giovedì 26 marzo 2009
Cinema - Takeshis'
Parlare di Takeshis’(scritto proprio così, non è un genitivo sassone), presentato fuori concorso alla mostra del cinema di Venezia del 2005, non è semplice.Kitano con esso volle recitare il requiem del suo vecchio modo di fare cinema; si sarebbe dedicato ad altri temi, tra cui alcune tematiche femminili. L'artista Giapponese aveva da tanto tempo in mente di fare questa opera autobiografica, vincendo solo dopo diversi anni le riluttanze dei suoi produttori. Essi avevano intuito la rischiosità del film, inizialmente concepito in maniera ancora più sofisticata di come appare attualmente.
Takeshis’ è un film bellissimo, colto, elegante formalmente e nei contenuti, con una fotografia superba. Il suo unico grave difetto, che però è almeno in parte, inscindibile dagli elementi che ne fanno un’opera magnifica, è che è un film complesso, di non facile lettura.
Due sono le reazioni che può avere lo spettatore che si imbatte in questo film: la prima è di noia, dopo 5, 10, 20 minuti o più, a seconda della pazienza individuale e dello stato d’animo.
La seconda è quella di chi comunque comprende di essere di fronte ad un’opera complessa, ma densa di significati e di raffinate invenzioni, nonché pervasa da un’atmosfera onirica e rarefatta.
E’ un film che assomiglia molto a “8 e mezzo” di Fellini, con i suoi riferimenti autobiografici e le fantasie che si sovrappongono una sull’altra senza un’apparente logica. E anzi Kitano gioca fino all’ultimo fotogramma con lo spettatore: proprio mentre la narrazione sembra ricondursi alla realtà, tutto diventa di nuovo oscuro.
Se però si segue il consiglio dato dallo stesso autore, ovvero quello di godersi il film come un susseguirsi di immagini che non sono altro un collage di sue fantasie introspettive, il film può diventare molto piacevole. Il regista raccomanda di guardarlo più di una volta, per comprenderlo appieno.
Aggiungo io: fatelo, ne vale la pena.
Piccola introduzione al film
Takeshi Kitano è ormai un uomo affermato: dopo essere stato per molti anni un amato istrione televisivo (ricordate “Mai dire Banzai?” In Giappone si chiamava Takeshi’s castle e lui ne era l’autore), oggi è una star internazionale con fans in tutto il mondo.
Kitano fa un film in cui immagina di incontrare un suo sosia, che gli viene presentato da un suo vecchio collega.
Lui fa finta di non riconoscere il suo vecchio collega (si tratta di un'altro veterano del programma Mai dire Banzai), ma costui gli offre una sorprendente scoperta: c'è un uomo che gli assomiglia come una goccia d'acqua e glielo presenta.
Si tratta di un umile commesso di un supermarket. Kitano rivede in lui sè stesso da giovane. All'epoca aveva un’esistenza stentata, senza gloria e faceva provini cinematografici nell’attesa che qualcuno si accorgesse di lui.
Il maturo attore e regista decide di fare di questo Carneade il protagonista del suo nuovo film. All'opera parteciperanno tutte le persone che affollano la sua vita di tutti i giorni: la sua ragazza, la sua ex moglie, il suo assistente, la sua produttrice, due comici obesi (“300 chili di barzellette”) e un padre che, come nella tradizione, fa fare al figlio adolescente ruoli di donna nel teatro giapponese.
Come contrappasso, l'ex moglie interpreterà un’arpia onnipresente che gli metterà continuamente i bastoni tra le ruote; il suo assistente, che tratta male un tassista ma secondo Takeshi non è nemmeno in grado di guidare un’auto, farà proprio il conducente di un taxi; la sua giovane fidanzata, visto che ha fatto gli occhi dolci al suo ex amico, sarà la ragazza di costui.
Inoltre vi saranno anche altri personaggi, come quelli che giocano al Majong con lui, compreso un esponente della jakuza. Anche i giovani di una compagnia di danza, con cui lui si sofferma a scherzare negli studi televisivi, faranno parte del film.
