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giovedì 29 gennaio 2015

Alexis Tsipras, il leader anti-troika: bluff o realtà?

Cosa succederà se la Grecia esce dall'euro? Chi è Tsipras e cosa ha in mente? Cosa cambierà negli altri paesi Ue?

Un voto di rottura

(A sinistra: AlexisTsipras)

La Grecia, forse, è ad un punto di svolta: Alexis Tsipras, 41 anni, leader di Syriza, partito di estrema sinistra, è diventato presidente dello stato ellenico e per pochi voti non ha conquistato la maggioranza assoluta in parlamento.


I centristi di To Potami (Il fiume) gli hanno già offerto l'appoggio esterno per votare le sue riforme.

Si tratta di una vittoria significativa, perchè dopo diversi ritorni alle urne, negli ultimi anni, si è affermato un partito più decisamente antieuropeista che potrebbe rompere il legame con le imposizioni della "troika" (Banca Centrale Europea, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale).

Dire però che si tratti di una vittoria della sinistra è una verità solo parziale.

Syriza (acronimo di Siunapismòs Rizospastikès Aristeràs, Coalizione della Sinistra Radicale), è uno dei partiti rappresentanti la sinistra greca, tra cui figurano i Socialisti del Pasok e i comunisti del KKE di cui Tsipras fece parte fino al 1999.

L'elettorato greco, esasperato dalla crisi economica, dai tagli ai posti di lavoro e dalle varie misure di austerità imposte dalla "troika", è stato chiamato alle urne a Maggio e a Giugno del 2012 e poi ancora domenica scorsa: tre votazioni in tre anni in cui gli oppositori dell'Unione Europea hanno faticato a trovare un leader unico che raccogliesse le loro istanze, fino a trovarlo, almeno parzialmente, in Alexis Tsipras.

Euroscettici, ad esempio, sono i neonazisti di Alba Dorata, coinvolti in episodi di violenza e in storie di omicidi e vendette con esponenti dell'estrema sinistra. Hanno diversi leaders in prigione e per il loro estremismo non sono riusciti ad ottenere maggioranze importanti nè si prestano a formare alleanze credibili.

Euroscettici sono i Greci indipendenti di ANEL, i centristi di To Potami e gli ultraconservatori del Raggruppamento Popolare Ortodosso.

Si è giunti dunque alla convergenza su Alexis Tsipras e su Syriza dopo una strada tortuosa. Questi ultimi sono stati votati da persone di varie estrazioni, nella speranza di cambiare in meglio la situazione.

Il merito del maggior partito della più antica democrazia del mondo è stato quello di essere stato presente sul territorio, partecipando alle assemblee di quartiere, creando "farmacie, ambulatori e cucine sociali".

Ci sono momenti nella storia di un paese in cui il sentimento contro il sistema di poteri costituiti e le persone che li rappresentano diventa così forte che anche chi prediligeva il quieto vivere e la continuità col passato sceglie strade più estreme e dei rappresentanti più eterodossi. 

Tsipras e gli esponenti del suo partito erano i più credibili per incarnare questo identikit: più decisi  contro l'Ue di Pasok e di Nea Demokratia, meno distruttivi di Alba Dorata.


Il fatto stesso di non avere media ufficiali come tv e giornali al loro fianco è diventato paradossalmente un pregio agli occhi degli elettori, perchè contribuisce a dare di loro una immagine di persone fuori dal vecchio establishment.

Il quantitative easing: un tentativo di Draghi e Merkel di tamponare le perdite

C'è chi ha detto che il quantitative easing, ovvero la creazione  di grandi quantità di valuta per acquistare titoli di stato, sia stata la dimostrazione dell'indipendenza della Banca Centrale Europea dai poteri governativi.

Forse è il caso di andare cauti con certe affermazioni.

La Bce, che "guarda caso" ha sede a Francoforte, ha come presidente Mario Draghi, uomo delle banche e di Goldman Sachs.

Ben sappiamo quanto le banche influenzino i governi europei.

Inoltre il quantitative easing è stato deciso insieme alla Merkel in vista dell'imminente vittoria (poi verificatasi) di Tsipras.

E' stata una azione tardiva, che gli Stati Uniti hanno compiuto cinque anni fa e che ha contribuito alla loro uscita dalla crisi.

La creazione di nuova moneta è una implicita ammissione del fallimento delle politiche di austerity; prima si doveva combattere a  tutti i costi l'inflazione, considerato un grande male, ora bisogna crearla, mettendo liquidità in circolazione.

Bisogna allora specificare che l'inflazione, quando non è a due cifre, è segno di una economia in salute, mentre la deflazione, al contrario, è la spia di una recessione. (L'iperinflazione, invece, è un altro concetto e si verifica in situazioni estreme e differenti). Per abbassare l'inflazione si tolgono soldi alla gente, per aumentarla si danno.

L'austerità era un fallimento già prima di cominciare, ed ora assistiamo solo a nuove fasi di una disfatta già annunciata.

Inoltre questo quantitative easing dimostra la volontà della signora Merkel di non voler costruire una Europa veramente unita: di comune accordo con Draghi, la Cancelliera e i vertici europei hanno deciso che l'80% dei titoli di stato sarà comprato dalle singole banche centrali che compongono la Bce e solo il 20% dalla Bce stessa.

