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venerdì 23 novembre 2012

Giocatore del Cosenza squalificato: tre anni di Daspo per colpa di una maglietta.



I fatti: sabato scorso, 17 Novembre, Pietro Arcidiacono sta giocando con la sua squadra, il Cosenza, che milita in serie D. L'incontro col Sambiase in trasferta è importante: raccogliere i tre punti potrebbe rinvigorire le ambizioni di alta classifica sue e dei suoi compagni; al 75' Arcidiacono riesce ad andare in goal siglando il momentaneo 2-3 per i "lupi della Sila" (finirà 3 a 4, per la cronaca).  Si fa passare una maglietta da suo fratello, che milita nella stessa squadra, e va sotto la curva ospite ad esporla: c'è  scritto su col pennarello: "Speziale innocente".

Non tutti capiscono il messaggio sul momento: Speziale è un amico di Arcidiacono, Catanese come lui. E' stato condannato in via definitiva per l'omicidio dell'Ispettore capo di Polizia Filippo Raciti, colpito da un corpo contundente fuori dallo stadio "Angelo Massimino" di Catania nei disordini del 2 Febbraio 2007, in occasione delle partita Catania-Palermo.

Lunedì il prefetto di Catania, applicando le norme,  infligge al giocatore una squalifica di tre anni dagli impianti sportivi, il cosiddetto Daspo, che viene comminato in genere agli ultras.

La vedova di Raciti plaude, in una trasmissione su Radio24, alla disposizione prefettizia, definendo Arcidiacono uno stupido ed un presuntuoso.

Questi, sono in sostanza, gli eventi.

Mi si consenta una riflessione.

Una squalifica di tre anni per un ragazzo di 24 anni a cui viene praticamente stroncata la carriera, mi sembra eccessiva.

Primo: perchè Arcidiacono non ha insultato Raciti o la moglie, nè ha approvato l'uccisione dell'ispettore di Polizia. Ha semplicemente esposto una maglietta in cui afferma che il colpevole non è il suo amico Speziale.

Secondo: Quand'anche si voglia punire tale gesto, perchè contraddice una sentenza della Corte di Cassazione, la giustizia mostra un inaspettato volto rude e pressapochista, se si affida una tale punizione ad un prefetto, senza un processo e men che meno la possibilità di difendersi da parte di chi la riceve.
Il prefetto ha applicato la norma, ma tale norma è da rivedere.

Terzo: tre anni sono troppi. C'è gente che fa uso di droghe per migliorare le prestazioni sportive, e gli viene inferto uno stop di un anno, poco importa che l'organo che commina la sanzione sia un altro.

Altri truccano le partite, e gli vengono dati da alcuni mesi ad alcuni anni di squalifica dalla propria federazione.

Altri hanno comportamenti violenti durante un evento sportivo, e non vengono nemmeno puniti o, se questo avviene, gli si danno pene ridicole. Delio Rossi, reagendo ad una provocazione del suo giocatore Liajc, lo ha preso a pugni: ha avuto tre mesi di stop, e visto che il campionato era praticamente finito, li ha scontati durante l'estate ed è potuto tornare subito ad allenare. 

Domenica scorsa Serse Cosmi ha dato un calcio ad un tabellone pubblicitario e ha mostrato il pugno, in segno di minaccia all'attaccante della sua squadra Calaiò, reo di aver sbagliato un goal facile. E' stato espulso dall'arbitro ed ha ricevuto un'ammenda di 3000 euro, ma già da Domenica prossima potrà sedere sulla panchina, nella sfida salvezza Chievo-Siena.

E' doveroso ricordare anche l'episodio in cui il difensore Pasquale Bruno, che allora militava nel Torino, si ribellò ad una espulsione e cercò di aggredire l'arbitro. Fu fermato dai suoi compagni, tra cui Lentini. Gli vennero inferte 8 giornate di squalifica, poi commutate a 5, l'equivalente di un buffetto di simpatia e di una pacca sulla spalla.


Non credo dunque che avere esibito una maglietta con su scritto: "Speziale innocente" sia grave come il doping, come prendere a pugni qualcuno o come truccare le partite.

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