Tutto il suo mondo, insomma, si traspone nel suo alter ego sfortunato, impersonato da un clown senza successo.
Nel mondo del Takeshi povero, tutti i personaggi della vita del Takeshi reale sono altre persone, e fanno una vita diversa.
Il Takeshi clown sogna di sfondare nel cinema, fa delle audizioni, ma viene costantemente deriso.
In un mondo in cui prevale la maleducazione e i miti del cinema sono proprio quei Takeshi Kitano dei Gangster movies, che credono di risolvere tutto con delle revolverate, lui ha vita dura.
Un giorno, finalmente, la sua vita cambia: diventa un attore professionista, vincendo un provino; avrà soldi, ricchezze, donne.
Il film si conclude dove era iniziato: Il Takeshi ricco e famoso si sveglia, si è appisolato durante una seduta di body painting; si torna alla realtà dopo una straordinaria avventura onirica che coincide col film stesso.
Scene di grande pregio.
Nel film si possono isolare dei momenti di grande cinema: esso è così denso di riflessioni, di stranezze tipiche dei sogni e di atmosfere rarefatte, che esso non può essere classificato nella media di un semplice buon film.
Facciamo qualche esempio.
- La simbologia del Taxi: quell'auto che Kitano guida rappresenta il mondo del cinema in cui tutti vogliono entrare, per diventare attori.
Alla fine , tutto si risolve in una sparatoria e tutti diventano degli astri luminosi volando in cielo: si trasformano, insomma, in stelle del grande schermo.
- La ripetizione quasi ossessiva della scena in cui Takeshi Kitano spara con ben due pistole è riproposta in tutte le salse, anche al rallentatore.
L’autore è esausto di fare lo stesso tipo di film.
C’è voglia di autoironia: il vero Kitano non è quello davanti alla macchina da presa, sempre sicuro, che non muore mai nonostante tutti gli sparino. E’ una persona normale, che ora è rispettata per la sua posizione di potere, ma una volta non lo era.
E’ un uomo in cui covano delle insicurezze, come nel Takeshi-clown. Il pagliaccio è la parte di lui che si sente tradita.
- Anche col balletto del mafioso morente, molto divertente, e con la sparatoria che lo accompagna, si vuole fare pulizia, una volta per tutte, del vecchio film yakuza.
Sono sparatorie catartiche; Kitano le mette in scena per l'ultima volta per poi sbarazzarsene definitivamente.
- Verso la fine, c’è una bellissima scena in cui la sua ragazza esegue su una spiaggia, con un pallone da calcio, un perfetto esercizio di ginnastica artistica, come quelli che si vedono alle olimpiadi.
La spiaggia probabilmente è vera, anche se Takeshi ha fatto vedere mezz’ora prima come, grazie a degli ottimi schermi che fanno da sfondo, si può creare una location grandiosa e realistica.
“Sono solo films, non sono la mia vita vera”, sembra continuare a dire il regista nipponico, che si permette il lusso di far resuscitare anche i personaggi che poco prima aveva ucciso: è quasi un invito per lo spettatore alla non emulazione e a distinguere tra finzione e realtà. Sa probabilmente di aver dato il cattivo esempio, indirettamente: un film sulla mafia è visto da tanta gente, e non tutti hanno sufficiente senso critico per guardarlo nella giusta maniera.
Takeshi's sembrava un capitolo chiuso nella storia del suo autore. Era il 2005, nel frattempo egli ha prodotto altre opere, ma dopo qualche tentativo, è tornato al filone "gangster". La vita è fatta anche di cambiamenti e di ritorni.
mercoledì 25 marzo 2009
lunedì 16 marzo 2009
Notizie - Pescara. Valloreja fa il bis. Nuovo comizio vicino al "Ponte del mare"
Dopo il comizio a sorpresa in Piazza della Rinascita, in cui, tra le tante invettive, aveva preso di mira la statua di Toyo Ito, domenica l’oggetto delle sue critiche è stato il “Ponte del mare”. Lorenzo Valloreja, leader della lista civica “Semper fidelis luci” ha scelto dunque di porre un tavolino nei pressi del porto turistico già dalla tarda mattinata, per avere un contatto diretto con i cittadini.
