sabato 23 novembre 2013
Giù le mani dall'ispettore Derrick
Chi muore, non può difendersi. E' una frase che non ha timore di smentita, ed è anche un postulato corretto, nel caso della vicenda di Horst Tappert, il mitico ispettore Derrick.
Cos'è avvenuto? Semplicemente qualche mese fa un sociologo tedesco, Jorg Becker, a quattro anni dalla morte dell'attore suo connazionale, si è svegliato una mattina e ha detto: "Horst Tappert era un soldato riservista della Lutwaffe, i granatieri della contraerea".
Praticamente si teneva pronto, come risorsa aggiuntiva, a sparare agli aerei nemici con dei cannoni di una squadra chiamata "testa di morto". Questa divisione faceva parte delle SS, la famosa polizia militare nazista.
La scoperta dell'acqua calda non dovrebbe fare impressione a nessuno, visto che tutti sapevano che Horst Tappert era stato in guerra ed era stato fatto prigioniero dai russi. Durante la prigionia aveva iniziato a fare teatro.
Cose vecchie, scontate. Eppure per cautelarsi da eventuali critiche, le tv di mezzo mondo hanno sospeso le repliche di Derrick, personaggio ancora oggi molto amato e seguito che ha portato la celebrità al compassato attore in questione.
Anche l'Italiana tv 2000, emittente religiosa, ha defenestrato l'amato poliziotto, di cui trasmetteva tra l'altro le prime bellissime puntate degli anni '70. Lo ha sostituito con " Happy Days", come se questo telefilm d'oltre oceano rappresentasse meglio la famiglia, entità da cui tv 2000 sembra essere ossessionata. Dunque, per questa emittente, dei ragazzi che pensano solo a pomiciare sono meglio dell'umano e comprensivo commissario.
Analizziamo poi il nazismo eventuale dell'ispettore più amato della storia. Horst Tappert ha vissuto la sua giovinezza durante il nazismo, e quando fu chiamato alle armi, non poteva certo rifiutarsi. La maggioranza della popolazione, se voleva lavorare, doveva avere la tessera del partito di Hitler.
Era una Germania in cui erano quasi tutti nazisti. In Italia non funzionava diversamente: Indro Montanelli, Ignazio Silone, Giorgio Bocca, il filosofo Nicola Abbagnano, Dario Fo (che ora fa tanto l'antifascista), Giorgio Albertazzi e tantissime altre persone note collaboravano col regime di Mussolini.
A 19 anni Horst Tappert, ancora ragazzino, era arruolato con un rango molto basso e nella sua autobiografia "Io e Derrick" aveva spiegato molti anni dopo di essere stato parte della Wermacht e di essere stato impiegato soprattutto nelle ritirate. Anche se avesse voluto, non avrebbe potuto avere potere decisionale nelle angherie del partito nazista e delle SS.
E questo sarebbe uno scoop e\o una verità scomoda?
Guarda caso, la grande rivelazione è venuta fuori dopo che Horst Tappert è morto e non può difendersi.
Tappert nella sua vita ha dimostrato di essere una persona corretta e seria. Quando il figlio Gary ebbe problemi con la legge per debiti e la polizia lo cercava, gli mandò un messaggio televisivo invitandolo a costituirsi.
Non si getta fango su una persona in questa maniera. Ridateci l'ispettore Derrick, molti di noi non si sono ancora stancati di seguirlo in tv.
Il caso della giornalista Norvegese
Una giornalista Norvegese, Siv Kristin Saellmann è stata precettata dalla televisione nazionale per cui lavora, per aver indossato durante un telegiornale un pendaglio con una croce di un centimetro e mezzo.
Il fatto è stato notato dai membri della numerosa comunità islamica locale, che hanno protestato per una presunta imparzialità da parte della giornalista, che è stata rimossa dal telegiornale.
Prendiamo atto che in Norvegia comandano le minoranze. Una croce microscopica, delle dimensioni di un centimetro e mezzo, regalatale dal marito durante un viaggio a Dubai (un paese musulmano, tra l'altro) è diventata la pietra dello scandalo. In una nazione a maggioranza cristiana, una donna non può esprimere il proprio sentimento religioso o semplicemente portare un accessorio di abbigliamento che può avere un richiamo cristiano.
Mettiamo il caso allora che un cristiano vada a vivere in un paese a maggioranza musulmana e dica alla giornalista del più importante telegiornale: togliti il chador, è segno di discriminazione nei miei confronti.
Mettiamo che questa persona tenti anche solo di creare un'associazione cristiana in quel paese. Rischierebbe di essere ucciso. Se si emigra in un' altra nazione, se ne accettano usi e costumi. Col tempo, dimostrando una integrazione avvenuta, si può avere voce in capitolo e verranno riconosciuti all'immigrato\a ulteriori diritti, fino a quello di cittadinanza. Pretendere di decidere a scapito della maggioranza, come tentò di fare il vulcanico Adel Smith in Italia con i crocifissi, è segno di scarsa flessibilità e di chiusura mentale.
La Norvegia accoglie piuttosto bene gli immigrati, interessandosi al loro benessere, e questo è giusto. E' anche giusto che il paese scandinavo non reagisca con violenza a queste provocazioni dei musulmani, ma forse sarebbe meglio incominciare a dire a loro qualche no.
Essi possono trovare lì benessere e assistenza da parte di uno stato che si dimostra tollerante, forse anche troppo.
Come pietra paziente, percorso di liberazione interiore
Una giovane donna Afghana si ritrova, durante la guerra civile, a dover curare il marito di mezz'età in coma. Si tratta di una persona stimata nella sua città, considerato un eroe di guerra. E' stato ferito in una banale rissa con un commilitone, e ha un proiettile nel collo. La moglie lo cura con delle flebo, mentre intorno cadono le bombe. La casa viene invasa dai soldati, e una famiglia di vicini viene trucidata. La donna si ritrova da sola, senza soldi, a dover curare un uomo immobilizzato.
Per vincere la solitudine gli parla e si mette a raccontare il suo passato, di cui lui non sa tutto: mano a mano vengono a galla segreti scottanti. La ragazza, che prima si sentiva perduta senza il marito, si rende conto gradualmente di aver acquistato la propria libertà, iniziando a comprendere il senso della femminilità, della dolcezza, dell'empatia. Parlare, e sfogarsi, sarà una vera e propria cura per la sua afflizione.
Il congiunto inerte, non più aguzzino, incapace di una reazione, sarà la sua "pietra paziente": una credenza dice infatti che se si raccontano i propri segreti e angosce ad un sasso, questo ascolterà tutto e prima o poi si romperà, liberando l'anima di colui che si confessa.
Un timido miliziano che viene a far visita alla donna e una zia di dubbia moralità, ma libera dalle restrittive convenzioni sociali di un Afghanistan in parte medievale , completeranno questo percorso maieutico.
Il regista afghano Atiq Rahimi prosegue con la sua coraggiosa opera di narrazione degli aspetti bui dell'Islam, visti con uno sguardo occidentale. L'artista giunse come rifugiato politico in Francia oltre vent'anni fa, ai tempi della guerra russo-afghana. Si è laureato poi alla Sorbona di Parigi ed è diventato uno scrittore e un regista apprezzatissimo. "Come Pietra paziente" è il suo secondo film, anch'esso, come il primo "Terra e Cenere", tratto da un suo romanzo.
In quest'opera l'artista vuole dimostrare come una persona giovane, ancora curiosa rispetto alla vita e disposta a mettersi in discussione, possa liberarsi da vecchie credenze che la opprimono.
