giovedì 17 marzo 2011

Italiani: 150 anni insieme, tra un passato retorico, un presente revisionista e un futuro più disincantato.


(In collaborazione con: L'Opinionista.it)
L'orgoglio di essere italiani

Tante, troppe, sono state le versioni mitologiche riguardanti le varie tappe che hanno portato all'unità d'Italia. Si scomodano ancora oggi i versi "noi siamo da secoli calpesti, derisi", cosa ormai non più vera, se mai lo fosse stata.

L'Italia oggi è molto amata praticamente dappertutto, i prodotti italiani sono sinonimo di qualità, e probabilmente ci amano di più i non italiani che noi stessi.

Riscoprire le nostre origini e la nostra storia ci fa bene, ci rende consci di essere tasselli di un percorso importante e ci responsabilizza. In qualsiasi epoca le nostre genti e il nostro territorio hanno lasciato il segno, dai fasti dell'impero romano alle storie dei santi medioevali, dall'Umanesimo al Rinascimento, dai moti risorgimentali all'età repubblicana, fino a giungere ai giorni nostri, al culmine di un sessantennio di pace che ci vede molli nella difesa di un benessere oramai consolidato.

Fatta l'italia, si sono fatti da soli anche gli italiani, sfatando le incertezze ormai remote del buon Massimo D'Azeglio: nonostante le mescolanze culturali e l'attuale era della globalizzazione, dei viaggi in aereo e dei media, rimangono alcuni tratti peculiari che sono distintivamente italiani.

La nostra spontaneità, l'esternazione dei propri sentimenti senza quel self control nordico che non ci appartiene, la religiosità anch'essa sbandierata fieramente, i legami col Vaticano che continua ad essere una guida morale e uno stato nello stato a volte ingombrante, a volte difensore di sani valori, e ancora la creatività, la capacità di affinare l'ingegno di fronte alle difficoltà, l'individualismo proiettato verso l'eccellenza, sono doti che ci appartengono e che ci invidiano in molti.

Per questo sbaglia chi dice: "la mia casa, il mio paese, la mia famiglia sono solo delle casualità, delle forzature".Siamo tutti parte di un unico contesto di regole condivise, senza le quali vi sarebbe il caos.

Certo, si combatte per cambiare anche le regole, ma se tutte le leggi vengono negate allora si è fuori di esse come degli eremiti o peggio dei delinquenti.

Un certo indirizzo del liberalismo riconosceva nelle leggi una difesa dei diritti dell'uomo, non un vincolo.

Le leggi dello stato lo proteggono (in quanto individuo e cittadino) dalla legge del più forte, smussano le diseguaglianze, contribuiscono alla parità dignità degli uomini e delle donne.

Nel contempo premiano chi è più bravo, sfatando il mito ipocrita che tutti dobbiamo avere pari valore nel nostro mestiere.

L'Italia è unita, da 150 anni. Poco importa se qualche ignorante vorrebbe dividerla, e si metta il cuore in pace: oggi stia pure a casa a mangiarsi le unghie, mentre i tricolori sventolano colorando le strade allegramente di verde, di bianco e di rosso.

Studiamo la storia vera, non la retorica.
E' consegnato alla storia, ormai, il fatto che Garibaldi non fosse solo un eroe, ma anche uno sterminatore, durante e dopo l'unificazione, di popolazioni che si ribellavano all'unificazione.

Era un processo inarrestabile, di fronte ad una corona Savoia intraprendente e scaltra, ed a potentati meridionali di origine spagnola che mostravano il segno dei tempi.

E' giusto seguire la storia come ce la descrivono gli attenti revisionisti, che fanno notare come il sud pre-unitario fosse più ricco del nord e che conoscesse più fenomeni di immigrazione che di emigrazione.

Sarebbero da strappare, come ordinava l'insegnante Robin Williams ne "L'attimo fuggente", quei libri che ci descrivono sbrigativamente le vicende di 1000 uomini che sbarcano in Sicilia e in quattro e quattr'otto "liberano" il popolo del sud, non si sa bene da cosa.

Si è trattato di un'invasione di uno stato da parte di un altro stato, di un sopruso, un male che ha avuto anche effetti positivi. E se è vero che molti soldi del nord sono stati buttati al vento per risollevare il sud, è anche vero che, dopo l'unità d'Italia, il sud è stato spogliato delle sue risorse umane e materiali.

Il presente e il futuro: più orgogliosi di essere noi stessi
Poco importano ormai le dispute campanilistiche: siamo uniti, un'unità geopolitica forte, capace ancora di farsi rispettare internazionalmente, e, a dispetto di persone che prima di parlare dovrebbero informarsi meglio, un popolo efficiente nei vari campi lavorativi.

Vadano, questi menagrami , a vivere in Inghilterra, e vedano come funziona lì la macchina burocratica, la pulizia delle strade, lo spargisale mancante nei lunghi mesi di neve, i trasporti urbani scadenti.

Facciano un confronto, con animo sereno, andando però sul posto, non basandosi sulle congetture che si fanno guardando la tv, con qualsiasi altro stato industrializzato, mettendo sul bilancino qualità della vita, dell'ambiente, del cibo, del paesaggio, delle infrastrutture e del lavoro.

Non sfiguriamo davanti a nessuno, ricordiamocelo. Cerchiamo di capirlo nel momento in cui, invece di piangerci addosso, facciamo qualcosa per noi stessi e per il nostro paese. Il punto di partenza è infatti: essere orgogliosi di noi stessi. Buona italia a tutti voi, cari concittadini, da un italiano qualunque.
Andrea Russo

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