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domenica 13 ottobre 2019

Tre anni e due mesi in Ungheria: tempo di bilanci

L'esperienza in terra Magiara ha rappresentato il secondo maggiore spartiacque nella storia della mia vita finora.

Il primo è stata la morte di mio padre, che oltre ad essere una grandissima perdita umana e affettiva, mi ha privato dell'opportunità di ottenere consigli ed anche un aiuto materiale per avere una vita lavorativa migliore dopo gli studi.

Dopo tre periodi in Inghilterra, molti anni di giornalismo, in cui senza arroganza penso di aver lasciato qualcosa di buono agli altri, ho trovato dei lavori nel settore It in grandi aziende, dove ho potuto imparare molto.

La prima immagine che ha lasciato il segno in me è stata la visione del panorama dal Ponte delle Catene, il giorno del mio arrivo: c'era il tramonto, era la fine di Agosto, l'aria era tiepida.

Di fronte a me avevo il Parlamento, il Danubio, la "Citadella" (con una sola t), Il Castello sulla collina opposta.

Chi conosce il posto sa che ci sono poche capitali che possono vantare qualcosa di simile.

Prendiamo il Parlamento di Budapest, come esempio: edificio in stile neogotico completato nei primi anni del '900, è uno dei palazzi più belli in assoluto che io abbia mai visitato.

Se l'approccio con il posto, ricchissimo di bellezze architettoniche e anche naturali, è sempre stato positivo, purtroppo non è stato lo stesso con la gente.

Ricordo che nelle prime settimane di permanenza non lavoravo ancora. Andavo in giro per le strade, per i pub e i ristoranti cercando di attaccare bottone: niente. Ricevevo risposte diffidenti, rudi, sbrigative.

Nei primi mesi di vita Ungherese sono uscito da diversi negozi sbattendo la porta. Tu sei educato, porti soldi al commerciante e lui ti urla contro e ti maltratta senza motivo. Ovviamente non è sempre così ma nei piccoli esercizi, nei bar e nei supermercati mi innervosisco spesso.

Possiamo riassumere la mia esperienza Magiara così: con un settanta per cento della popolazione media per quelli come me è difficile avere un buon rapporto: sono sempre di corsa, hanno poco tempo per te, hanno tanti problemi forse più derivanti da un passato non facile.

Per contro qui puoi trovare un trenta percento di individui super educati che ti aprono la porta, non dicono parolacce, sono ben vestiti, disciplinati, seri, socialmente sensibili. Se vedono qualcuno in difficoltà intervengono a volte anche con molto coraggio.

Ho preso quanto di buono, qui in Ungheria. Ho fatto esperienza, ho trovato diversi lavori, ho vissuto in un posto pieno di stimoli culturali.

Non è però il mio posto ideale. Per ora vivo qui, per il futuro chi lo sa. Non è mia intenzione lamentarmi troppo, solo un po', diciamo "il giusto".

Ho deciso di venire qui, prendo quello che le mie giornate hanno da offrirmi.

In Inghilterra dopo pochi giorni avevo già degli amici, qui è diverso.

Mi piacerebbe fare più amicizia con chi è del posto, faccio degli sforzi ma forse non abbastanza. Con gli  italiani qui residenti è più facile e lo stesso dicasi con altri stranieri.

Sono io a dovermi adattare, non chi è nato qui. D'altro canto, lavoro sodo e pago le tasse, quindi ho il diritto di lamentarmi, come del resto fanno gli autoctoni e come farei io nel mio paese.

Alla fin fine,  mi sento come Gep Gambardella: mi fermo sempre spesso a guardare anche solo semplici palazzi residenziali vecchi di 100 o 200 anni e qui scorgo lampi della Grande Bellezza.

Come Pascoli si sentiva quasi abbracciato dai cipressi, come Beethoven voleva più bene a un albero che a un uomo, la mia fortuna è di vivere praticamente in centro e camminare la notte nella quiete di un posto splendido, dove il Danubio e le chiese barocche comunicano con me senza parlare.