Nel film, per lunghi tratti angoscioso e cupo, la bravura e la bellezza di Golshifteh Farahani portano raggi di luce. Attrice trentenne, iraniana, ormai molto affermata, ha collaborato con vari registi internazionali, soprattutto in Francia. Pluripremiata nei festival di mezzo mondo, si è dedicata anche al teatro e può vantare un'attività lavorativa molto intensa.
La Farahani riesce a calarsi molto bene nella parte della donna subalterna che affina l'ingegno e inventa raffinati sotterfugi per combattere la sopraffazione quotidiana degli uomini.
Significativa è la scena finale, in cui la protagonista può finalmente sorridere, anche maliziosamente, se vuole, perchè ha la forza morale e l'astuzia di vincere qualsiasi limitazione della sua libertà.
In "Come pietra paziente" si possono riconoscere tutti coloro che subiscono delle vessazioni, trovando spunti di riflessione e solidarietà umana da parte dell'autore.
Andrea Russo
Per vincere la solitudine gli parla e si mette a raccontare il suo passato, di cui lui non sa tutto: mano a mano vengono a galla segreti scottanti. La ragazza, che prima si sentiva perduta senza il marito, si rende conto gradualmente di aver acquistato la propria libertà, iniziando a comprendere il senso della femminilità, della dolcezza, dell'empatia. Parlare, e sfogarsi, sarà una vera e propria cura per la sua afflizione.
Il congiunto inerte, non più aguzzino, incapace di una reazione, sarà la sua "pietra paziente": una credenza dice infatti che se si raccontano i propri segreti e angosce ad un sasso, questo ascolterà tutto e prima o poi si romperà, liberando l'anima di colui che si confessa.
Un timido miliziano che viene a far visita alla donna e una zia di dubbia moralità, ma libera dalle restrittive convenzioni sociali di un Afghanistan in parte medievale , completeranno questo percorso maieutico.
Il regista afghano Atiq Rahimi prosegue con la sua coraggiosa opera di narrazione degli aspetti bui dell'Islam, visti con uno sguardo occidentale. L'artista giunse come rifugiato politico in Francia oltre vent'anni fa, ai tempi della guerra russo-afghana. Si è laureato poi alla Sorbona di Parigi ed è diventato uno scrittore e un regista apprezzatissimo. "Come Pietra paziente" è il suo secondo film, anch'esso, come il primo "Terra e Cenere", tratto da un suo romanzo.
In quest'opera l'artista vuole dimostrare come una persona giovane, ancora curiosa rispetto alla vita e disposta a mettersi in discussione, possa liberarsi da vecchie credenze che la opprimono.
Nel film, per lunghi tratti angoscioso e cupo, la bravura e la bellezza di Golshifteh Farahani portano raggi di luce. Attrice trentenne, iraniana, ormai molto affermata, ha collaborato con vari registi internazionali, soprattutto in Francia. Pluripremiata nei festival di mezzo mondo, si è dedicata anche al teatro e può vantare un'attività lavorativa molto intensa.
La Farahani riesce a calarsi molto bene nella parte della donna subalterna che affina l'ingegno e inventa raffinati sotterfugi per combattere la sopraffazione quotidiana degli uomini.
Significativa è la scena finale, in cui la protagonista può finalmente sorridere, anche maliziosamente, se vuole, perchè ha la forza morale e l'astuzia di vincere qualsiasi limitazione della sua libertà.
In "Come pietra paziente" si possono riconoscere tutti coloro che subiscono delle vessazioni, trovando spunti di riflessione e solidarietà umana da parte dell'autore.
Andrea Russo
Sole a catinelle, incassi a pioggia
Pubblicato su: Cinema critico (cinemacritico.it)
Dimenticare la crisi per poco meno di due ore. Guardare il lato positivo delle cose.
Infondere un po' di ottimismo nelle persone. E' questo l'intento di Sole a Catinelle, terzo lavoro cinematografico di Luca Medici, in arte Checco Zalone. Il suo nome deriva dall'espressione barese: "Che cozzalone!", ovvero che Tamarro. E infatti, il suo personaggio è sempre il solito giovane uomo cafone, che ha furbizia e trovate creative, ingenuo ma vitale e ottimista.
Il regista Gennaro Nunziante organizza le scene in maniera ottimale, dando il ritmo giusto agli eventi sia con le inquadrature che col montaggio, mettendo il protagonista in condizione di dare il meglio di sè stesso. Checco (si chiama così anche nel film) ha una moglie (Daniela) e un figlio, Nicolò.
Ha un lavoro fisso, ma proprio nel giorno in cui la moglie perde il lavoro, lui decide di mettersi in proprio vendendo aspirapolveri. Per un certo periodo gli va bene, e inizia a comprare molte cose a debito. Poi però la fortuna gli volta le spalle, giungono gli ufficiali giudiziari a casa per il pignoramento. Daniela, infuriata, lo lascia e lo caccia da casa. Decide dunque di andare in Molise, dove ci sono dei parenti a cui potrebbe vendere gli aspirapolveri. L'estate è cominciata e può portare con sè il piccolo Nicolò, un bambino educatissimo e intelligente, che dapprima si annoia, ma poi vivrà un'esperienza fantastica da ricordare, entusiasta, dopo il ritorno a scuola. L'incontro casuale con un ragazzo problematico e la giovane e avvenente madre francese darà una svolta alle sorti di Checco e della sua famiglia. Lei è infatti membro di una famiglia importante di industriali. Checco entra in contatto con gli ambienti dei vip, combinandone delle belle e spassandosela tra uno yacht, una partita a golf, piscine e perfino una adesione ad una loggia massonica. Lui però sotto sotto continua a pensare a sua moglie... Zalone riesce a superare sè stesso: il film è molto divertente, si ride dal primo all'ultimo fotogramma. Di certo non si tratta di una pellicola raffinata, ma quanti film comici lo sono? Ben pochi. L'effetto da dare alla battuta prevale sul realismo, la leggerezza sui dettagli. Lui è l'unico comico, in "Sole a catinelle": gli altri sono buoni attori ma con caratteristiche un po' diverse. A lui spetta il compito di far ridere, e quindi ha anche il merito di reggere le sorti del film praticamente da solo. Il personaggio di Checco è un inguaribile ottimista, e sebbene sembri avulso dalla realtà, alla fine avrà la meglio. Nel film vi è una critica, calzante, alla classe dirigente,che pensa solo ad arricchirsi non disdegnando mezzi illeciti. C'è anche una stoccata alla politica dell'austerity e dell'europeismo, che non tiene conto delle esigenze di commercianti ed imprenditori. Anche queste critiche vengono mosse con leggerezza, e la comicità di Zalone sembra spiazzante, perchè non è mai troppo a favore nè di una fazione politica, nè dell'altra. Il ministro Renato Brunetta della rifondata Forza Italia ha detto che si tratta di un film in cui rivive il vero spirito del suo partito. Ci permettiamo di dissentire: Checco Zalone , anche nelle sue gags televisive prende in giro sia centrodestra che centrosinistra e fa lo stesso nel film. In questo è più furbo di gente come Benigni (al di là dei paragoni artistici) : comprende che la risata deve essere universale, perchè se ci si schiera, ride solo metà del paese. Zalone si rivolge alla gente comune, che ha bisogno di lavorare ogni giorno per poter tirare avanti. Si propone dunque come un comico per tutti, e non di parte, e la scelta lo ha ripagato. Sole a catinelle ha già incassato 45 milioni di euro in tre settimane circa, ed è uno dei films che ha incassato di più nella storia della cimenatografia italiana. Non bisogna certo scandalizzarsi. Da sempre i films comici fanno più soldi al botteghino degli altri generi: la gente ha i suoi problemi, il suo stress settimanale. Quando giunge il fine settimana vuole ridere e scordarseli.
