minoranza di segno opposto c'è nel settore, ma è questo il calcio che prevale al giorno d'oggi, in Italia più che altrove.
I fatti hanno dato ragione a Lippi: ha vinto i mondiali, senza fuochi d'artificio, con portatori d'acqua umili e spartani, con un gioco non sempre convincente, con uno spettacolo che spesso si assentava per far posto alla noia.
Non è una storia nuova, è vero: già a 29 anni Roberto Baggio veniva sbolognato da una squadra e l'altra; a furia di s-bologna-menti giungeva proprio a Bologna, e infine terminava il suo cammino a Brescia, baciato da una santità calcistica che gli permetteva di essere dovunque in campo, senza correre troppo, senza sbagliare un passaggio.
Del Piero ha dovuto modificarsi geneticamente a suon di pillolotti, di rigonfiamenti di muscoli, di preparazioni atletiche massacranti. I pillolotti Juventini, se non sono stati classificati dalla giustizia come doping, sono risultati, dagli atti, medicinali che poco avevano a che fare con la pratica sportiva: per reggere lo sforzo disumano, i giocatori della vecchia signora di cui anche Lippi ha fatto parte prendevano antidepressivi, integratori potenti endovena, e altri aiuti un po' strani.
E' un dato di fatto che la fantasia nel gioco che dimostrava Del Piero a 20 anni sia scomparsa da tempo, per far posto ad un gioco rispettabile, basato sul sacrificio, ma che ne ha distrutto la creatività.
La fantasia mortificata dal calcio italiano ha visto anche Zola andare all'estero, Miccoli, reo di essersi messo contro Luciano Moggi, dover espatriare in Portogallo per un certo periodo, Di Natale attualmente non valorizzato come merita, Cassano , complice anche il suo comportamento, messo da parte più di una volta.
Totti, non me ne voglia nessuno, non è il classico fantasista. E' un dispensatore geniale di palloni dallo stile essenziale, è un grande bomber, un giocatore di temperamento.
Non è però la classica mezzapunta genio e sregolatezza, non fa serpentine, non da giocate che appagano l'occhio come altri giocatori più tecnici di lui, ma a volte più incompleti sotto altri aspetti, e perciò, meno baciati dalla gloria.
Il fantasista che sopravvive si adatta a correre e basta, da qualche assist, raramente tira in porta. Nel calcio della fatica, non può fare altrimenti, non c'è spazio per la giocata di genio, perchè a metà partita è già stanco, e per certi numeri bisogna essere freschi e sfrontati.
Ci sarebbe bisogno di fare tornare la vecchia mezzapunta pigra; si aggirava negli anni 80 per il campo a volte come un corpo estraneo, uno spettatore un po' più vicino degli altri; al momento giusto, però, bastavano uno o due lampi dei suoi a cambiare volto a una partita.
che ci pensino gli uomini di fatica a correre per due, a recuperare i palloni, a tornare in difesa;
davanti, assieme a una punta, ci vuole un fantasista che resti lì, che non arretri troppo, e anche dietro, a centrocampo, c'è bisogno di un altro come lui, che dispensi palloni in avanti e che dribbli e sbeffeggi due o tre avversari.
E' un gesto tecnico che fa sognare.
Lippi fa un calcio vincente? Può darsi, ma non è l'unico modello: Il Brasile, finora, ha vinto 5 mondiali e ci sarà un perchè.

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