Poco dopo le 16, ha preso il microfono ed ha iniziato a cercare il dialogo con la discreta folla di pescaresi che ha approfittato della giornata festiva per compiere una delle prime passeggiate sulla nuova ed elegante zona pedonale limitrofa al porto turistico.
“E’ un’occasione persa”, ha spiegato così il suo pensiero; “avrei visto bene quel ponte come un collegamento carrabile, che avrebbe consentito di smaltire bene il traffico di Pescara”.
Inoltre vorrei soffermarmi su un altro aspetto: pare infatti che una parte dei soldi (all’incirca un milione e mezzo di euro) che finanziano l’opera, sia frutto di una donazione da parte di imprenditori locali.
Io sono del parere che, anche qualora non vi sia uno scambio di favori dietro questa donazione, sia buona regola per gli amministratori evitare il sospetto dei cittadini. La trasparenza non è un optional nella vita politica di tutti i giorni”.
Il suo discorso è stato interrotto da uno scambio di vedute con Edvige Ricci, noto esponente cittadino della sinistra ambientalista, che si trovava a passare in quel tratto di riviera e che non ha condiviso i modi e i contenuti della protesta di Valloreja.
Oltre al comizio, il pomeriggio mite di ieri ha fornito anche l’occasione per gli appartenenti alla lista “Semper fidelis luci” di illustrare il proprio programma e di sottoporre un questionario ai cittadini per conoscerne il parere.
Valloreja ha anche aggiunto che non si fermerà qui e che continuerà a fare comizi nei prossimi giorni cercando il contatto con la gente comune.
giovedì 12 marzo 2009
La geniale analisi di Ivan D'Alberto, critico d'arte, sul Wine Glass di Toyo Ito.
"Che la competenza spesso non sia passata da queste parti, tanto meno a Pescara, non è una novità, e che persino gli operatori culturali più in voga del momento non abbiano approfittato della gustosa occasione per dare una diversa chiave di lettura all’accadimento, è sinonimo di quanta poca prontezza c’è in questo angolo di provincia italiana".
A parlare è Ivan D’Alberto, direttore del Museo di Arte Contemporanea di Nocciano, che si esprime così sulla questione 'Huge Wine Glass' di Toyo Ito: "Ad esporre il proprio punto di vista sull’argomento - dice D'Alberto - sono stati in molti. Per primi i politici locali i quali, pur non capendo nulla di Arte Contemporanea, hanno approfittato dell’incidente, che gli si è presentato su un piatto d’argento, per fare quello che solitamente fanno: strumentalizzare la vicenda e alzare il solito polverone per dare il colpo di grazia a chi ormai ha già abbondantemente toccato il fondo".
Ma, per D'Alberto, "Nessuno, tra maggioranza e opposizione, ha fatto una riflessione un po’ più colta cercando di andare oltre i soliti argomenti e capire il significato intrinseco che caratterizza tutta la vicenda “Huge Wine Glass”. Tutti hanno dato una soluzione al problema ma nessuno si è accorto che la più semplice è quella sotto gli occhi di tutti".
D'Alberto cita 'La sposa messa a nudo dai propri scapoli' di Marcel Duchamp: "E' costituita da due lastre di vetro verticali su cui l’artista ha disegnato, con filo di piombo, figure meccaniche che paiono prigioniere del materiale stesso: un po’ come il calice rosso di Toyo Ito nella fontana pescarese".
L’opera di Duchamp, spiega D'Alberto, "è particolarmente fragile, e mentre l’artista era impegnato a lavorare sopra il vetro, questo si ruppe. Duchamp si arrese? No, smise semplicemente di lavorare alla sua opera, lasciandola così com’era, resa compiuta dall’effetto dell’incidente.