Le battute nel film sono esorcizzanti delle paure che in molti hanno adesso. Per chi associa questo lavoro ai cinepanettoni e al genere trash degli anni '70, dichiarando tra l'altro apertamente di non averlo visto, possiamo ribattere che di volgarità qui non ce n'è molta. Solo una o due scene sono un po' di cattivo gusto, ma non si vedono donne nude e forti doppi sensi come è avvenuto in passato.
Zalone piace molto anche ai bambini per la sua fisicità e le movenze che a tratti diventano quasi da cartoon (si veda la scena ad esempio in cui mangia il cibo vegetariano). "Sole a catinelle" è un film per tutti, e il suo autore Luca Medici è uno dei pochi comici che fa davvero ridere, dati dei botteghini alla mano, tra quelli venuti alla ribalta negli ultimi 15-20 anni.
Andrea Russo
Dimenticare la crisi per poco meno di due ore. Guardare il lato positivo delle cose.
Infondere un po' di ottimismo nelle persone. E' questo l'intento di Sole a Catinelle, terzo lavoro cinematografico di Luca Medici, in arte Checco Zalone. Il suo nome deriva dall'espressione barese: "Che cozzalone!", ovvero che Tamarro. E infatti, il suo personaggio è sempre il solito giovane uomo cafone, che ha furbizia e trovate creative, ingenuo ma vitale e ottimista.
Il regista Gennaro Nunziante organizza le scene in maniera ottimale, dando il ritmo giusto agli eventi sia con le inquadrature che col montaggio, mettendo il protagonista in condizione di dare il meglio di sè stesso. Checco (si chiama così anche nel film) ha una moglie (Daniela) e un figlio, Nicolò.
Ha un lavoro fisso, ma proprio nel giorno in cui la moglie perde il lavoro, lui decide di mettersi in proprio vendendo aspirapolveri. Per un certo periodo gli va bene, e inizia a comprare molte cose a debito. Poi però la fortuna gli volta le spalle, giungono gli ufficiali giudiziari a casa per il pignoramento. Daniela, infuriata, lo lascia e lo caccia da casa. Decide dunque di andare in Molise, dove ci sono dei parenti a cui potrebbe vendere gli aspirapolveri. L'estate è cominciata e può portare con sè il piccolo Nicolò, un bambino educatissimo e intelligente, che dapprima si annoia, ma poi vivrà un'esperienza fantastica da ricordare, entusiasta, dopo il ritorno a scuola. L'incontro casuale con un ragazzo problematico e la giovane e avvenente madre francese darà una svolta alle sorti di Checco e della sua famiglia. Lei è infatti membro di una famiglia importante di industriali. Checco entra in contatto con gli ambienti dei vip, combinandone delle belle e spassandosela tra uno yacht, una partita a golf, piscine e perfino una adesione ad una loggia massonica. Lui però sotto sotto continua a pensare a sua moglie... Zalone riesce a superare sè stesso: il film è molto divertente, si ride dal primo all'ultimo fotogramma. Di certo non si tratta di una pellicola raffinata, ma quanti film comici lo sono? Ben pochi. L'effetto da dare alla battuta prevale sul realismo, la leggerezza sui dettagli. Lui è l'unico comico, in "Sole a catinelle": gli altri sono buoni attori ma con caratteristiche un po' diverse. A lui spetta il compito di far ridere, e quindi ha anche il merito di reggere le sorti del film praticamente da solo. Il personaggio di Checco è un inguaribile ottimista, e sebbene sembri avulso dalla realtà, alla fine avrà la meglio. Nel film vi è una critica, calzante, alla classe dirigente,che pensa solo ad arricchirsi non disdegnando mezzi illeciti. C'è anche una stoccata alla politica dell'austerity e dell'europeismo, che non tiene conto delle esigenze di commercianti ed imprenditori. Anche queste critiche vengono mosse con leggerezza, e la comicità di Zalone sembra spiazzante, perchè non è mai troppo a favore nè di una fazione politica, nè dell'altra. Il ministro Renato Brunetta della rifondata Forza Italia ha detto che si tratta di un film in cui rivive il vero spirito del suo partito. Ci permettiamo di dissentire: Checco Zalone , anche nelle sue gags televisive prende in giro sia centrodestra che centrosinistra e fa lo stesso nel film. In questo è più furbo di gente come Benigni (al di là dei paragoni artistici) : comprende che la risata deve essere universale, perchè se ci si schiera, ride solo metà del paese. Zalone si rivolge alla gente comune, che ha bisogno di lavorare ogni giorno per poter tirare avanti. Si propone dunque come un comico per tutti, e non di parte, e la scelta lo ha ripagato. Sole a catinelle ha già incassato 45 milioni di euro in tre settimane circa, ed è uno dei films che ha incassato di più nella storia della cimenatografia italiana. Non bisogna certo scandalizzarsi. Da sempre i films comici fanno più soldi al botteghino degli altri generi: la gente ha i suoi problemi, il suo stress settimanale. Quando giunge il fine settimana vuole ridere e scordarseli.
Le battute nel film sono esorcizzanti delle paure che in molti hanno adesso. Per chi associa questo lavoro ai cinepanettoni e al genere trash degli anni '70, dichiarando tra l'altro apertamente di non averlo visto, possiamo ribattere che di volgarità qui non ce n'è molta. Solo una o due scene sono un po' di cattivo gusto, ma non si vedono donne nude e forti doppi sensi come è avvenuto in passato.
Zalone piace molto anche ai bambini per la sua fisicità e le movenze che a tratti diventano quasi da cartoon (si veda la scena ad esempio in cui mangia il cibo vegetariano). "Sole a catinelle" è un film per tutti, e il suo autore Luca Medici è uno dei pochi comici che fa davvero ridere, dati dei botteghini alla mano, tra quelli venuti alla ribalta negli ultimi 15-20 anni.
Andrea Russo
sabato 16 novembre 2013
domenica 10 novembre 2013
I trattati di Maastricht e di Amsterdam
Tratto dal sito dell'Unione Europea
I trattati di Maastricht e di Amsterdam
Il trattato di Maastricht ha modificato i precedenti
trattati europei e ha creato un'Unione europea fondata su tre pilastri:
le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e
la cooperazione in materia di giustizia e affari interni (GAI). In vista
dell'allargamento dell'Unione, il trattato di Amsterdam ha introdotto
gli adeguamenti necessari volti a garantire un funzionamento più
efficace e democratico dell'Unione.
