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domenica 6 novembre 2011

Cambiare gli Italiani per cambiare l'Italia

La tendenza in generale in questi giorni è quella di dare la colpa di tutte le proprie disgrazie alla politica.
Non è colpa dei politici però se gli Italiani  (o meglio una parte di essi) evadono 200 miliardi di tasse all'anno. Soldi che potrebbero essere utilizzati per ospedali, scuole, per l'abbassamento delle tasse alle aziende che potrebbero tornare competitive e riprendere ad assumere personale.

Chi afferma che tanto le tasse andrebbero nelle tasche dei politici lo fa con una certa ipocrisia, sarà in parte anche vero ma non li giustifica. Questi signori poi non si devono lamentare se le cose vanno male. Il principio "sono disonesto", tanto lo sono anche gli altri non è proponibile, è incivile, da terzo mondo, è una giustizia fai da te a metà tra la "Legge del taglione" del codice di Hammurabi e l'ammissione totale della mancanza di senso civico, nonchè un avallo tacito alla legge del più forte.

Non è colpa dei governanti nemmeno se migliaia di dipendenti pubblici (non tutti ovviamente) scaldano la sedia sul posto di lavoro o addirittura si assentano.

Siamo noi Italiani da cambiare, i politici sono nostra derivazione, affondano le loro azioni nel nostro costume popolare. Iniziamo a fare autocritica, prima di criticare gli altri.

La mia generazione è  fatta di gente molle, anche il sottoscritto ogni mattina si alza e si dice che non ha dato abbastanza, che non è soddisfatto di sè stesso.

Questo però è il punto di partenza, nessuno ci verrà a bussare alla porta a farci regali. Bisogna adattarsi. Oggi la presunzione tra i giovani è grande. Gente che prende la laurea in 10 anni con 80 su 110 snobba lavori  manuali. Buon per loro, facciano i disoccupati.

Una postilla la vorrei riservare a certi imprenditori avidi: non è vero che se non assumono è perchè non ce la fanno, almeno non sempre. Molte aziende mirano a farti lavorare gratis, con la scusa della formazione, degli stages, di una futura opportunità di contratto.

Ne sanno qualcosa i miei colleghi giornalisti. Lo stato non fa rispettare le regole, ci sono giornali scritti quasi interamente tramite collaborazioni gratuite. Se si facessero rispettare le regole, avremmo una situazione diversa: i giornali sarebbero costretti a farne lavorare 10 con uno stipendio pieno, anzichè 100 gratis o quasi, con un salario che non consente di cambiare la propria vita. Meglio allora assicurare un futuro a pochi che la miseria perenne a tanti.

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