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mercoledì 22 novembre 2017

venerdì 3 novembre 2017

Le Recensioni di Andrea Mauriello: Thor Ragnarok, utlima opera della serie "Marvel"



Oggi inauguriamo una nuova rubrica: "Le recensioni di Andrea Mauriello". Laureato in Economia ma dalla vasta cultura e dai molteplici interessi, Andrea è un elemento valido che ospito volentieri nel mio blog. Sicuramente egli porterà spunti di riflessione molto interessanti.


Esce nelle sale il nuovo Thor Ragnarok: opera nordica e ancestrale, moderna e scanzonata al tempo stesso. La pellicola si candida a riscuotere i favori degli amanti del genere Fantasy.

Quello che sorprende nella nuova declinazione del Dio del tuono è che Thor non è più Thor. Il concetto viene ampiamente scardinato, in quanto, se nei primi due film ("Thor" del 2011 e "Thor: The Dark World"  del 2013) vivevamo le epiche gesta di un Dio forse un pò troppo sopra le righe, che amava prendersi sul serio come da Shakespeariana memoria, qui la prospettiva cambia in modo chiaro.

Nella "climax" ascendente di divertimento e di tensione tutti gli schemi classici vengono un pò abbandonati al solo scopo di divertire lo spettatore. 

Un Thor più umano e divertente

Le gags umoristiche abbondano anche in momenti che forse avrebbero richiesto un pò di drammaticità in più. Tuttavia esse non disturbano il susseguirsi dell'azione e spezzano il ritmo, donando situazioni scanzonate da commedia demenziale e addirittura diventano assolutamente necessarie nell`economia della narrazione.

Il protagonista esce un pò dai ruoli mistici e diventa forse più umano e meno Dio, in un percorso che lo porterà dall'insicurezza alla piena presa di coscienza del suo potere. E lì saranno mazzate per tutti. 

Occhio a Cate Blanchett e Jeff Goldblum

L'azione da una parte alternerà eventi del "Ragnarok", la fine del mondo descritta nei poemi Norreni, in cui Cate Blanchett ci è apparsa in piena forma nelle vesti di Hela, dea della morte.

Dall'altra parte le avventure di Thor perso sul coloratissimo pianeta "Sakaar", popolato da strane razze aliene che si combattono nell'arena dei gladiatori e dominato da un fantastico "Gran Maestro", ci restituiscono un Jeff Goldblum in splendida forma, scanzonato più che mai. 

Anche Hulk dà una mano, più verde che mai



Fra i gladiatori ritroverà il suo amico Hulk finito quassù dopo gli eventi raccontati in altri film del genere "Marvel".

Insieme progetteranno la fuga. Gli effetti speciali sono molto belli, anche se la CGI, ovvero la rielaborazione computerizzata dell`eroe di Lee e Kirby è un po' sottotono. 

La colonna sonora è altrettanto interessante. Essa fonde classiche melodie orchestrali con l'elettronica più spinta, anche nelle scene di battaglia più epiche.

Tutti questi elementi fanno del film una piccola perla che non mancherà di stupire anche lo spettatore più ingordo. 


Non ultime a livello visivo, alcune scelte cromatiche risultano piuttosto suggestive, in una alternanza di colori molto saturi e caldi con altri più freddi. Il tutto trova completezza e compiutezza nel magnifico affresco visivo della cavalcata delle Valchirie.

Insomma, "Thor Ragnarok", per me superiore ai due precedenti episodi, merita un un bel 7,5 come voto finale. Andatelo a vedere! Botte da Orbi!!

Andrea Mauriello


mercoledì 1 novembre 2017

Zeman, il cuoco integralista



La tavola era ben apparecchiata. In casa si iniziavano a percepire i primi odori del soffritto di papà Daniele. I ragazzi del resto erano affamati: i loro piatti preferiti si chiamavano vittorie, riscatto e gloria, dopo essere stati cacciati per la seconda volta in poco tempo dal ristorante della Serie A, rivelatosi troppo costoso.

Ma Pescara aveva decretato come proprio idolo uno chef  Boemo. Quest`uomo sulla settantina, di poche parole e dalle molte sigarette, era riuscito in una impresa difficile: far loro dimenticare Giovanni, uno stellato Michelin di Udine.

Sfacciato e sbarazzino, sciupafemmine e festaiolo, Giovanni ben si era adattato ad una città di mare, di turismo e di intrattenimento, che aveva dato i natali al Vate, il capostipite dei Gaudenti Adriatici.

Che delizie sfornava costui! Irrorava le cene con lo Champagne, di marca Calcio. Che gusto il Calcio champagne!

Il Boemo non era da meno, faceva lavorare i suoi garzoni più energicamente, mentre Giovanni li lasciava anche andare a ballare e a divertirsi. I risultati però erano gli stessi.

Giovanni, figlio forse della cultura flessibile e un po` filosoficamente latina del Belpaese, era disposto a colloquiare qualche volta coi suoi sottoposti. Ci fu un periodo, nell`annata più bella del 1986-1987, in cui i piatti non giungevano in tempo ai clienti e il sapore era un po` meno intenso. A metà stagione gli chef in seconda, chiesero dei cambiamenti, si giunse ad un accordo, e il ristorante Delfino stupì tutta l`Italia.

Il Boemo, suo sostituto di vent`anni dopo, non era così. Tutto di un pezzo, ostinato, non era disposto a cambiare le sue idee. "Si fa come dico io oppure nulla".

Qualcosa nel ristorante iniziò a non funzionare, e lo chef Ceco pentastellato iniziò a dare la colpa a tutti, tranne che a sè stesso. Faceva sempre così, anche quando cucinava a Napoli.



Una volta erano i collaboratori ad essere scarsi, in altri casi era il Mogio (un presunto boss di Monticiano, poi almeno parzialmente assolto dalle sue accuse), ad avergli fatto terra bruciata.

In quell`autunno del 2017 papà Daniele aveva messo i suoi ragazzi a bottega dal Boemo. Sebbene i ragazzi avessero talento in cucina, il cuoco di Praga diceva che loro non erano i suoi aiutanti ideali.

In realtà i suoi Delfini erano legati alla cucina italiana e ad ingredienti diversi, semplicemente. E invece no: "O si fa la cucina Boema qui, o si muore" disse il cuoco, parafrasando un po` Garibaldi e Nino Bixio.

E forse era quello il problema, in quel lungo autunno del 2017: se non hai gli ingredienti per il minestrone, forse puoi fare il timballo, adeguandoti una volta tanto. Userai ingredienti diversi, questo  è certo, ma pur sempre di prima qualità......



Nelle foto: Zeman, ai tempi del Licata; a piè pagina: Giovanni Galeone.