I. Il trattato di Maastricht
Il trattato sull'Unione europea, firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht, è entrato in vigore il 1 novembre 1993.a.Strutture dell'Unione
Con l'istituzione dell'Unione europea, il trattato di Maastricht ha segnato una nuova tappa nel processo volto a creare «un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa». L'UE era fondata sulle Comunità europee (1.1.1. e 1.1.2.) e sostenuta da politiche e forme di cooperazione previste dal trattato sull'Unione europea. L'Unione disponeva di un quadro istituzionale unico, composto dal Consiglio, dal Parlamento europeo, dalla Commissione europea, dalla Corte di giustizia e dalla Corte dei conti: essendo queste, stricto sensu, le uniche «istituzioni» dell'Unione, esse esercitavano i loro poteri in conformità delle disposizioni dei trattati. Il trattato ha istituito un Comitato economico e sociale e un Comitato delle regioni, ambedue investiti di funzioni consultive. Conformemente a quanto previsto dalle disposizioni del trattato, sono stati istituiti un Sistema europeo di banche centrali e una Banca centrale europea, che si aggiungevano alle istituzioni finanziarie esistenti del gruppo BEI, segnatamente la Banca europea per gli investimenti e il Fondo europeo d'investimento.b.Competenze dell'Unione
All'Unione creata dal trattato di Maastricht sono stati attribuiti da quest'ultimo determinati poteri, classificati in tre grandi gruppi chiamati comunemente «pilastri»: il primo «pilastro» era costituito dalle Comunità europee, nel cui quadro le competenze, che erano state oggetto di trasferimento di sovranità da parte degli Stati membri nei settori disciplinati dal trattato, erano esercitate dalle istituzioni comunitarie. Il secondo «pilastro» era formato dalla politica estera e di sicurezza comune prevista al titolo V del trattato. Il terzo «pilastro» era costituito dalla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni contemplata al titolo VI del trattato. Le disposizioni dei titoli V e VI prevedevano una cooperazione di natura intergovernativa che si avvaleva delle istituzioni comuni ed era dotata di taluni elementi sovranazionali, quali l'associazione della Commissione europea e la consultazione del Parlamento europeo.1.La Comunità europea (primo pilastro)
La Comunità aveva la missione di garantire il buon funzionamento del mercato unico e, segnatamente, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale e la parità tra uomini e donne. La Comunità perseguiva questi obiettivi, nei limiti delle competenze che le erano conferite, mediante l'introduzione del mercato comune e delle relative misure previste all'articolo 3 del trattato CE e attuando la politica economica e la politica monetaria unica di cui all'articolo 4. Le attività della Comunità dovevano rispettare il principio della proporzionalità e, nei settori che non erano di sua esclusiva competenza, il principio della sussidiarietà (articolo 5 del trattato CE).2.La politica estera e di sicurezza comune (PESC) (secondo pilastro)
L'Unione aveva il compito di stabilire e attuare, con metodi intergovernativi, una politica estera e di sicurezza comune (6.1.1.). Gli Stati membri erano tenuti a sostenere tale politica attivamente e senza riserve in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca. I suoi obiettivi erano: la difesa dei valori comuni, degli interessi fondamentali, dell'indipendenza e dell'integrità dell'Unione conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite; il rafforzamento della sicurezza dell'Unione in tutte le sue forme; la promozione della cooperazione internazionale; lo sviluppo e il consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.3.La cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (terzo pilastro)
L'Unione aveva il compito di elaborare un'azione comune in questi settori in base a metodi intergovernativi (5.12.1.), al fine di realizzare l'obiettivo di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Essa riguardava le seguenti aree:- regole sull'attraversamento delle frontiere esterne della Comunità e rafforzamento dei controlli;
- lotta al terrorismo, alla grande criminalità, al traffico di droga e alla frode internazionale;
- cooperazione giudiziaria in materia penale e civile;
- creazione di un Ufficio europeo di polizia (Europol) dotato di un sistema di scambio di informazioni tra forze di polizia nazionali;
- lotta all'immigrazione clandestina;
- politica comune in materia di asilo.
II. Il trattato di Amsterdam
Il trattato di Amsterdam che modifica il trattato sull'Unione europea e i trattati istitutivi delle Comunità europee e taluni atti connessi, firmato il 2 ottobre 1997 ad Amsterdam, è entrato in vigore il 1° maggio 1999.a.Aumento delle competenze dell'Unione
1.Comunità europea
A livello degli obiettivi, è stato posto un accento particolare su uno sviluppo equilibrato e sostenibile e un elevato livello di occupazione. È stato creato un meccanismo di coordinamento delle politiche in materia di occupazione adottate dagli Stati membri ed è stata prevista la possibilità di intervento con misure comunitarie in questo settore. L'Accordo sulla politica sociale è stato incorporato nel trattato CE con alcuni miglioramenti (eliminazione della clausola di non partecipazione «opt-out»). Il metodo comunitario si applicava da allora ad alcuni importanti settori che avevano fatto capo in precedenza al «terzo pilastro» quali l'asilo, l'immigrazione, l'attraversamento delle frontiere esterne, la lotta alla frode, la cooperazione doganale e la cooperazione giudiziaria in materia civile nonché a una parte della cooperazione Schengen, il cui acquis era stato ripreso in toto dall'UE e dalle Comunità.2.Unione europea
La cooperazione tra Stati membri nei settori della cooperazione giudiziaria penale e di polizia era stata rafforzata definendo obiettivi e compiti precisi e creando un nuovo strumento giuridico analogo a una direttiva. Gli strumenti della politica estera e di sicurezza comune sono stati sviluppati successivamente, in particolare istituendo un nuovo strumento, la strategia comune, una nuova funzione, il «Segretario generale del Consiglio Alto rappresentante per la PESC», nonché una nuova struttura, la «cellula di programmazione politica e tempestivo allarme».b.Rafforzamento del Parlamento europeo
1.Potere legislativo
Nel quadro della procedura di codecisione, che è stata estesa a 15 basi giuridiche presenti nel trattato CE, il Parlamento e il Consiglio divenivano colegislatori praticamente su un piano di parità. Con le sole eccezioni della politica agricola e della politica di concorrenza, la procedura di codecisione si applicava a tutte le aree laddove il Consiglio poteva adottare decisioni a maggioranza qualificata. In quattro casi (articoli 18, 42 e 47, nonché articolo 151 sulla politica in materia di cultura, che era rimasto immutato) la procedura di codecisione si combinava con l'esigenza di una decisione unanime del Consiglio. Le altre aree legislative soggette all'unanimità non ricadevano nel campo di applicazione della codecisione.2.Potere di controllo
Oltre al voto di approvazione della Commissione in quanto collegio, il Parlamento europeo procedeva anche, in via preliminare, a un voto di approvazione del presidente designato della futura Commissione (articolo 214).3.Elezione e statuto dei deputati
Per quanto attiene alla procedura di elezione al Parlamento europeo a suffragio universale diretto (articolo 190 CE), il potere della Comunità di adottare principi comuni si è aggiunto al potere esistente di adottare una procedura uniforme. Nello stesso articolo è stata inserita una base giuridica che consente di adottare uno statuto unico dei deputati. Tuttavia, continuava a mancare una disposizione che consentisse di adottare delle misure in vista dello sviluppo dei partiti politici a livello europeo (articolo 191).c.Cooperazione rafforzata
Per la prima volta, i trattati contenevano disposizioni generali che consentivano ad alcuni Stati membri, subordinatamente a certe condizioni, di fare ricorso alle istituzioni comuni al fine di organizzare una cooperazione rafforzata tra loro. Questa facoltà si è aggiunta ai casi di cooperazione rafforzata disciplinati da disposizioni specifiche, quali l'Unione economica e monetaria, la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e l'integrazione dell'acquis di Schengen. I settori suscettibili di essere oggetto di una cooperazione rafforzata erano il terzo pilastro e, a condizioni particolarmente restrittive, le questioni che non riguardavano una competenza comunitaria esclusiva. Le condizioni che qualsiasi cooperazione rafforzata doveva soddisfare, nonché le previste procedure decisionali, erano state elaborate in modo da garantire che questo nuovo elemento del processo di integrazione restasse una soluzione d'eccezione e potesse essere utilizzato solo per realizzare progressi in prospettiva dell'integrazione e non per compiere passi indietro.d.Semplificazione
Il trattato di Amsterdam ha eliminato dai trattati europei tutte le disposizioni che l'evoluzione dei tempi ha reso nulle o obsolete, evitando che gli effetti giuridici che derivavano da esse nel passato risultino interessati da tale soppressione. Esso prevedeva inoltre una nuova numerazione degli articoli dei trattati. Per ragioni di carattere giuridico e politico il trattato è stato siglato e sottoposto a ratifica sotto forma di emendamenti ai trattati in vigore.e.Riforme istituzionali nella prospettiva dell'allargamento
a.Il trattato di Amsterdam ha fissato a 700 (articolo 189) il numero massimo di membri del Parlamento europeo, in linea con la richiesta di quest'ultimo.
