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Spontaneo, verace, a volte fin troppo ruspante, ma anche filosofo e leader motivatore: Silvio Baldini racchiude tutte caratteristiche.
Nessuno credeva che il calcio potesse risorgere proprio quest'anno a Pescara, mentre durante il lungo calciomercato estivo illustri sconosciuti rifiutavano di venire a giocare nella città del Vate.
Nessuno tranne lui.
Il Delfino prendeva porte in faccia a destra e a manca da giocatorini anonomi e modesti, forse anche per questioni di poche decine di migliaia di euro di ingaggio.
I tifosi facevano cortei di protesta e Pescara intera si apprestava a vivere solo dei ricordi dei tempi magici di Galeone, Zeman e Oddo.
Poi la scintilla: dopo poche partite ci si rende conto che la squadra gioca con la testa leggera, libera di pensieri.
La condizione atletica è ottima, la difesa è solida e a centrocampo di vedono anche i muscoli, caratteristica quasi sempre assente nel gioco biancazzurro.
Le squadre più forti sulla carta come Ternana, Torres ed Entella vengono subito messe in riga e il Delfino sembra già staccare tutti.
Il merito è soprattutto di Baldini, quasi un filosofo prestato al calcio che ci parla di sogni e di magia e non vuole solo la serie B, ma anche la A in due anni. Lui ci crede e iniziamo a crederci anche noi.
Nella foto: il centrocampista della Nazionale Estone e del Pescara Georgi Tunjov
Battuto ieri anche il Sestri Levante 1-0 all'Adriatico. I giocatori ragionano in funzione dei compagni e sono motivatissimi
Era dai tempi della promozione in serie A con Zeman che non si notava una tale determinazione nei giocatori biancazzurri.
La squadra va tutta nella stessa direzione, e gli unici che sembravano indietro nell'entrare in questa mentalità, ovvero Squizzato e Tunjov, stanno recuperando appieno.
É vero, il primo si è fatto espellere un po' ingenuamente, nella penultima partita in trasferta a Pesaro. Tuttavia ha trovato una certa costanza di rendimento.
Tunjov invece, ieri ha deciso la partita. Subentrato al '72, al '77 ha sbloccato il match e regalato i tre punti al Delfino, con un tiro su punizione molto potente da circa trenta metri. Il portiere avversario non è stato impeccabile in questa occasione, ma va dato merito all'Estone di aver calciato bene.
Galvanizzato dal goal poi, il centrocampista di Narva ha corso molto per attaccare e difendere, aiutando molto i compagni. Mister Baldini dice che "è un ragazzo fragile emotivamente e bisogna volergli bene e incoraggiarlo".
Sembra che il tecnico degli Adriatici stia toccando le corde giuste anche con lui, raccontando di averlo elogiato in allenamento per un movimento tattico in cui era migliorato. Inoltre ha fatto lo stesso davanti alle telecamere e ai giornalisti dopo il match: "Io l'ho visto da come si è concentrato mentre calciava e ho pensato che era più facile che facesse goal che il contrario. Bravo!"
Quello che ha impressionato è l'aggressività con cui i giocatori sono entrati in campo, con la voglia di annullare l'avversario sul piano del gioco.
Manca un bomber in attacco, ma la squadra sopperisce con grande grinta e a coloro che svolgono più il ruolo di punta come Vergani, Tonin e in parte Ferraris, vanno solo fatti i complimenti.
Vergani è già al terzo anno con la maglia del Pescara. Non aveva convinto appieno nè Colombo nè Zeman, che da tecnici ne avevano apprezzato le doti fisiche ma che non avevano riscontrato una sufficiente determinazione. Questo è quanto affermavano anche molti tifosi.
Quest'anno i goal non sono molti da parte sua ma il ragazzo dal volto pulito e dai capelli ricci di Segrate ha mostrato una grinta da leone, spingendo in avanti e contrastando con decisione.
É probabile che i dirigenti Sebastiani e Foggia abbiano cercato di costruire una squadra di gente con piedi buoni ma umile. Lo dimostra il fatto che non siano arrivati i "signorini grandi firme" che pure erano stati cercati durante il mercato estivo, ma per i quali la società non ha voluto svenarsi.