Egli finì col considerare l’imprevisto stesso un intervento del Caso convincendosi subito a lasciare il vetro rotto senza tentare alcuna riparazione. La fontana di Toyo Ito colpita da sventura, errore progettuale, di lavorazione o semplice Caso, come simpatico deja vu, forse proprio adesso che è rotta rappresenta l’immagine precisa della Città.
La fontana è Pescara che tenta di mostrarsi bella, ma è una bellezza debole di contenuti che implode e che si sgretola su se stessa. A mio avviso, la fontana anche se rotta deve rimanere al suo posto così com’è".
(Fonte: Abruzzoblog)
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Questo articolo fa bene il terno con quelli riportati qui in basso: la mia opinione, e, due post più giù, quella di Lorenzo Valloreja che, pur essendo di natura politica diventa involontariamente un' interpretazioe concettale e artistica di un certo rilievo.
Il dibattito diventa brillante: si sovvertono le le carte in tavola.
Mi diverte constatare che c'è chi ha sagacemente spostato l'attenzione non sul fatto tecnico della rottura "Wine glass", non sul caso politico che la riguarda,
ma sul lato concettuale dell'opera, e la sua resa artistica.
Arte e vita non sono scindibili: non solo l'uomo è scultore dell'opera, ma anche il clima, il tempo, la casualità. (E secondo me anche gli operai del comune).
lunedì 9 marzo 2009
L'opera di Toyo Ito così è più bella
L'opera di Toyo Ito ora è più bella: i tecnici che l'hanno avvolta di lacci e sbarre contenitive, dopo la sua "implosione", le hanno dato, inconsapevolmente, quella potenza visionaria che le mancava.
Il senso di prigionia, i lacci e le sbarre che imprigionano l'Ego dell'uomo moderno sono un'intuizione particolarmente calzante.
L'uomo che dentro ha il colore rosso del fuoco, del sangue, del vino che stimola il lato ludico e dionisiaco, lo spirito dell'ubriacone che vuole sfogare il suo istinto in barba ai codici e alle convenzoni, viene tenuto a freno dalle sovrastrutture sociali.
L'energia rivoluzionaria è insita in noi, è istinto, coscienza di essere animale tra gli animali. L'uomo contemporaneo la distrugge, ma poi la sua mente si ribella.
D'improvviso implodiamo come il "Wine Glass": la mente non controlla più se stessa, il corpo è vittima di somatizzazioni.
La malattia indica che abbiamo commesso degli errori.
Le regole non scritte di una comunità (una sola donna, un solo uomo, un solo matrimonio, lo sguardo degli altri, un lavoro che non piace, un ritmo che ci fa male, una cravatta che stringe, una cinta che soffoca il ventre)
sono le sbarre di una gabbia di metallo che ci grava addosso.
Siamo scintillanti come il cristallo, bolle il nostro sangue, ma qualcosa che sta intorno e non vediamo ci condiziona.
7/3/2009: Comizio a sorpresa di Lorenzo Valloreja in Piazza della Rinascita
Sembrava un Sabato pomeriggio come tanti: il centro cittadino affollato da migliaia di persone che si godevano il riposo del fine settimana, decine e decine di giovani assiepati nel centro di Piazza della Rinascita, sulla lunga serpentina in marmo bianco di panchine.
Verso le 6 del pomeriggio sono giunti all’improvviso Lorenzo Valloreja, segretario del movimento Sfl (Semper fidelis Luci) e alcuni suoi colleghi di partito, che hanno montato a tempo di record un tavolino sul quale hanno posto una sorta di mixer con microfono e altoparlanti.
Valloreja ha improvvisato così, di fronte a una folla incuriosita di oltre un centinaio di persone, un comizio per esporre le proprie idee alla cittadinanza.