b.La composizione della Commissione e la questione della ponderazione dei voti erano oggetto di un «Protocollo sulle istituzioni» allegato al trattato. In base alle disposizioni di detto protocollo, in un'Unione allargata a un massimo di 20 Stati membri, la Commissione sarebbe composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, a condizione che, entro tale data, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio sia stata modificata. In ogni caso, almeno un anno prima dell'adesione del ventunesimo Stato membro, una nuova conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri (CIG) dovrebbe procedere a un riesame globale delle disposizioni dei trattati concernenti le istituzioni.
c.Il ricorso del Consiglio al voto a maggioranza qualificata era senza dubbio previsto in alcune basi giuridiche create ex novo dal trattato di Amsterdam. Nondimeno, tra le politiche comunitarie esistenti, solo il settore della politica di ricerca registra nuovi casi di voto a maggioranza qualificata, mentre le altre politiche esigono sempre l'unanimità.
f.Altri temi
Un protocollo fissava le procedure comunitarie per l'applicazione del principio di sussidiarietà. La trasparenza è stata rafforzata grazie a nuove disposizioni sull'accesso ai documenti (articolo 255) e a una maggiore apertura dei lavori del Consiglio in ambito legislativo (articolo 207, paragrafo 3).Ruolo del Parlamento europeo
Il Parlamento europeo era consultato prima della convocazione di una conferenza intergovernativa. Il Parlamento partecipava inoltre alle conferenze intergovernative secondo formule ad hoc; nelle ultime tre era rappresentato, a seconda dei casi, dal suo Presidente o da due dei suoi membri.Il Trattato di Lisbona in sintesi
Tratto dal sito dell'Unione Europea
Il 1° dicembre 2009 il trattato di Lisbona è entrato in vigore, mettendo fine a diversi anni di negoziati sulla riforma istituzionale.
Il trattato di Lisbona modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, senza tuttavia sostituirli. Il nuovo trattato dota l’Unione del quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle aspettative dei cittadini.
Il 1° dicembre 2009 il trattato di Lisbona è entrato in vigore, mettendo fine a diversi anni di negoziati sulla riforma istituzionale.
Il trattato di Lisbona modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, senza tuttavia sostituirli. Il nuovo trattato dota l’Unione del quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle aspettative dei cittadini.
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Un’Europa più democratica e trasparente,
che rafforza il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti
nazionali, offre ai cittadini maggiori possibilità di far sentire la
loro voce e chiarisce la ripartizione delle competenze a livello europeo
e nazionale.
- Un ruolo rafforzato per il Parlamento europeo: il Parlamento europeo, eletto direttamente dai cittadini dell’UE, è dotato di nuovi importanti poteri per quanto riguarda la legislazione e il bilancio dell’UE e gli accordi internazionali. In particolare, l’estensione della procedura di codecisione garantisce al Parlamento europeo una posizione di parità rispetto al Consiglio, dove sono rappresentati gli Stati membri, per la maggior parte degli atti legislativi europei.
- Un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali: i parlamenti nazionali possono essere maggiormente coinvolti nell’attività dell’UE, in particolare grazie ad un nuovo meccanismo per verificare che l’Unione intervenga solo quando l’azione a livello europeo risulti più efficace (principio di sussidiarietà). Questa maggiore partecipazione, insieme al potenziamento del ruolo del Parlamento europeo, accresce la legittimità ed il funzionamento democratico dell’Unione.
- Una voce più forte per i cittadini: grazie alla cosiddetta “iniziativa popolare”, un gruppo di almeno un milione di cittadini di un certo numero di Stati membri può invitare la Commissione a presentare nuove proposte.
- Ripartizione delle competenze: la categorizzazione delle competenze consente di definire in modo più preciso i rapporti tra gli Stati membri e l’Unione europea.
- Uscita dall’Unione: per la prima volta, il trattato di Lisbona riconosce espressamente agli Stati membri la possibilità di uscire dall’Unione.
-
Un’Europa più efficiente, che
semplifica i suoi metodi di lavoro e le norme di voto, si dota di
istituzioni più moderne e adeguate ad un’Unione a 27 e dispone di una
maggiore capacità di intervenire nei settori di massima priorità per
l’Unione di oggi.
- Un processo decisionale efficace ed efficiente: il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio viene esteso a nuovi ambiti politici per accelerare e rendere più efficiente il processo decisionale. A partire dal 2014, il calcolo della maggioranza qualificata si baserà sulla doppia maggioranza degli Stati membri e della popolazione, in modo da rappresentare la doppia legittimità dell’Unione. La doppia maggioranza è raggiunta quando una decisione è approvata da almeno il 55% degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell'Unione.
- Un quadro istituzionale più stabile e più semplice: il trattato di Lisbona istituisce la figura del presidente del Consiglio europeo, eletto per un mandato di due anni e mezzo, introduce un legame diretto tra l’elezione del presidente della Commissione e l’esito delle elezioni europee, prevede nuove disposizioni per la futura composizione del Parlamento europeo e stabilisce norme più chiare sulla cooperazione rafforzata e sulle disposizioni finanziarie.
- Migliorare la vita degli europei: il trattato di Lisbona migliora la capacità di azione dell’UE in diversi settori prioritari per l’Unione di oggi e per i suoi cittadini. È quanto avviene in particolare nel campo della “libertà, sicurezza e giustizia”, per affrontare problemi come la lotta al terrorismo e alla criminalità. La stessa cosa si verifica, in parte, anche in ambiti come la politica energetica, la salute pubblica, la protezione civile, i cambiamenti climatici, i servizi di interesse generale, la ricerca, lo spazio, la coesione territoriale, la politica commerciale, gli aiuti umanitari, lo sport, il turismo e la cooperazione amministrativa.
-
Un’Europa di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza,
che promuove i valori dell’Unione, integra la Carta dei diritti
fondamentali nel diritto primario europeo, prevede nuovi meccanismi di
solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei.
- Valori democratici: il trattato di Lisbona precisa e rafforza i valori e gli obiettivi sui quali l'Unione si fonda. Questi valori devono servire da punto di riferimento per i cittadini europei e dimostrare quello che l’Europa può offrire ai suoi partner nel resto del mondo.
- I diritti dei cittadini e la Carta dei diritti fondamentali: il trattato di Lisbona mantiene i diritti esistenti e ne introduce di nuovi. In particolare, garantisce le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali rendendoli giuridicamente vincolanti. Il trattato contempla diritti civili, politici, economici e sociali.
- Libertà dei cittadini europei: il trattato di Lisbona mantiene e rafforza le quattro libertà fondamentali, nonché la libertà politica, economica e sociale dei cittadini europei.
- Solidarietà tra gli Stati membri: il trattato di Lisbona dispone che l'Unione e gli Stati membri sono tenuti ad agire congiuntamente in uno spirito di solidarietà se un paese dell’UE è oggetto di un attacco terroristico o vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo. Pone inoltre l’accento sulla solidarietà nel settore energetico.
- Maggiore sicurezza per tutti: la capacità di azione dell'Unione in materia di libertà, sicurezza e giustizia viene rafforzata, consentendo di rendere più incisiva la lotta alla criminalità e al terrorismo. Anche le nuove disposizioni in materia di protezione civile, aiuti umanitari e salute pubblica contribuiscono a potenziare la capacità dell'Unione di far fronte alle minacce per la sicurezza dei cittadini.
