Confesso che Metti una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi, seguito cinematografico della "piece" teatrale dello stesso autore, mi da sentimenti contrastanti: non so dire precisamente se questo film mi piace o no.
Sulle prime mi infastidisce il suo gusto per l'intrigo amoroso, per la trasgressione e il vizio fini a se stessi. Inoltre sembrano autoreferenziali i discorsi sulla filosofia e sulla politica che i protagonisti intrattengono, giusto per vantarsi di avere una cultura, più che per discutere sul serio.
Eppure, ogni tanto lo riguardo, e quando lo trasmettono in tv, nonostante un certo imbarazzo che ho sulle prime, continuo a seguirlo. C'è una impostazione teatrale, surrealista, che giustifica l'evidente mostra fatta dalla telecamera dei teatri di posa, delle finte ambientazioni con cui si innesca anche un gioco di montaggio. Florinda Bolkan gira la testa e si trova in un attimo dalla terrazza di casa alla camera da letto di Ric.
Anche Tony Musante si trova improvvisamente dal camerino di un teatro ad una camera da letto. Si cambia scena ed interlocutore senza scomodarsi di dare un continuum alle vicende. Patroni Griffi crea così una dimensione surreale che fa gioco alle relazioni morbose degli attori, difficili da riscontrare nel quotidiano.
E' proprio l'inventiva nel linguaggio delle immagini, la forte personalità autoriale, i dialoghi forbiti, la qualità e il bell'aspetto degli attori, a farne secondo me un film riuscito, dopo qualche fastidio iniziale. Il valore aggiunto, però, è la splendida colonna sonora di Ennio Morricone con i soliti vocalizzi di Edda Dell'Orso.
L'intreccio si svolge tra il marito, lo scrittore Michele (Jean Luis Trintignant), la moglie (Florinda Bolkan), gli amici Giovanna (Annie Girardot) e Max (Tony Musante). A questo quartetto già gravido di intrighi sentimentali si aggiunge, per coprire la noia, lo studente contestatore, nonchè gigolò, Lino Capolicchio (Ric).
I quattro si ritrovano spesso a cena a casa di Michele, il quale sa del rapporto tra la moglie e Max. Alla ricca Giovanna piace Michele, e occasionalmente lo avrà, anche. Le tocca però il ruolo dell'amica lasciata un po' in disparte dagli interessi degli uomini in gioco, che le preferiscono Nina.
Max propone a Nina di contattare il gigolò Ric per ravvivare il rapporto. Pare che ci sia già stato tra Ric e Max un amore omosessuale, e adesso ce n'è un altro a pagamento con Nina. Si innesta un gioco di gelosie, nonostante tutti e cinque tentino talvolta di negarla.
Ric si innamora per davvero di Nina, tenta il suicidio e riesce poi ad averla tutta per sè. Si accorge lui stesso però di non reggere un rapporto di coppia. Per ricomporre la famiglia, (i protagonisti si considerano come un solo nucleo familiare, a modo loro) Michele, il più razionale di tutti e il più adatto a svolgere un ruolo di guida, risolve l'intreccio ammettendo il giovane Ric nella sua casa. Il contrasto viene così risolto, e tutti possono riprendere con rinnovata unità il gioco. Adesso è Giovanna a rischiare di essere estromessa, perchè non riscuote le attenzioni sessuali di nessuno dei tre uomini, ma fa capire che non cederà, primo perchè Michele la difende, secondo perchè lei stessa afferma: "Questa tavola per me è una zattera", ovvero lì ci sono i suoi amici, le sue opportunità di sfoggiare i suoi vezzi e la sua cultura da "parvenu" e tutto ciò che dà una ragione di essere a questo film.
"Metti una sera a cena" è un'opera che non cerca di dare messaggi veri e propri ma propone uno stile di vita alternativo e irreale basato sul vizio e sulla rottura degli schemi della coppia tradizionale.
Mi viene da pensare, a postulato di tali considerazioni, che Patroni Griffi, provenendo da un'ambiente nobiliare, ben conoscesse gli ambienti del vizio e le personalità di chi ama trastullarsi in torbidi giochi da adulti.
Andrea Russo
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