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venerdì 7 agosto 2020

Il Pescara ai Play Out: 180 minuti per salvare una stagione




La stagione regolare è terminata in maniera inaspettata per il Delfino: dopo aver sfiorato la finale play off un anno fa circa, la compagine adriatica si è trovata a lottare per non retrocedere in terza serie. A nulla è servito il cambio di tre allenatori: Zauri, Le Grottaglie e Sottil non sono riusciti a dare ad una squadra dai valori tecnici non disprezzabili quel po' di grinta che l'avrebbe fatta rendere per quello che è il suo potenziale.

Degli errori del presidente Daniele Sebastiani si è già parlato: rosa troppo ampia, allenatori inesperti per la categoria, mancato rimpiazzo di Jose Machin a Gennaio, mancato acquisto di una punta di spessore. 

Della sfortuna si è altrettanto fatta menzione: partite perse immeritatamente all'ultimo minuto, infortuni di pedine importanti. 

A questo punto però tocca ai giocatori dimostrare di avere quei valori umani che non stanno venendo fuori. L'ultima partita di campionato col Chievo era una vera e propria finale, che avrebbe potuto decretare la salvezza senza ulteriori complicazioni. E' stata persa in malo modo, senza letteralmente tirare in porta, con una sfilata di giocatori che si muovevano come "signorine grandi firme" per Via Montenapoleone. 

Una finale è una finale. Se ti giochi l'intera stagione ed una fetta della tua carriera personale, scendi in campo con una gamba sola. Se sei in ospedale perchè avevi le coliche sei ore prima scappi col grembiule da infermo e raggiungi lo stadio per giocartela. 

Adesso c'è la finale contro il Perugia, con andata e ritorno tra pochi giorni. Il Grifone è messo male come i biancazzurri. Sfiduciato, molle e confuso. E' ora di fare gli uomini, perchè una squadra svogliata non la raddrizza neppure Mourinho, se non si dà una mossa. E' forse giunta l'ora che essa si assuma le proprie responsabilità.

Anche per il singolo giocatore, far scivolare la propria squadra nella categoria inferiore o meglio essere uno degli artefici di siffatto capolavoro, inciderebbe sulla propria carriera significativamente.

La percezione del suo valore individuale ne risentirebbe. Anche a livello negoziale, rischierebbe di farsi ingaggiare per pochi soldi da un club di B (se gli va bene) pur di non rimanere  nelle sabbie mobili della serie C. 
E' una questione di rispetto verso i Pescaresi, da sempre attaccati al pallone.

Una squadra di calcio in Italia è parte integrante della cultura, degli usi e costumi e rappresenta una città sia in patria che nel mondo intero. Ancora oggi ci sono persone all'estero che conoscono Pescara per via dei trascorsi nel 2016 e nel 2017 in massima serie.