“Abbiamo a Pescara una giunta comunale vergognosa”, ha affermato senza mezzi termini, “che non merita di terminare il mandato elettorale alla guida della città, visto il malgoverno e le ruberie che si sono succeduti durante la permanenza in qualità di sindaco di Luciano D’Alfonso;
anche dopo che D’Alfonso s’è fatto da parte, l’amministrazione comunale ha continuato a perseguire una cattiva condotta, che ha dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’incapacità di questi signori nel gestire la cosa pubblica.
Queste persone, che prendono lauti compensi, se ne devono andare da Pescara, devono scomparire dalla nostra vista, e lasciare spazio a liste civiche come la nostra, fatta di giovani che vogliono cambiare le cose. Ci ritroviamo in questa bellissima piazza “Salotto”, che noi tutti amiamo, e anche qui, sullo sfondo, intravediamo un simbolo dell’attuale amministrazione che è ormai al capolinea: in quella statua di Toyo Ito rotta è simboleggiato tutto il malgoverno degli ultimi anni.
Facendo quasi richiamo, concettualmente, a “Gli effetti del buono e del cattivo governo”, opera di Ambrogio Lorenzetti , ha fatto una proposta: “Io quella fontana la lascerei così com’è ora, con i lacci e le lastre contenitive”, affinchè funga da monito educativo per le generazioni future.
Tra le sue idee che sono rimaste inascoltate, a suo avviso, ha ribadito l’intento di portare a Pescara il Guggenheim museum, visto che tale fondazione sta cercando una sede nell’Europa meridionale, di istituire una sede della Dia, di fabbricare una discarica a biomasse che bruci i rifiuti e allo stesso tempo produca energia elettrica.
Voglio che qui a Piazza della Rinascita ci sia uno “speaker corner”,ha poi concluso. “Come a Londra, vorrei che ci fosse anche qui un angolo in cui tutti possano dire la loro opinione, ed io sarò tra voi, nei prossimi giorni, nelle tante piazze pescaresi a dare voce a chi non ce l’ha.”
sabato 7 marzo 2009
giovedì 5 marzo 2009
Notizie- Abruzzo. Bloccato l'albergo sulla spiaggia di Francavilla
Foto da me scattata il 2 Novembre, a lavori ancora in corso
Il 28 Novembre vi avevo segnalato la presenza di lavori in corso sul lungomare di Francavilla. Ci sono degli sviluppi.
mercoledì 4 marzo 2009
I treni che l'Abruzzo rischia di perdere.
Si parla da parecchio tempo di un potenziamento dei collegamenti tra Pescara e Roma, con autostrade ed alta velocità.
Essendo, per una questione di latitudine, la città più vicina a Roma sulla costa opposta, Pescara è la scelta ideale per tale progetto di collegamento delle coste.
Il vantaggio, per la nostra regione, di un migliore collegamento con la capitale, sede del potere nonchè centro propulsore di tante altre realtà, è facile da comprendere.
Il porto e l'aeroporto
Pescara deve intraprendere una scelta coraggiosa: costruire un porto vero e proprio, visto che le barche da lavoro e da trasporto attraccano nell'alveo del fiume, ed aumentare il numero dei voli dell'aeroporto.
Vi allego qui il link di un articolo da me scritto qualche mese fa, che approfondisce uno di questi aspetti.
Non parlo dei Giochi del Mediterraneo perchè si tratta, purtroppo, di un'occasione ormai in buona parte già persa
Proposte per lo sviluppo industriale
La grande tv del passato e del presente in Dvd e Vhs... |
Fa rabbia come a volte si voglia far credere che il Pil sia un indicatore di crescita economica.
La crescita economica che io riconosco è quella che si trova nelle tasche dei cittadini e nel loro accesso ad un lavro vero, con la l normale, non a progetto, non precario, non in nero.
Si cerca ancora oggi di far credere che L'Italia, che era stata salassata dai provvedimenti tassativi degli anni '90 (purtroppo necessari) per risanare il debito pubblico, fino al 2006 era in crescita, quando già da anni le fabbriche chiudevano e la disoccupazione e il precariato aumentavano.
