lunedì 6 maggio 2013

Anche le prostitute sono donne: storie di sfruttamento e di criminalità a Pescara

Affermare che a Pescara non vi siano ampie dimostrazioni di degrado umano e sociale, vuol dire mettersi le famose fette di prosciutto sugli occhi. Dalla disoccupazione al degrado urbanistico, dalla cementificazione all'assenza di aree verdi, dal proliferare della criminalità balcanica alla mancanza di senso civico di tanti che si ritengono nel giusto. 

 Si fa un gran parlare di "femminicidio" e di violenze subite dalle donne, e talvolta si strumentalizzano tali vicende per fare facile demagogia politica. Molte candidate alle elezioni, nei comuni come nella corsa al parlamento, hanno sbandierato la loro semplice e comunissima appartenenza al sesso debole per chiedere voti. 

Ciò avviene come se bastasse l'essere donna per calarsi nella realtà di ognuna e per capire quali sono le politiche da attuare riguardo a problemi complessi. 

Anche parecchi media nazionali interpretano la questione in modo dozzinale.

Eppure sono minoritarie le voci che parlano dei diritti delle prostitute. Spesso quando muore una lucciola sono in tanti a dire: "una di meno" o "se l'è andata a cercare". 

Eppure le signore delle "famiglie per bene" compiono cattiverie ben superiori delle ragazze di vita. Le donne hanno più o meno gli stessi difetti degli uomini. Ci sono donne sfruttatrici delle loro dipendenti, donne che seminano con la parola fior di litigi, donne che si vendono, per tutta la vita, ad un prezzo più alto delle meretrici (il cui il gioco, almeno, è a carte scoperte e di breve durata). 

"Un bel gioco dura poco": ditelo a coloro che si concedono come spose all'uomo abbiente e a chi detiene il potere, sia egli un membro della classe dirigente o un capoclan di quartiere.

E' proprio grazie all'autoindulgenza che va per la maggiore, all'appellarsi alle sfumature per cui il giusto non è mai di un solo colore, che la società utilizza di nascosto e condanna pubblicamente le donne da marciapiede.

Non conta il fatto che proprio loro sono le persone maggiormente esposte allo stupro, alle percosse, al coltello o alla pistola degli aguzzini o dei maniaci.

Quante strategie hanno provato le forze di polizia e i municipi di Pescara, Montesilvano e Silvi Marina, per arginare il fenomeno del racket, della tratta delle bianche e delle nere. 

Le leggi nazionali però vanificano tutto: non c'è una legislazione seria in materia, non si possono cacciare con il foglio di via le lucciole comunitarie, salvo alcuni casi. 



Spesso anche quando viene stabilito il rimpatrio di persone non gradite gli viene dato un foglio in cui gli si ordina di andarsene spontaneamente.

Non ci sono politiche serie per il recupero umano di ragazze che sono nate tra le difficoltà, e il cui destino era già segnato alla nascita.

 L'ipocrisia della società italiana è ispirata, anche politicamente, da una malintesa morale cattolica. Per chi crede, Gesù salvò un'adultera che stava per essere lapidata semplicemente affermando: "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra".  In più accolse nel suo cenacolo, insieme ai dodici apostoli, Maria Maddalena, una prostituta che lui aveva convertito. 

Abbassiamo dunque il nostro dito inquisitore e pensiamo ad una soluzione.

In una eventuale casa di piacere del 2013 le lavoratrici accumulano i fondi per la pensione, ricevono controlli sanitari, pagano le tasse procurando introiti stimati tra i 20 e i 50 miliardi annui per le casse dello stato, sono tutelate dagli aggressori, non sono costrette da nessuno e non lavorano per strada in condizioni di scarsa igiene. Le case d'appuntamento darebbero un colpo enorme ai delinquenti italiani e stranieri che la fanno da padroni a Pescara e girano con macchine di grossa cilindrata. 

Una città che si ritiene civile, che ha dato i natali a Gabriele D'Annunzio ed Ennio Flaiano, che ha una storia millenaria alle spalle, si ritrova alla mercè di un manipolo di protettori. Se chiudiamo gli occhi li ritroviamo con una immagine nitida. Ed eccoli i cosiddetti "magnaccia" del 2000: brutti ceffi romeni, albanesi e nigeriani, col catenaccio della bici al collo, stupidi fino al midollo, ubriaconi, balordi. Eppure vincono loro. 

E poi ci sono loro, le 16, 17 enni, 20 enni belle, sporche e cattive. Sfruttate, sono vittime che poi spesso diventano complici dei carnefici e aguzzine esse stesse delle loro compagne. Le vedi lì ai bordi delle strade, già dopo le sei della sera, e il maschio ottuso italico si sente gratificato. Ballano le loro danze con una radiolina, mimando passi di danza, un po' come Shakira, un po' come Salomè. La musica del sud est europeo spesso ha qualcosa di orientale, di arabo e di indiano al tempo stesso. 

La loro giovane età fa in modo che riescano a ridere un po' anche in queste condizioni, spendendo del tempo insieme e fornendo da vivere al venditore di porchetta notturno, che grazie a loro si procura la metà delle entrate.

Ma intanto ci sono molte presunte paladine delle donne che fondano associazioni, che si atteggiano a lady, che fanno tante moine per scalare posizioni in società con tanto fumo e poco arrosto. Si avventurano in proposte sempre più idiote, che sanno di femminismo stantio e stupidotto. 

Le donne della notte vivono una vita molto più reale di loro, e sul far della sera affilano le unghie, pronte sia all'amore che alla lotta con il prossimo uomo senza volto. 

Arriva la bella stagione, e sul confine appare un cartello che accoglie i turisti balneari: benvenuti a Pescara, capoluogo di provincia, capitale della Romania italiana. 
Andrea Russo


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