-
Un’Europa protagonista sulla scena internazionale,
il cui ruolo viene potenziato raggruppando gli strumenti comunitari di
politica estera, per quanto riguarda sia l’elaborazione che
l’approvazione di nuove politiche. Il trattato di Lisbona permette
all'Europa di esprimere una posizione chiara nelle relazioni con i
partner a livello mondiale. Mette la potenza economica, umanitaria,
politica e diplomatica dell’Europa al servizio dei suoi interessi e
valori in tutto il mondo, pur rispettando gli interessi particolari
degli Stati membri in politica estera.
- La nuova figura di alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è anche vicepresidente della Commissione, è destinata a conferire all'azione esterna dell'UE maggiore impatto, coerenza e visibilità.
- Un nuovo servizio europeo per l’azione esterna assiste l’alto rappresentante nell’esercizio delle sue funzioni.
- La personalità giuridica unica conferita all’Unione ne rafforza il potere negoziale, potenzia ulteriormente la sua azione in ambito internazionale e la rende un partner più visibile per i paesi terzi e le organizzazioni internazionali.
- La politica europea di sicurezza e di difesa, pur conservando dispositivi decisionali speciali, agevola la cooperazione rafforzata tra un numero ristretto di Stati membri.
giovedì 7 novembre 2013
Claudio Borghi, intervista online sull'euro
Claudio Borghi Aquilini, ex dipendente della Borsa di Milano e docente universitario, espone le sue tesi sull'euro.
sabato 2 novembre 2013
Lo stato gioca ai derivati, i contribuenti pagano
Articolo tratto dal sito di "La Repubblica"
ROMA - C'è una bomba a orologeria nei conti pubblici, nel rigo dei titoli derivati. È una perdita potenziale da almeno otto miliardi di euro, pari a oltre il 25% degli strumenti di copertura di tassi e di cambio del debito che sono stati ristrutturati dal ministero del Tesoro nel solo 2012. Si tratta di derivati accesi negli anni Novanta, anche per consentire anticipazioni di cassa che permisero al governo italiano di farsi trovare pronto all'appuntamento con la valuta unica. Ma oggi, e ancor più nei prossimi anni, quel fardello del passato presenta il conto. I dati sono frutto di elaborazioni svolte con criteri di mercato, che attualizzano i flussi attesi alla scadenza di quei derivati, e si basano sui numeri ufficiali - ma non pubblici - che il dicastero fornisce periodicamente alla Corte dei Conti, con cadenza semestrale. Repubblica ha potuto consultare la relazione del Tesoro sul debito pubblico, inviata ai pubblici controllori a inizio 2013.
Sono 29 pagine, le ultime 10 sulla "Gestione delle passività e del rischio di tasso e di cambio", ottenuta di norma con coperture in derivati. Secondo un esperto funzionario del governo, la Corte li ha letti con preoccupazione, e ha voluto saperne di più. Così lo scorso aprile ha inviato la Guardia di Finanza in via XX settembre, con un mandato di esibizione di documenti in cerca delle confirmation letter, i contratti di stipula di quei derivati, che risalgono in buona parte agli anni Novanta. Finora, però, il Tesoro non ha mostrato quegli originali alle Fiamme Gialle. La Relazione è molto laconica nella descrizione dei contratti derivati oggetto di riassetto, una dozzina, tra febbraio e maggio 2012. Alla richiesta di maggiori dettagli, avanzata da Repubblica, il Tesoro non ha voluto commentare o illustrare i dati e le operazioni, ribadendo che si tratta di strumenti "plain vanilla" (nel gergo finanziario significa "semplici") che servono a perseguire l'interesse dello Stato, proteggendo il debito dai rischi di oscillazione dei cambi e dei tassi di interesse. In pratica, delle forme di assicurazione che possono tutelare il Tesoro da più gravi conseguenze, ma che hanno un costo nel caso in cui l'evento dal quale ci si protegge non si verifichi.
Anche la Corte dei Conti, da noi interpellata, si è trincerata dietro un no comment. E analogo no comment arriva anche dalla Banca centrale europea presieduta da Mario Draghi, che fu direttore generale del Tesoro tra il 1991 e il 2001, quando molti di quei derivati furono messi nero su bianco. Il documento, di cui oggi dà conto anche il Financial Times, è stato sottoposto all'analisi di provati esperti del settore, che hanno montato i numeri sui modelli matematici standard che il mercato utilizza per "prezzare" questi derivati. Sulla materia c'è scarsa trasparenza. Fonti del Tesoro la giustificano con l'opportunità di carattere strategico e commerciale. Ma chi ha letto quella relazione si è trovato davanti alla Stele di Rosetta degli swap italiani: una storia che risale agli anni Novanta, e che secondo i protagonisti delle vicende contribuì a tenere i conti del paese in dieta stretta quando si trattò di entrare in Europa con il primo treno. In attesa di maggiore trasparenza, solo dalle 10 pagine finali della Relazione si ricavano utili indicazioni. Le ristrutturazioni di contratti derivati sono una dozzina, tutte intercorse tra maggio e dicembre del 2012.
Nelle carte si spiega "lo spirito" con cui si è ritenuto opportuno riscrivere quei contratti. Si collega all'esigenza delle banche specialiste in titoli di stato (una ventina dei soliti nomi: le tre grandi italiane, le principali europee e le maggiori banche d'affari anglosassoni) di ridurre il rischio Italia, che altrimenti non avrebbero potuto sostenere in asta alle nuove emissioni del Tesoro. Quasi una pistola alla tempia, che si spiega con la fase drammatica di fine 2011, quando lo spread sul Btp era sopra ai 500 punti base e la finanza pubblica domestica in ginocchio. "Nel corso del primo semestre 2012 è stata portata avanti la strategia di ristrutturazione e semplificazione del portafoglio derivati, analogamente a quanto fatto nei semestri precedenti", si legge nel documento. Eccone il motivo: "Uno degli effetti della crisi, che ha investito sempre più anche i debiti sovrani, è stata la diffusione tra le controparti bancarie di modelli di analisi e valutazione che esprimono il rischio di default di una controparte priva di garanzia (...) ciò si traduce, per la Repubblica, in un maggior costo nell'esecuzione di una nuova operazione o di ristrutturazione di una esistente". "Rispetto alla struttura del portafoglio derivati dello stato - continua la relazione - caratterizzato da scadenze lunghe e privo di collateralizzazione, quanto descritto ha prodotto l'affermarsi di una forte correlazione inversa (e perversa) tra andamento del tratto a lunga della curva swap, valore di mercato del portafoglio e livello dei Cds italiani, con potenziali effetti negativi anche sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato". Dunque, la crisi porta le banche a presentare il conto dei vecchi derivati al Tesoro, in forma di ristrutturazioni che fanno emergere una perdita potenziale di 8.100 milioni. Un derivato è un contratto basato sul valore di mercato di uno o più beni (azioni, indici, valute, tassi d'interesse). Produce i suoi effetti alla scadenza, ma si può "prezzare" attualizzando i flussi attesi, in base all'andamento dei beni sottostanti.