Insomma, le banche centrali comprano il debito dei propri stati così, se l'euro salta, il debito non si mette in comune.


E questo sarebbe lo spirito di solidarietà europeo?


Quando si unifica uno stato, una delle prime cose che si fanno è cumulare i debiti degli stati che lo componevano.


Così fece l'Italia nel 1861 e altrettanto hanno fatto le due Germanie all'indomani del crollo del muro di Berlino.


Tsipras vuole ripudiare parte del debito.


La Grecia deve rendere agli stati Europei 322 miliardi di euro:

80 alla Germania, 60 alla Francia, 40 all'Italia, 27 alla Spagna, 12 all'Olanda e il resto ad altri ancora.Il 62% di essi è detenuto dagli stati nazionali, il resto dalle banche.


E' solo un bluff o seguiranno i fatti? 

Tsipras ha fatto promesse ambiziosissime, oltre a quelle sulla rinegoziazione dei rapporti con l'Europa: vediamo quante ne manterrà.


- via le tasse sulla casa

- lotta agli evasori


- elettricità gratis e buoni pasto ai più poveri


- trasporti gratuiti ai disoccupati cronici


- taglio del debito pubblico


- impulso all'economia etica


- spazio ai giovani

- 5 miliardi dai fondi europei alle pmi nell'arco di due anni


- salario medio innalzato dai 450 ai 751 euro


- No ai licenziamenti facili e di massa


- Ripristino della tredicesima


- Sanità gratis ai disoccupati senza mutua


- Riforma del sistema politico



Ecco cosa succede se la Grecia esce dall'Euro


Se vuole realizzare le sue riforme, Tsipras deve per forza di cose uscire dall'euro, altrimenti non avrà nè i soldi, nè l'autonomia necessaria.


Se la Grecia uscisse dall'euro, la nuova dracma, partendo ad un valore di 1 a 1, si svaluterebbe del 50% almeno.


Il punto è che la Grecia importa quasi tutto, quindi i prezzi di molti beni aumenterebbero di molto.


Lo stato allora dovrebbe assumere molte persone, trovare il modo di aiutare e di finanziare i più poveri.


Vi sarebbe dunque, per qualche anno, una delicata fase di transizione.


Nel frattempo il governo dovrebbe mantenere basse le tasse sulle imprese ed attrarre capitali dall'estero, cosa che avverrà quasi sicuramente: la dracma svalutata permetterà agli investitori di avvantaggiarsi dei salari bassi, e la Grecia diventerebbe un paese industriale.


Questo è uno scenario possibile e ottimistico, ma ve ne potrebbero essere altri.


Se però la Grecia esce dall'Euro e non riforma le sue istituzioni e la sua economia, di certo le cose si metteranno male.


Quel ditino puntato dalla Germania


La Germania continua ad ammonire che i patti vanno rispettati e che la Grecia ha falsificato i conti per entrare nell'euro.

Anche i tedeschi hanno truccato le carte: non mettono nel calcolo del debito pubblico i deficit dei landers (le loro regioni o stati federali che dir si voglia) nè di nessun altro ente locale;

inoltre non viene messa nel computo la Kfw, la "Banca della Ricostruzione che ha erogato ingentissimi fondi per l'economia teutonica anche in tempi recenti.

E andiamo avanti: all'indomani della riunificazione del Dicembre del 1989, secondo l'accordo siglato nel 1953 con gli Stati Uniti, la Germania avrebbe dovuto pagare una parte dei debiti accumulati dalla prima guerra mondiale fino ad all'anno del trattato.

C'è dell'altro: dopo la riunificazione, gli altri stati Ue consentirono alla Germania di sforare dalle limitazioni alla spesa pubblica imposti dalla dirigenza europea per unificare le due Germanie e per mettere la parte est in pari con quella dell'ovest.

I tedeschi sanno bene dunque che il progresso economico di un paese si persegue con la spesa "a deficit" e non certo tagliando salari e servizi.

Hanno ripudiato varie volte i propri debiti e ora vengono a fare lezioncine e a lanciare epiteti spregiativi contro i greci, considerati delle cicale a fronte del loro essere formiche?

Con quale faccia di bronzo vengono ora ad ammonire il resto di Europa?

E cosa c'entrava la compravendita delle loro armi vecchie imposte ai greci nel momento del famoso prestito di qualche anno fa?

Ascesa dei partiti antieuropei e possibile effetto "domino"


Podemos, partito di sinistra anti-austerity, è il primo partito nei sondaggi in Spagna. In Francia lo stesso vale per la nazionalista e destrorsa Marine Le Pen con il suo Fronte Nazionale.

Anche loro, se giungessero al potere, potrebbero ripudiare la moneta unica.

Vi sono serie possibilità dunque che l'euro scompaia e che il processo di unificazione europea faccia passi indietro.


Ciò non vuol dire però che si acutizzerebbero gli scontri tra gli stati, anzi: è la presente unione forzata che sta creando tensioni, perchè si antepongono gli interessi della finanza a quelli dei popoli.


Il crollo di un'europa amica delle banche e che non ascolta le istanze dei cittadini  è un fatto positivo.

Meglio rifondare un'Europa che unisca prima i popoli e le loro culture e poi tutto il resto.


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