Forse a Gennaio una punta con la fama da cannoniere arriverà, ma se il Pescara continua così, non ci sarà spazio per nessuno. Il Delfino in tal caso rimarrà al primo posto. Oggi le inseguitrici Ternana e Torres hanno pareggiato a Perugia e a Rimini, allontanandosi dunque di altri due punti. L'Entella invece continua la sua corsa, dopo aver battuto il Gubbio 2-1.
Ieri a fine gara il tecnico del Sestri Levante Andrea Scotto ha detto: "La Ternana è la squadra più forte del girone in termini di singoli, ma il Pescara merita di essere prima perchè è più squadra, gioca bene e all'attacco (cosa che a me piace) e ha una determinazione incredibile".
Per i bambini degli anni '80 e '90 Dan Peterson e i ragazzi della World Wrestling Federation erano degli eroi, dei fratelli maggiori, padri putativi e leggende dai poteri speciali che rimanevano scolpiti nei nostri cervelli a imperitura ed eterna memoria.
Dan Peterson, ometto piccolo di fisico ma grande per capacità ed empatia, è stato uno dei migliori allenatori del basket europeo e l'inconfondibile commentatore dei match del Wrestling Americano.
Non solo: Dan è anche un personaggio poliedrico e dalle mille risorse, capace di fare business e di adattarsi a contesti diversi.
In quei fantastici anni ci presentava, con il suo accento a stelle e strisce, incredibili personaggi come Koko B. Ware, Hulk Hogan, Andrè The Giant, The Million Dollar Man, Macho Man, Kamala, Honky Tonk Man, The Barber, Big Boss Man, Jake The Snake, Paul Roma e tanti altri. Che spettacolo, che gioia!
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Salisti sulla nave Open Arms delle Ong per dire a noi Italiani che dobbiamo ospitare i migranti dai barconi, senza particolari limitazioni, sapendo che poi essi conviveranno con i poveri giá presenti in Italia.
Tu che hai fatto soldi a palate facendo film. Soldi guadagnati e meritati per carità, ma fai una vita da privilegiato da quarant'anni e c'è chi ha lavorato molto più duramente di te.
Tu che ti alzi la mattina e puoi permetterti un giardino grande come un campo da golf.
Tu che ti sei accompagnato alle migliori bellezze del mondo.
Tu che sei Americano, non vivi in Italia e non vivi le difficoltà di ogni giorno dell'uomo Italiano (anche se mi dicono che ti trasferirai presto in Europa)
Tu, insomma, non puoi fare il solidale con il territorio degli altri, venire sulla barca diretta in Italia e dirci cosa fare.
Anche alla luce della vittoria di Trump, è ora che porti qualche decina di migliaia di migranti in qualche sconfinata tenuta che sicuramente puoi permetterti nelle campagne americane e dare a loro alloggio e sostentamento.
Nelle elezioni Usa di Martedì, come ormai tutti sanno, Trump ha stravinto, con un divario di oltre 5 milioni di voti rispetto alla rivale Kamala Harris.
Nonostante i sondaggi palesemente fasulli e fallimentari, a cui tra l'altro ci siamo abituati negli ultimi decenni, questa vittoria e anche questo margine me li aspettavo.
Troppi erano i motivi che facevano pendere la bilancia per la vecchia volpe The Don.
Nonostante anch'egli non sia esente da sproloqui e da espressioni fortemente fuori dalle righe, la debacle democratica era troppo marcata e non riusciva soprattutto a compensare i pregi che il Tycoon Newyorchese indubbiamente ha.
Trump, nonostante i detrattori, ha un carisma che pochi presidenti hanno avuto. Pochi in Usa hanno ottenuto il consenso e l'entusiasmo dei seguaci della propria corrente politica al di là delle idee e degli intenti proposti.
Basta un dato di fatto per rendere l'idea: prima delle Presidenziali del 2016 buona parte dei Repubblicani non voleva Trump. Cercarono di metterlo in competizione con diversi candidati di estrazione sociale ed etnica diversa, ma non ci fu nulla da fare: la base voleva lui e lui vinse le primarie.
Si parlò addirittura di estrometterlo dalla candidatura nonostante la vittoria alle primarie, fatto avvenuto una sola volta in precedenza, ma i vertici repubblicani si misero il cuore in pace.
Negli anni successivi The Don divenne sempre più catalizzante nel partito Repubblicano, tanto dal diventarne il leader indiscusso.