Quindi gli 8 miliardi saranno pagati, con ogni probabilità, nei prossimi anni, in forma di più interessi e più debito, perché dai conteggi (elaborati ai valori del 20 giugno) emerge il deprezzamento dei flussi medi previsti a oggi. Alcuni di questi flussi stanno già producendo i loro danni sui conti pubblici, perché tutte le clausole peggiorative, con finestra temporale a oggi, sono già state esercitate dalle controparti bancarie. Solo nei prossimi anni si potrà capire se il Tesoro risparmierà qualcosa sul saldo, nell'improbabile caso in cui i movimenti degli asset su cui quei derivati si basano fossero a suo totale favore. La maggior parte delle operazioni ristrutturate riguarda interest rate swap: si tratta di derivati base, per trasformare oneri sul debito di tipo variabile in fissi, e per assicurare le casse pubbliche dal rischio di rialzo dei tassi. È una pratica normale e diffusa tra gli emittenti. Ma tutti gli swap descritti sembrano rinegoziati a un prezzo "off market", cioè non con una forte perdita iniziale per l'erario. Un'anomalia probabilmente dovuta al fatto che i contratti originari, poi revisionati, erano in realtà prestiti mascherati, che il Tesoro è oggi costretto a rimborsare a caro prezzo. Questo meccanismo, già noto agli storici dell'euro, e praticato da alcuni paesi periferici per rispettare i parametri di Maastricht, aiuta forse a comprendere come è stato possibile perdere oltre un quarto del valore nozionale sui 31 miliardi di derivati ristrutturati l'anno scorso. E getta qualche ombra sulla solidità dei conti pubblici, visto che l'Italia ha derivati per 160 miliardi, di cui un centinaio proprio in interest rate swap. L'esempio forse più anomalo riguarda la revisione dello swap su un nozionale da 3 miliardi scadenza 2036, e modificato il 1° maggio 2012.
Si tratta di un contratto degli anni Novanta, in cui Tesoro vendeva alla banca di turno una swaption, ossia l'opzione a entrare in un contratto swap dal 2016 al 2036. Su quei 3 miliardi di debito pubblico, in cambio di un anticipo di cassa ricevuto all'epoca, il Tesoro si impegnò a pagare un futuro tasso fisso del 4,652% su 3 miliardi di propri titoli, ricevendo in cambio l'interesse Euribor 6 mesi (attualmente, poco più di zero). Ma nel marzo 2012, con quattro anni di anticipo, lo Stato rinegozia quello swap, e lo trasforma in un nuovo scambio di tassi - sempre fisso contro variabile - su una scadenza inferiore (circa 6 anni) e su un controvalore triplicato a 9 miliardi. La Relazione qui si ferma. Le elaborazioni indicano che quel derivato "prima versione" aveva un valore negativo per lo Stato di 900 milioni al momento del riassetto. E un valore negativo di 1.350 milioni nella versione rinegoziata. Perché mai rinegoziare un contratto aggiungendo 450 milioni di perdite attese per l'Erario? Anzi, dal marzo 2012 a oggi quel derivato ha aumentato il valore negativo di 1.550 milioni, confermando gli assunti probabilistici secondo i quali solo nel 18% dei casi poteva generare, nel tempo, un beneficio per le casse pubbliche.
"Molti errori sono stati fatti negli anni Novanta per far entrare l'Italia nell'euro - racconta un funzionario governativo - e oggi si trasformano in più debito, nascosto dai conti ufficiali, in un'area molto grigia che al Tesoro solo poche persone sono in grado di comprendere e maneggiare". Talmente poche, le persone, che è stata notata la nomina di Vincenzo La Via a direttore generale del Tesoro, nella primavera 2012. Dopo un lungo cursus internazionale, La Via è tornato in via XX Settembre, dove aveva già operato tra il 1994 e il 2000. E dove aveva firmato alcuni di quei contratti derivati, oggi in fase di riscrittura. (26 giugno 2013)
Andrea Greco
ROMA - C'è una bomba a orologeria nei conti pubblici, nel rigo dei titoli derivati. È una perdita potenziale da almeno otto miliardi di euro, pari a oltre il 25% degli strumenti di copertura di tassi e di cambio del debito che sono stati ristrutturati dal ministero del Tesoro nel solo 2012. Si tratta di derivati accesi negli anni Novanta, anche per consentire anticipazioni di cassa che permisero al governo italiano di farsi trovare pronto all'appuntamento con la valuta unica. Ma oggi, e ancor più nei prossimi anni, quel fardello del passato presenta il conto. I dati sono frutto di elaborazioni svolte con criteri di mercato, che attualizzano i flussi attesi alla scadenza di quei derivati, e si basano sui numeri ufficiali - ma non pubblici - che il dicastero fornisce periodicamente alla Corte dei Conti, con cadenza semestrale. Repubblica ha potuto consultare la relazione del Tesoro sul debito pubblico, inviata ai pubblici controllori a inizio 2013.
Sono 29 pagine, le ultime 10 sulla "Gestione delle passività e del rischio di tasso e di cambio", ottenuta di norma con coperture in derivati. Secondo un esperto funzionario del governo, la Corte li ha letti con preoccupazione, e ha voluto saperne di più. Così lo scorso aprile ha inviato la Guardia di Finanza in via XX settembre, con un mandato di esibizione di documenti in cerca delle confirmation letter, i contratti di stipula di quei derivati, che risalgono in buona parte agli anni Novanta. Finora, però, il Tesoro non ha mostrato quegli originali alle Fiamme Gialle. La Relazione è molto laconica nella descrizione dei contratti derivati oggetto di riassetto, una dozzina, tra febbraio e maggio 2012. Alla richiesta di maggiori dettagli, avanzata da Repubblica, il Tesoro non ha voluto commentare o illustrare i dati e le operazioni, ribadendo che si tratta di strumenti "plain vanilla" (nel gergo finanziario significa "semplici") che servono a perseguire l'interesse dello Stato, proteggendo il debito dai rischi di oscillazione dei cambi e dei tassi di interesse. In pratica, delle forme di assicurazione che possono tutelare il Tesoro da più gravi conseguenze, ma che hanno un costo nel caso in cui l'evento dal quale ci si protegge non si verifichi.
Anche la Corte dei Conti, da noi interpellata, si è trincerata dietro un no comment. E analogo no comment arriva anche dalla Banca centrale europea presieduta da Mario Draghi, che fu direttore generale del Tesoro tra il 1991 e il 2001, quando molti di quei derivati furono messi nero su bianco. Il documento, di cui oggi dà conto anche il Financial Times, è stato sottoposto all'analisi di provati esperti del settore, che hanno montato i numeri sui modelli matematici standard che il mercato utilizza per "prezzare" questi derivati. Sulla materia c'è scarsa trasparenza. Fonti del Tesoro la giustificano con l'opportunità di carattere strategico e commerciale. Ma chi ha letto quella relazione si è trovato davanti alla Stele di Rosetta degli swap italiani: una storia che risale agli anni Novanta, e che secondo i protagonisti delle vicende contribuì a tenere i conti del paese in dieta stretta quando si trattò di entrare in Europa con il primo treno. In attesa di maggiore trasparenza, solo dalle 10 pagine finali della Relazione si ricavano utili indicazioni. Le ristrutturazioni di contratti derivati sono una dozzina, tutte intercorse tra maggio e dicembre del 2012.
Nelle carte si spiega "lo spirito" con cui si è ritenuto opportuno riscrivere quei contratti. Si collega all'esigenza delle banche specialiste in titoli di stato (una ventina dei soliti nomi: le tre grandi italiane, le principali europee e le maggiori banche d'affari anglosassoni) di ridurre il rischio Italia, che altrimenti non avrebbero potuto sostenere in asta alle nuove emissioni del Tesoro. Quasi una pistola alla tempia, che si spiega con la fase drammatica di fine 2011, quando lo spread sul Btp era sopra ai 500 punti base e la finanza pubblica domestica in ginocchio. "Nel corso del primo semestre 2012 è stata portata avanti la strategia di ristrutturazione e semplificazione del portafoglio derivati, analogamente a quanto fatto nei semestri precedenti", si legge nel documento. Eccone il motivo: "Uno degli effetti della crisi, che ha investito sempre più anche i debiti sovrani, è stata la diffusione tra le controparti bancarie di modelli di analisi e valutazione che esprimono il rischio di default di una controparte priva di garanzia (...) ciò si traduce, per la Repubblica, in un maggior costo nell'esecuzione di una nuova operazione o di ristrutturazione di una esistente". "Rispetto alla struttura del portafoglio derivati dello stato - continua la relazione - caratterizzato da scadenze lunghe e privo di collateralizzazione, quanto descritto ha prodotto l'affermarsi di una forte correlazione inversa (e perversa) tra andamento del tratto a lunga della curva swap, valore di mercato del portafoglio e livello dei Cds italiani, con potenziali effetti negativi anche sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato". Dunque, la crisi porta le banche a presentare il conto dei vecchi derivati al Tesoro, in forma di ristrutturazioni che fanno emergere una perdita potenziale di 8.100 milioni. Un derivato è un contratto basato sul valore di mercato di uno o più beni (azioni, indici, valute, tassi d'interesse). Produce i suoi effetti alla scadenza, ma si può "prezzare" attualizzando i flussi attesi, in base all'andamento dei beni sottostanti.
