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sabato 6 agosto 2011

Ma quale fuga di talenti?

(Nella foto: Javier Pastore, trequartista del Palermo, è in procinto di passare al Paris Saint Germain di Leonardo)


I giornali sportivi pongono l'accento sul fatto che alcuni giocatori importanti lasciano il nostro campionato, convinti a suon di miliardi da clubs per lo più inglesi e spagnoli.
Da qualche anno non facciamo più follie per i calciatori, perchè le nuove regole hanno imposto un controllo stretto dei bilanci societari.
Continuano però a circolare milioni e milioni di euro anche nel football di casa nostra. Tanti, troppi. E come abbiamo visto dalle vicende della nuova calciopoli, c'è chi non si accontenta mai.
Se qualcuno è così folle da offrire 43 milioni di euro per Javier Pastore, un buon giocatore con possibilità di crescita ma non un fenomeno, il presidente del Palermo Zamparini  non puo' far altro che accettare.
20 milioni sono una cifra equa per l'argentino, 25 già sono tanti, 43 sono il capriccio di un multimiliardario.

Erano tanti anche i 60 milioni offerti dal Real Madrid per Kakà, e il Milan ha continuato a vincere come e meglio di prima, dopo la sua partenza, senza investire troppo.

Non c'è una crisi del calcio italiano, abbiamo vinto il penultimo mondiale. L'Inter ha vinto la penultima Coppa dei Campioni e l'anno successivo il mondiale per Club (ex Coppa Intercontinentale).Anche il Milan ha vinto più di una Champions League, negli ultimi anni.
Sforniamo campioni, l'under 21 è una grande realtà, i nostri campionati sono ancora competitivi, a livello tattico siamo tra i migliori, grazie ad allenatori e staff tecnici di primo livello.
Si può migliorare nel marketing.
Come ha fatto notare nei giorni scorsi il Corriere dello sport, è troppo spendere 70-80 euro per una maglietta, quando anzi i clubs dovrebbero regalarne a migliaia.
Perchè regalarle? Perchè costituisce un investimento, fatto soprattutto sulle nuove generazioni. Gesti come questo fruttano più tifosi, più attenzione sulla squadra, più introiti televisivi, più sponsors.
Questo però è un discorso di tornaconto.
Se aspiriamo invece ad un'elevazione morale del calcio, cambia tutto.
In quel caso infatti dovremmo regredire: meno soldi, meno interessi in ballo, meno imbrogli.
Ci vorrebbero addetti ai lavori pronti a perdere denaro pur di mantenere saldi dei principi.
Di certo non si può cambiare la natura umana: gli avidi ci saranno sempre, così come le inchieste giudiziarie, nel calcio come negli altri settori.

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