Nè mi incantano coloro che hanno negli anni passati snocciolato dati sull'aumento dell'occupazione, senza scomodarsi a dire che gran parte di questa era lavoro temporaneo, e che il lavoro con contratto a tempo indeterminato diminuiva.
Bastava e basta, al cittadino, fare i conti nelle proprie tasche e in quelle dei propri vicini per non riconoscersi in queste buone novelle.
Da quando è sopraggiunto l'euro, il processo di depauperamento industriale italiano si è velocizzato drasticamente. Una manodopera che già faceva fatica a reggere il passo dei paesi emergenti, con la moneta pesante ha dovuto dire adieu alle speranze di una vita tranquilla.
Gli imprenditori italiani investono sempre più nei luoghi dove la manodopera costa meno. La stessa cosa l'hanno fatta gli operatori stranieri che avevano investito in Italia, e poi non l'hanno trovato più conveniente.
Ciò che le amministrazioni locali e i governi succedutisi finora hanno fatto è stata l'elargizione di fondi per salvare posti di lavoro, (soldi della comunità, denaro i tutti, la cui scomparsa dalle casse statali ha comportato ulteriori scompensi e indebitamenti).
Dare soldi ad una azienda per salvare il posto ai suoi lavoratori è una strategia dal fiato corto, se si ci limita solo a quello: dopo un anno o due (
è lampante questo in Abruzzo) la stessa azienda beneficiaria si trova allo stesso punto di prima. Se una attività economica non è in grado di stare nel mercato, e di reggere la concorrenza, e di mettersi in condizione di trovare da sola le soluzioni vincenti, l'assistenzialismo produce solo danni.
L'era dei Sovchoz è finita, e questo se lo augurano tutti, datori di lavoro e sottoposti.
Cosa può spingere un'industriale a dire: sì, investo in Italia?
Abbiamo una moneta e un costo della vita forti, e i salari sono alti.
Abbiamo tasse molto elevate.
Abbiamo una burocrazia elefantiaca e lenta, oltre che poco trasparente.
Alcune proposte.
- Miglioramento della formazione dei lavoratori. (Non mi aspetto miracoli dall'Università), ma alcuni poli d'eccellenza sono auspicabili.
- Miglioramento delle infrastrutture. Investimenti per nuove autostrade e per una rete ferroviaria ad alta velocità.
- Potenziamento degli scali portuali ed aeroportuali e delle rotte per l'estero, contestualmente ad accordi commercali coi paesi interessati.
- Puntare sulla qualità: il made in Italy, da sempre, ne è sinonimo.
Investire nella ricerca: chi è padrone di una nuova tecnologia è il padrone del vapore (Bill Gates insegna).
- Favorire il turismo: abbiamo il patrimonio culturale più elevato del mondo.
-Ridurre la spesa pubblica colpendo gli sprechi e ridurre le tasse a cittadini ed imprese.
La grande tv del passato e del presente in Dvd e Vhs... |
Fate ciò che vi piace
E' legittimo, per tutti, sognare di realizzare cose che appagano interiormente.
Basta progettare, ed un sogno non è più un sogno. Certo, la vita ci pone di fronte a dei compromessi, ma è un peccato cedere al conformismo.
Quanti complessi ci hanno creato: voglio fare il vigile urbano: "eh, ma devi farti raccomandare". Voglio fare il medico "eh, ma i clienti chi te li trova"? voglio fare l'artista "Cooosa? vuoi finire per strada a fare il barbone? Non sia mai".
A questo punto facciamo prima a spararci. In molti vengono scoraggiati nei propri progetti dalle famiglie, da persone vicine, o da persone che ti ridono in faccia: "Ma dove vai tu"?. In quest'ultimo caso l'invidia di alcuni si palesa in tutta la sua meschinità.
Non sempre è così. A volte c'è chi ci incoraggia, ci aiuta, talvolta non siamo abbastanza bravi per volare. Pazienza.