E' diventato Presidente nel 2016, ha perso nel 2020, è stato accusato di tutto da una magistratura non sempre imparziale. Dopo l'assalto dei suoi seguaci a Capitol Hill, di cui venne considerato ingiustamente il mandante, visto che non aveva mai dato nessun ordine in tal senso, sembrava finito.
Tutte le forze che gli si sono contrapposte, dalla magistratura ai media ai movimenti Me Too, sono serviti solo a rafforzarlo, un po' come avvenne con le campagne anti Berlusconi.
Trump ha governato per quattro anni tra luci e ombre. Qualche risultato si è visto ma mantenendo solo parte delle promesse.
Non riuscì a rilanciare l'industria americana come promesso, avrebbe potuto gestire meglio il periodo del Covid, anche se non fu facile per tutti i governi. Strappò qualche buon accordo internazionale.
Quanto alla Harris, è stata vice presidente di un mandato fallimentare, che ha condotto ad una guerra per procura in Ucraina, all'inflazione e all'aumento del prezzo degli idrocarburi in Usa. Biden non è stato in grado di arginare la furia genocidiaria di Nethanyau.
Inoltre è deperito fisicamente e mentalmente.
Kamala Harris invece, giovanilissima per essere una ultrasessantenne, si è segnalata per sproloqui privi di senso e per risposte sarcastiche ai giornalisti che le chiedevano dettagli sugli aiuti all'Ucraina.
E' stata più credibile di un Biden ormai stanco come candidata alle Presidenziali, ma non ha convinto.
Ecco in sintesi le ragioni della debacle democratica:
1 Trump ha carisma, nonostante l'età avanzata e qualche sproloquio.
2 Trump ha capacità solide di imprenditore e di negoziatore, che ha fatto intravedere quando ha trattenuto una azienda in Usa, mentre era già pronta a trasferirsi in Messico o quando ha trovato un difficile accordo col Coreano Kim Jong Un.
3 Trump non ha provocato l'escalazione della guerra in Ucraina, contenendola verso il Donbass e lasciandola relegata agli accordi di Minsk.
4 Il piano di cambiare l'America da poliziotto del mondo invischiato in guerre a decine di migliaia di chilometri di distanza a uno Stato che guarda più a quello che succede al suo interno, migliorando l'economia, il benessere, diminuendo la disoccupazione, rendendo le strade più sicure e limitando la immigrazione irregolare ha affascinato molti Americani, che ci credono ancora.
5 Kamala Harris dal canto suo ha battuto l'accento sui temi sociali, sulla inclusione, sul diritto all'aborto, ha cercato di virare anche lei in parte verso lo stop all'immigrazione incontrollata, ha cercato di ottenere i voti delle cosiddette minoranze etniche e delle donne, in quanto donna e di origini Indo-Jamaicane.
Non è servito. Non basta essere donna per farsi preferire dalle donne, bisogna essere donne capaci. Non basta essere di colore per avere dalla propria parte gli Africani, bisogna dimostrare di fare i propri interessi.
6 Trump parla sia nello stile del linguaggio sia nei contenuti alla pancia e al cuore della gente semplice e di chi va al concreto, non ad un intellettualismo sofisticato. In tal senso ha squarciato la diffidenza delle popolazioni della provincia, delle città piccole e medie ma a sorpresa anche quella di molte grandi città. Molti ispanici e afroamericani hanno votato per lui e addirittura tra i pochi artisti famosi che si sono schierati con lui ci sono stati 50 cent e Kanye West.
7 Il massiccio supporto delle star di Hollywood e dei cantanti a Kamala Harris è stato quasi un boomerang.
In una America che conta periferie dilaniate dalla terribile droga Fentanyl, dalla povertà incalzante, dall'aumento dei prezzi che porta a dormire in macchina perfino persone che lavorano,
la gente comune ha preso in antipatia i proclami dei vip privilegiati.
The Don evidentemente parlava al suo cuore meglio di De Niro e di Taylor Swift.
8 I falliti attentati a Donald Trump dimostrano che ci sono lobby a lui ostili. Viste le troppe incongruenze dell'attentato di Butler, in Pennsylvania, sono sicuro che in tanti, come me, non hanno creduto alla versione dell`attentatore solitario.
Di conseguenza, questo li ha spinti a votare per la vittima.
