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mercoledì 10 ottobre 2012

Tre modi di usare la colonna sonora

Di recente ho notato tre modi intelligenti di utilizzare la colonna sonora nei films.

Il primo esempio è quello di "Amen, un film di Constantin Costa Gavras in cui Kurt Gerstein, un ufficiale delle SS realmente esistito, tenta di ribellarsi all'olocausto

Suo amico è il giovane prete cattolico Riccardo Fontana, figlio di un importante gerarca laico del Vaticano, che arriva a farsi internare volontariamente e a morire in un campo di concentramento. Questo personaggio però non è realmente esistito.

La serietà dell'argomento non richiedeva per forza una colonna sonora, che in effetti è usata con parsimonia, e l'intuizione è stata felice: niente inutili patetismi, i fatti si commentano da soli e la drammaticità degli eventi è resa senza un inutile carico aggiuntivo.

Il secondo esempio è uno spezzone di Derrick di tre minuti e dieci circa, in cui, cosa rara, viene concesso all'attrice e cantante di far ascoltare l'intero brano senza conversazioni che spezzino la melodia, con inquadrature sugli attori che fanno da pubblico, siano essi protagonisti della puntata o semplici figuranti.

Herbert Rericker ha consentito così a chi voleva gustarsi la canzone di ascoltarla fino all'ultimo, valorizzando la performance canora di Sabine Von Maydell e non per questo intaccando di certo la struttura del mediometraggio (le puntate di Derrick variavano come durata dai 40 minuti all'ora abbondante).

Il terzo esempio è L'ultima puntata del Padre Pio di Castellitto, in cui la colonna sonora prosegue incessantemente, nonostante scene ed episodi diversi della vita del santo si alternino.

Il risultato è che queste scene si saldano dando l'idea non tanto di una narrazione conseguenziale degli eventi, quanto di una sorta di flusso di ricordi di Padre Pio stesso, una sorta di sintesi della sua vita. 

E infatti la narrazione del passato viene fermata da quella del tempo-presente del film, ovvero le ultime ore del padre con le stimmate.

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