Quindi gli 8 miliardi saranno pagati, con ogni probabilità, nei prossimi anni, in forma di più interessi e più debito, perché dai conteggi (elaborati ai valori del 20 giugno) emerge il deprezzamento dei flussi medi previsti a oggi. Alcuni di questi flussi stanno già producendo i loro danni sui conti pubblici, perché tutte le clausole peggiorative, con finestra temporale a oggi, sono già state esercitate dalle controparti bancarie. Solo nei prossimi anni si potrà capire se il Tesoro risparmierà qualcosa sul saldo, nell'improbabile caso in cui i movimenti degli asset su cui quei derivati si basano fossero a suo totale favore. La maggior parte delle operazioni ristrutturate riguarda interest rate swap: si tratta di derivati base, per trasformare oneri sul debito di tipo variabile in fissi, e per assicurare le casse pubbliche dal rischio di rialzo dei tassi. È una pratica normale e diffusa tra gli emittenti. Ma tutti gli swap descritti sembrano rinegoziati a un prezzo "off market", cioè non con una forte perdita iniziale per l'erario. Un'anomalia probabilmente dovuta al fatto che i contratti originari, poi revisionati, erano in realtà prestiti mascherati, che il Tesoro è oggi costretto a rimborsare a caro prezzo. Questo meccanismo, già noto agli storici dell'euro, e praticato da alcuni paesi periferici per rispettare i parametri di Maastricht, aiuta forse a comprendere come è stato possibile perdere oltre un quarto del valore nozionale sui 31 miliardi di derivati ristrutturati l'anno scorso. E getta qualche ombra sulla solidità dei conti pubblici, visto che l'Italia ha derivati per 160 miliardi, di cui un centinaio proprio in interest rate swap. L'esempio forse più anomalo riguarda la revisione dello swap su un nozionale da 3 miliardi scadenza 2036, e modificato il 1° maggio 2012.
Si tratta di un contratto degli anni Novanta, in cui Tesoro vendeva alla banca di turno una swaption, ossia l'opzione a entrare in un contratto swap dal 2016 al 2036. Su quei 3 miliardi di debito pubblico, in cambio di un anticipo di cassa ricevuto all'epoca, il Tesoro si impegnò a pagare un futuro tasso fisso del 4,652% su 3 miliardi di propri titoli, ricevendo in cambio l'interesse Euribor 6 mesi (attualmente, poco più di zero). Ma nel marzo 2012, con quattro anni di anticipo, lo Stato rinegozia quello swap, e lo trasforma in un nuovo scambio di tassi - sempre fisso contro variabile - su una scadenza inferiore (circa 6 anni) e su un controvalore triplicato a 9 miliardi. La Relazione qui si ferma. Le elaborazioni indicano che quel derivato "prima versione" aveva un valore negativo per lo Stato di 900 milioni al momento del riassetto. E un valore negativo di 1.350 milioni nella versione rinegoziata. Perché mai rinegoziare un contratto aggiungendo 450 milioni di perdite attese per l'Erario? Anzi, dal marzo 2012 a oggi quel derivato ha aumentato il valore negativo di 1.550 milioni, confermando gli assunti probabilistici secondo i quali solo nel 18% dei casi poteva generare, nel tempo, un beneficio per le casse pubbliche.
"Molti errori sono stati fatti negli anni Novanta per far entrare l'Italia nell'euro - racconta un funzionario governativo - e oggi si trasformano in più debito, nascosto dai conti ufficiali, in un'area molto grigia che al Tesoro solo poche persone sono in grado di comprendere e maneggiare". Talmente poche, le persone, che è stata notata la nomina di Vincenzo La Via a direttore generale del Tesoro, nella primavera 2012. Dopo un lungo cursus internazionale, La Via è tornato in via XX Settembre, dove aveva già operato tra il 1994 e il 2000. E dove aveva firmato alcuni di quei contratti derivati, oggi in fase di riscrittura. (26 giugno 2013)
Andrea Greco
venerdì 1 novembre 2013
L'incredibile storia di Pasquale Caprino: dall'Italia al Kazhakistan, passando per Londra
Mi è sembrato doveroso dedicare un post a Pasquale Caprino, cantautore che ha già all'attivo concerti in tutto il mondo.
Partito da Capaccio (l'antica Paestum) per Londra, a soli 20 anni sfida il destino contro la volontà dei genitori.
Abbandona dunque l'università, suona in una cover band dei Beatles, e ottiene anche un discreto successo. Un giorno incontra una sua fan Kazaka, Dina, che gli fa sapere che suo fratello, un giovane attore locale, sta organizzando una specie di X Factor.
Pasquale decide di buttarsi in questa avventura, con la spregiudicatezza della gioventù. Prende l'aereo, senza conoscere la lingua. Partecipa al concorso e arriva secondo: da allora diventerà Son Pascal. Vive per tre mesi a casa di Anuar, il produttore-attore che ha organizzato il concorso.
Ma Anuar ha problemi anche per la propria realizzazione, perchè dopo aver fatto un film di successo, per due anni non ha più avuto introiti rilevanti.
Pascal quindi avrà altri due produttori, nella ricerca di una realizzazione economica, che, nonostante la fama, non è facile da raggiungere.
L'Italiano si ambienta subito nella realtà musicale del paese: arrangia i suoi brani con attenzione alle sonorità locali, canta in inglese e kazako, riesce a comunicare un po' a parole, un po' a gesti con i presentatori televisivi.
Gli artisti locali lo vedono come un invasore, alcuni impresari cercano di truffarlo. Sfiora anche qualche ambiente malavitoso. Per mantenersi, nonostante sia già una specie di star, suona nei matrimoni della nuova ricca borghesia kazaka.
Ora ha 27 anni, l'emittente italiana Dj Television gli ha dedicato un documentario con il quale ha raggiunto un po' di notorietà anche in Italia. Lo show business kazako è ancora allo stato embrionale e Pasquale-Son Pascal è costretto a suonare molto: non può fermarsi a riflettere, deve macinare chilometri per suonare nei posti più disparati, in Kazhakistan, in incontri con le comunità Kazhake in giro per il mondo e anche nei locali notturni di varie nazioni.
Si è tolto intanto la soddisfazione di incidere un disco con Al Bano, che da quelle parti è un idolo al contrario di gente come il compianto Frank Sinatra che, per via del passato sovietico antiamericano, lì non è mai stato pubblicizzato, tanto che nessuno lo conosce.
Il Kazhakistan è storicamente noto da noi come Cosacchistan. Tra i Cosacchi venivano reclutati soldati della guardia reale dello zar.
E' una terra selvaggia, ma è in forte espansione. Vi sono tanti poveri, tanta criminalità, ma c'è anche una fascia non irrilevante di nuovi ricchi. Il suolo nasconde immensi giacimenti di idrocarburi. In questo contesto si incontrano l'estro e il dinamismo di Pasquale-Son Pascal, e un paese che guarda al futuro con semplicità e ottimismo.