Fino a un anno fa Zelensky era uno strenuo censore di Orban, reo di non inviargli armi (anche se ha ospitato centinaia di migliaia di rifugiati Ucraini. Negli ultimi mesi i due hanno incominciato a parlarsi, in occasione di vari summit internazionali.
Orban è sempre stato un solido alleato di Trump e precorrendo i tempi gli ha preparato il terreno: con il suo placet si è recato da a Kiev dallo stesso Zelenky, a Mosca da Putin e perfino in Cina da Xi Jin Ping.
Si è esposto ben prima delle elezioni Usa a favore di Trump, mentre i leaders europei obbedivano ai dettami di Biden, per poi esprimere grande entusiasmo per il tycoon Newyorchese all'indomani della sua vittoria alle elezioni.
Ieri nel meeting della Ue, col semestre a presidenza Ungherese ancora in corso, Zelensky e Orban si sono parlati.
Pur trovandosi in disaccordo su alcuni punti, è chiaro che Zelensky dovrà avere il suo omologo Magiaro come interlocutore diplomatico al fine di concordare la fine della guerra con la Russia.
Nelle foto: Victoria Nuland, Madeleine Albright e Henry Kissinger, eminenze grigie e strateghi della politica di ingerenza Americana
In fondo certe cose già le sappiamo, ma un po' perdiamo il focus. Lo facciamo perchè ci coccoliamo nella nostra vita ancora abbastanza comoda, in una situazione di democrazia, sia pure abbastanza limitata da vari fattori.
Bisogna avere una certa ingenuità per credere che i paesi occidentali a guida Americana (quindi con gli Usa che comandano e gli altri che obbediscono più o meno servilmente) abbiano a cuore le sorti democratiche degli altri paesi.
Gli Stati Uniti hanno una lunghissima e anche recente storia di colpi di Stato da loro costruiti e finanziati. Lo abbiamo visto in Venezuela, Argentina, Cile con governi nazionalisti o con uomini di fiducia come Carmona o Guaidò. Lo abbiamo visto anche in Liberia con Charles Taylor.
Ce ne siamo accorti anche nella Libia del dopo Gheddafi, divisa talora in tre, talora in due pezzi e in mano a ceffi della peggiore risma. Lo sanno tutti del resto che Haftar è un bonaccione, tenero e simpatico come Homer Simpson.
Gli esempi sarebbero infiniti. Dall'Afghanistan dove erano andati gli per "esportare la democrazia" gli Americani se ne sono andati dopo vent'anni accordandosi con i terribili Talebani, proprio quelli che volevano combattere.
L'Unione Europea doveva in teoria essere un super-Stato che si sarebbe dovuto affrancare dalla sua sudditanza atlantica. Ha costituito invece negli ultimi anni un mezzo per fare il salto di qualità verso un leccapiedismo ancora più estremo,
in cui Presidenti della Repubblica, Primi Ministri, Cancellieri e Presidenti del Consiglio dei Ministri piccoli piccoli sono pronti quasi ad entrare in guerra pur di compiacere il paese egemone.
Costoro erano pronti a stracciarsi le vesti per il referendum in Moldavia sull'adesione alla Ue quando sembrava perso e hanno gridato a brogli elettorali sostanzialmente inesistenti in Georgia.
Della Moldavia la Ue se n'è sempre infischiata, lasciandola nella povertà, nel degrado e nello spopolamento. Quanto all'Ucraina, l'ha mandata a morire, ben sapendo che inviare le armi avrebbe solo prolungato la sua agonia generando perdita di territori, più morti e più distruzione.
Della Georgia alla Ue frega men che meno, se non in qualità di nazione subalterna.
Bruxelles le ha inviato dei fondi, questo è vero, ma per obbedire pedissequamente ad ogni diktat e per sottomettersi alle lobby. Quando il paese Caucasico ha promulgato una legge contro le invadenti ONG che condizionano a suon di quattrini la sua vita politica interna
e quando perfino l'opposizione ha votato la legge contro l'ideologia gender e il suo insegnamento delle scuole, la Von Der Leyen ha puntato i fucili.
Non solo: ha gettato la maschera.
Tutta questa indignazione per difendere le lobby celate dietro alle Organizzazioni Non Governative dimostra il suo amore per i potenti, non certo per i valori democratici.
Sulla Russia, tanto per cambiare, La Ue obbedisce a quello che stabilisce Biden, anche a proprio danno.