Io so solo che con l'ottimismo e la perseveranza si ottiene qualcosa, arrendersi senza combattere equivale a una partita persa in partenza.
Chi fa ciò che ama fare lo fa bene ed è una persona che ha uno scopo nella vita. C'è chi vive di convenienza e c'è chi vuole fare qualcosa di costruttivo. Il pragmatismo moderno e spicciolo sta uccidendo i nostri orizzonti mentali: vale la pena riflettere.
Notizie - Pescara. Anagrafe, servizi ottimizzati
Servizi più rapidi per i cittadini di Pescara
Entro una decina di giorni il servizio sarà già attivo.
Finalmente, dopo essere stato annunciato a più riprese, nel corso degli ultimi mesi, adesso è ufficiale: da venerdì le competenze dell’ufficio anagrafe del comune saranno trasferite anche alle sedi dei quartieri, che potranno così rilasciare carte di identità e garantire gli stessi servizi offerti finora. Nei giorni successivi, tutte le procedure entreranno in pieno servizio.
Forse con questo provvedimento finirà il disagio di numerosi cittadini che fanno lunghe file per rinnovare i documenti scaduti.
L’assessore comunale al decentramento Roberto De Camillis annuncia trionfante:” Finalmente i cittadini potranno avere il tesserino d’identità ed il rinnovo di altri documenti rivolgendosi direttamente alle circoscrizioni di quartiere. Riusciremo così a semplificare le operazioni burocratiche, con risparmio di tempo e di energie per gli utenti.”
L’archivio di stato civile verrà spostato nella sezione di Portanuova, in Piazza dei Grue n.1.
Il provvedimento era atteso da molto: già nella precedente legislatura cittadina era stato spiegato il processo di informatizzazione che stavano subendo gli uffici del comune, nonché la semplificazione delle procedure per accedere ai servizi dello stato civile.
In molti casi, attualmente, è già possibile evitare lunghe code e prenotare un incontro con l’impiegato comunale preposto per ottenere i documenti richiesti.
Le sedi dei quartieri produrranno il documento d’identità nello stesso formato: quella tessera plastificata che è stata grande motivo di vanto sia per la precedente giunta che per quella attuale. In esso la foto è rielaborata fedelmente al computer e non più aggiunta con colla o spille come prima, ed è il funzionario stesso a farla.
Contiene una impronta digitale e un microchip, e quindi consente una identificazione ancora più precisa del cittadino. In essa è scritto anche il codice fiscale, è dotata di una striscia magnetica, e non si esclude che in futuro potrà avere altre applicazioni su apparecchiature elettroniche. Mancano, invece, alcuni tratti descrittivi dell’individuo che venivano riportati nella precedente versione cartacea.
I progressi annunciati dall’ufficio anagrafe di Pescara erano già stati illustrati ed elogiati in un congresso dell’Anusca (associazione nazionale ufficiali di stato civile e d’anagrafe) tenutosi dal 19 al 23 novembre 2008 a Salsomaggiore.
L’ufficio anagrafe centrale, insufficiente da solo a smaltire la grande affluenza di utenti ed ora finalmente riformato, ha per lungo tempo così funzionato: i cittadini si assiepavano davanti all’ingresso ben prima dell’apertura, per evitare lunghissime attese, dopodichè si prendeva il biglietto: i biglietti erano in numerazione limitata, e quando finivano, al di là dell’orario di apertura dell’ufficio, chi ne rimaneva privo non poteva, per quella volta, espletare le proprie necessità burocratiche. Anche gli orari stessi degli sportelli d erano risicati, a causa del personale insufficiente, e c’erano due turni, uno la mattina e uno il pomeriggio.
Ora, probabilmente, i Pescaresi verranno liberati dal fastidio recato da lunghe attese, senza andare troppo lontano da casa, nella più vicina delle tre circoscrizioni che formano la città: Castellamare, Viale Bovio n. 466, Portanuova, Piazza dei Grue n.1, Colli, Via di Sotto, 8/12.
Andrea Russo