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giovedì 28 febbraio 2008

Politica-Università Le mele marce dell'università italiana

Non so come molti di voi abbiano vissuto la propria esperienza universitaria.
Tra le cose che maggiormente ricordo di quel periodo, non posso omettere il mio disgusto per una parte degli addetti ai lavori.
Ma andiamo con ordine.
L'Università italiana, anche a livello amministrativo, è gestita dagli stessi professori.
Costoro possono fare quello che vogliono: lottizzano le cattedre, si comportano come se la cosa pubblica fosse cosa loro, e come se elargissero, per bontà loro, cultura a ragazzini accattoni.
Nelle facoltà umanistiche c'è poca didattica. Non mi venite a dire che 20-30 ore, spalmate in tre mesi l'anno siano degne di essere chiamate in tal modo.
Molte volte, dopo un viaggio alquanto scomodo per me che vivevo in un'altra città, arrivavo in facoltà per la lezione e il professore non c'era.
A volte metteva un foglietto di avviso all'ultimo momento, senza poi recuperare il lavoro non svolto.
Altre volte non avvertiva nemmeno del disguido, e nessuno gli diceva niente. Questo, lo so per certo, avviene in tante facoltà.
Nessun controllo, stipendio assicurato, prestigio, distanza ieratica dagli studenti, superbia.
E' capitato che degli studenti lavoratori, che avevano chiesto il permesso al capoufficio per svolgere l'esame, delegassero la bidella di chiamare una professoressa che non si era presentata il giorno degli esami. Per tutta risposta, la docente attaccò il telefono.
Di episodi simili ne ho vissuti parecchi sulla mia pelle. La supponenza di chi ha letto qualche libro e ha preso un pezzo di carta a volte non ha pari.

Dislocazione
Le facoltà universitarie stanno diventando come le scuole elementari: le aprono dappertutto, anche in paesi minuscoli.
Ho visto facoltà in sedi distaccate con 15 iscritti.
Nella sede centrale di una facoltà abruzzese con il campus all'americana ed enormi edifici, ho camminato per i corridoi dei dipartimenti completamente vuoti.
Ogni tanto capitava di scorgere, in una stanza, qualcuno che lavorava in totale isolamento, senza controllo, senza coordinamento, e non si trattava di personale docente.
L'università è un Bengodi dispendioso, e ha un sistema di lobby e di poteri interni forti.
Propongo che la dirigenza sia formata da un manager e pochi altri funzionari, nominati per concorso: uno staff burocratico che chieda ai docenti ogni sei mesi: tu cosa hai fatto in questo periodo? Qual è stato il tuo rendimento?
Il problema è che i professori hanno una nutrita rappresentanza in parlamento.

Confusione.
Ritengo che il corso di laurea in Scienze infermieristiche non meriti la qualifica di diploma di laurea. La fantasia stupida di tanti dirigenti ha partorito mostri denominati: "Scienze manageriali" e "Scienze sociologiche per lo sviluppo locale e la governance" (c'è anche il francesismo).
Così si svaluta il nostro apparato di alta formazione.

Business

Si danno lauree "Honoris causa" a cantanti pop che fanno uso di droga (Vasco Rossi).
Si usano strategie per attrarre studenti con mezzi che nulla hanno a che fare con l'istruzione.
Roberto Vecchioni ha un posto da professore all'università di Teramo, e quando si insediò con tale ruolo, fece anche un concerto all'università.
Era un tempo, professore di lettere nei licei. Ricordo ( è da prendere col beneficio d'inventario) un vecchio articolo di Panorama che riportava che i suoi studenti e i relativi genitori avevano richiesto la sua rimozione per il turpiloquio in classe e per le assenze dovute alle tournee.
C'è anche chi si è fatto il mazzo per decenni sui libri per diventare professore universitario, e ha vinto un concorso senza barare, come molti invece fanno. Non so se Vecchioni abbia seguito questo iter, ma ritengo che istituire una cattedra denominata "Poesie e parole in musica" (!) non è rispettoso nei loro confronti.

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