Risultato: paghiamo gli idrocarburi a prezzo rialzato e le sanzioni sono diventate un "boomerang".
Agli Americani l'unica Russia che piace è quella in ginocchio. Quando c'erano Gorbaciov e Eltsin, due leaders filo-atlantici,
gli Americani hanno mostrato poco rispetto, poca cooperazione e hanno dopo pochi anni allargato i confini militari della Nato, nonostante le aperture importanti fornite, nei primi anni della sua presidenza, dallo stesso Putin. Quest'ultimo fino al 2008 credeva in una possibile cooperazione commerciale e militare, sia con gli Usa che con la Ue.
Si dovette ricredere.
Quando Gorbaciov invece, dopo avere avviato le privatizzazioni consigliate dagli Americani, chiese aiuto economico nel noto summit del G7 di Londra del 1991, Gli Stati Uniti glielo negarono, contribuendo alla fine del suo mandato e della Perestroijka
Le cosiddette guerre fatte per abbattere il dittatore di turno sono solo scuse: quando c'era la guerra Iran - Iraq Saddam Hussein andava benissimo agli americani, che lo foraggiavano e lo appoggiavano.
Tuttora Usa e stati occidentali intrattengono ottimi rapporti con i paesi della penisola Araba, che non sono certo dei campioni di democrazia.
Certo, ad Ovest il rispetto dei diritti umani e democratici, nonchè una situazione perdurante di benessere generalizzato lo fanno tuttora preferire a stati illiberali come Cina e Russia.
In generale quasi tutti gli Stati del mondo hanno un lato cooperativo e volto al progresso.
Tuttavia, non bisogna credere che i popoli siano fatti solo da babbei pronti a bersi ogni retorica melensa.
L'Europa non è un "giardino fiorito" circondato dai Barbari come afferma Josep Borrell, Alto Rappresentante Europeo per gli Affari Esteri e la sicurezza.
Gli Stati Uniti non sono un faro di civiltà e portatori di valori democratici. Non sono liberatori di popoli oppressi. Semmai esportano la democrazia a suon di bombe e questo non è carino.
Il fatto di essere, da Italiani, necessariamente legati a loro non deve esimerci dal vedere le cose obiettivamente e se necessario, alzare il dito e porre delle obiezioni.
La presidente Georgiana ha chiaramente e ripetutamente dichiarato di non poter dimostrare le sue accuse di brogli elettorali da parte di Sogno Georgiano.
Nel primo video che vi propongo lo sostiene al minuto 28:00 e nel terzo breve video lo riafferma, come nel quarto video
Un magistrato l'ha convocata per documentare le sue accuse, lei non si è presentata.
E' molto grave che una Presidente della repubblica chiami la popolazione in piazza per protestare contro presunti brogli elettorali, con il rischio di scontri e di guerra civile, per poi non riuscire a dimostrare nessuna, nemmeno in minima parte, delle sue accuse, sostenendo addirittura che non sia sua competenza farlo.
Vi consiglio:
1 Un ottimo video che ben spiega la situazione da parte del videoblogger Andrea Lombardi.
2 Uno streaming della rivista di Geopolitica Limes
3 Un breve servizio in Inglese di Euronews che comunica la rinuncia della Presidente di comparire di fronte ad un giudice per dimostrare i brogli.
4 Una intervista di Sky News, in Inglese, in cui il giornalista le fa notare che l'Ocse non ha valutato le elezioni come "truccate".
L'intervista di Monica Maggioni a K. Al minuto 16:16 la spontanea ammissione del magnate dei suoi trascorsi violenti
In un clima di stampa ostile alla Russia in occidente, tornano utili anche stratagemmi poco corretti, soprattutto nei confronti dei cittadini.
E' così che la stampa Italiana e occidentale in genere sta rispolverando, ammantandolo di una nuova identità, un personaggio come Mikhail Khodorkovsky.
Si tratta di un uomo non estraneo alla violenza fisica, accentratore di risorse pubbliche, protagonista di frodi, evasioni fiscali, pratiche poco trasparenti, monopolismo.
Era un oligarca che ricorreva ai paradisi fiscali per consolidare e difendere enormi capitali, mentre il suo paese era in ginocchio moralmente e materialmente.
