giovedì 12 marzo 2009

La geniale analisi di Ivan D'Alberto, critico d'arte, sul Wine Glass di Toyo Ito.

Riporto qui un articolo molto interessante

"Che la competenza spesso non sia passata da queste parti, tanto meno a Pescara, non è una novità, e che persino gli operatori culturali più in voga del momento non abbiano approfittato della gustosa occasione per dare una diversa chiave di lettura all’accadimento, è sinonimo di quanta poca prontezza c’è in questo angolo di provincia italiana".


A parlare è Ivan D’Alberto, direttore del Museo di Arte Contemporanea di Nocciano, che si esprime così sulla questione 'Huge Wine Glass' di Toyo Ito: "Ad esporre il proprio punto di vista sull’argomento - dice D'Alberto - sono stati in molti. Per primi i politici locali i quali, pur non capendo nulla di Arte Contemporanea, hanno approfittato dell’incidente, che gli si è presentato su un piatto d’argento, per fare quello che solitamente fanno: strumentalizzare la vicenda e alzare il solito polverone per dare il colpo di grazia a chi ormai ha già abbondantemente toccato il fondo".


Ma, per D'Alberto, "Nessuno, tra maggioranza e opposizione, ha fatto una riflessione un po’ più colta cercando di andare oltre i soliti argomenti e capire il significato intrinseco che caratterizza tutta la vicenda “Huge Wine Glass”. Tutti hanno dato una soluzione al problema ma nessuno si è accorto che la più semplice è quella sotto gli occhi di tutti".


D'Alberto cita 'La sposa messa a nudo dai propri scapoli' di Marcel Duchamp: "E' costituita da due lastre di vetro verticali su cui l’artista ha disegnato, con filo di piombo, figure meccaniche che paiono prigioniere del materiale stesso: un po’ come il calice rosso di Toyo Ito nella fontana pescarese".


L’opera di Duchamp, spiega D'Alberto, "è particolarmente fragile, e mentre l’artista era impegnato a lavorare sopra il vetro, questo si ruppe. Duchamp si arrese? No, smise semplicemente di lavorare alla sua opera, lasciandola così com’era, resa compiuta dall’effetto dell’incidente.


Egli finì col considerare l’imprevisto stesso un intervento del Caso convincendosi subito a lasciare il vetro rotto senza tentare alcuna riparazione. La fontana di Toyo Ito colpita da sventura, errore progettuale, di lavorazione o semplice Caso, come simpatico deja vu, forse proprio adesso che è rotta rappresenta l’immagine precisa della Città.


La fontana è Pescara che tenta di mostrarsi bella, ma è una bellezza debole di contenuti che implode e che si sgretola su se stessa. A mio avviso, la fontana anche se rotta deve rimanere al suo posto così com’è".
(Fonte: Abruzzoblog)
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Questo articolo fa bene il terno con quelli riportati qui in basso: la mia opinione, e, due post più giù, quella di Lorenzo Valloreja che, pur essendo di natura politica diventa involontariamente un' interpretazioe concettale e artistica di un certo rilievo.

Il dibattito diventa brillante: si sovvertono le le carte in tavola.

Mi diverte constatare che c'è chi ha sagacemente spostato l'attenzione non sul fatto tecnico della rottura "Wine glass", non sul caso politico che la riguarda,

ma sul lato concettuale dell'opera, e la sua resa artistica.

Arte e vita non sono scindibili: non solo l'uomo è scultore dell'opera, ma anche il clima, il tempo, la casualità. (E secondo me anche gli operai del comune).

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