Oggi viene descritto come un nobile esule e in molte trasmissioni tv, incontri e podcast, si evita di fargli domande scomode. Alludo anche a Monica Maggioni, membro importantissimo dei vertici Rai, che si è ben guardata di chiedergli conto delle sue responsabilità, fino a quando a sorpresa lui stesso ha menzionato due suoi scontri armati per le strade di Mosca nel 1991 e nel 1993.
Chi è Khodorkovsky
Mikhail Khodorkovsky è un ex oligarca Russo, ex uomo più ricco del paese, proprietario della Yukos, colosso degli idrocarburi e seconda azienda nazionale del settore a quei tempi.
Uomo vicino a Boris Eltsin, si fece largo grazie alle sue aderenze politiche e al suo senso degli affari, in una situazione di debolezza delle istituzioni quale quella dei primi anni '90.
In quegli anni la Federazione Russa era in ginocchio. La disgregazione dell'Unione Sovietica, il fallimento di parte del suo apparato produttivo, la povertà notevolmente incrementata, anni di iperinflazione avevano generato, nel caos, l'emergere di monopolisti disinvolti che acquisirono a basso costo le aziende che poco prima appartenevano alla collettività.
Il petrolio per la Russia è un bene strategico e da esso dipende la sussistenza dell'intera nazione. Khodorkovsky rilevò la Yukos a prezzi stracciati. La prese indebitata e la lasciò tale. Influenzò pericolosamente numerosi esponenti politici grazie al suo strapotere finanziario.
Poi arrivò Putin e convocò i monopolisti che si stavano partendo il paese. Chiese a loro di stare dalla sua parte, cooperando con le direttive del governo e non finanziando le forze di opposizione.
Chi non si sarebbe adeguato sarebbe stato messo fuori gioco, con metodi che andavano dai più blandi a quelli più brutali.
Khodorkovski non si adeguò, sfidò Putin e finì in carcere, con sentenze distanziate nel tempo e con accuse varie tra cui figuravano appropriazione indebita, frode fiscale, riciclaggio di denaro.
Fu dunque una vittima? Non propriamente.
Sul fatto che Putin sia un dittatore e che in Russia non ci sia una democrazia almeno nella misura in cui la intendiamo in occidente, non ci piove.
Tuttavia, ci sono dei distinguo da compiere.
La lotta contro Putin fu sicuramente determinante per la incarcerazione di Khodorkovsky. Tuttavia in larghissima parte le accuse erano vere.
Rese la Yukos una società offshore, distraendo risorse enormi dal controllo statale di provenienza, con l'aggravante di trattare come un bene proprio qualcosa che dovrebbe essere al massimo sotto licenza di sfruttamento economico, ma di proprietà pubblica: gli idrocarburi.
Creò la sedicente European Union Bank ad Antigua, mezzo di numerose truffe, che portò al fallimento.
Condusse altre operazioni discutibili dal punto di vista della trasparenza, con procedure dubbie adottate dalla sua banca Menatep per esempio.
Dopo dieci anni di carcere e dopo aver perso buona parte dei suoi averi e delle sue attività, pur rimanendo ricco e con proprietà prestigiose in giro per il mondo, fu oggetto di un provvedimento di grazia firmato da Putin.
Fu dunque una vittima della vendetta del dittatore originario di San Pietroburgo?
Sì, perchè in altre condizioni, soprattutto con Eltsin al comando, su molte vicende si sarebbe sorvolato.
Meritava la galera?
Decisamente sì.
Se i monopolisti come Khodorkovsky avessero preso il sopravvento sul potere politico, come già era avvenuto, lo Stato si sarebbe reso mero esecutore della loro ingordigia. La situazione in Russia sarebbe stata nettamente peggiore di quella attuale (gli anni '90 lo dimostrano).
Ora in Russia c'è un potere statale forte, illiberale, ma che ha riportato ordine e che ha generato una crescita economica di cui hanno fruito in molti. Ancora oggi il Prodotto Interno Lordo Russo cresce nonostante la guerra e le sanzioni.
Su Putin, sulla guerra in Ucraina, su ciò che avviene nei paesi eurasiatici si possono fare lunghe discussioni ed esprimere critiche.
Gettare fumo negli occhi facendo passare rapaci oligarchi per nobili imprenditori che "volevano portare in Russia democrazia e trasparenza", come in molti hanno detto e scritto, equivale a ignoranza nel migliore dei casi e a cattiva fede nel peggiore.
Nella foto: una sfilza di video beatifica l'ex magnate Russo