Articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 3 Aprile 1976
MILANO-Una serie di gravi episodi di violenza e intimidazione sono avvenuti ieri sera al Palalido, allo spettacolo serale del cantautore Francesco De Gregori, che dopo essere stato più volte interrotto,e dopo che un gruppo di giovani aveva invaso il palco, è stato costretto ad uscire dal camerino dove si era ritirato alla fine del concerto, e a salire sul palco. Subito è stato sottoposto a un vero e proprio processo politico perchè accusato di percepire cachets troppo alti e di non destinarli alle lotte dei lavoratori. Un gruppo di giovani, alcuni dei quali hanno dichiarato di appartenere al sedicente movimento di "autonomia operaia", lo ha sottoposto a una serie di pesanti accuse e ingiurie, invitandolo tra l'altro a "suicidarsi subito, seguendo l'esempio di Majakovski", De Gregori è infine riuscito a raggiungere il camerino. "Forse non canterò mai più" ha dichiarato. Gli organizzatori da parte loro hanno comunicato che la lunga tournée del cantautore, iniziata l'altra sera a Pavia, è stata annullata. De Gregori si era esibito una prima volta nel pomeriggio davanti al "suo" pubblico (età media 16 anni) che non era mancato all'appuntamento con il mostro sacro della nuova canzone italiana, ma non aveva manifestato eccessivo entusiasmo per la più recente produzione del cantautore (Bufalo Bill, Disastro aereo sul Canale di Sicilia ecc.). Per la serata il Palalido era esaurito. Alle 21 gli organizzatori aprivano i cancelli e decidevano di far entrare gratis coloro che erano rimasti fuori (oltre un migliaio di giovani), proprio nel momento stesso in cui costoro si apprestavano a sfondare. Con la stessa tecnica con la quale circa due anni fa era stato interrotto il concerto dell'astro del rock decadente Lou Reed, un gruppo di giovani in formazione ha preso posizione dietro il palco, gratificando De Gregori con ingiurie e accusandolo di speculare con le canzoni politiche. Poco più tardi alcuni elementi, staccatisi dalla formazione principale, prendevano possesso del palco e, impadronitisi del microfono, leggevano, fra la confusione generale, un comunicato contro l'arresto, avvenuto a Padova, di un militante della sinistra extraparlamentare. Il concerto riprendeva in un clima di tensione, mentre fra il pubblico alcuni provocatori, gridando che "in sala ci sono più fascisti che compagni", scatenava la caccia al fascista che per fortuna si concludeva con qualche scazzottatura e senza gravi conseguenze. Venti minuti di interruzione e l'esibizione riprendeva. Verso le 22.30 circa, Francesco De Gregori concludeva fortunosamente il concerto e si ritirava. Un gruppo di facinorosi prende a questo punto d'assedio il camerino, "Esci - gli gridano - torna sul palco a parlare con noi o sfasciamo tutto", Le maschere e il servizio d'ordine cercano di arginare l'assalto, ma inutilmente. Dopo qualche minuto De Gregori esce. Al microfono si alternano volti lombrosiani e giovani che sembrano colti da raptus isterico. "Suona per i lavoratori, non ti mettere in tasca i soldi". "Quanto hai preso stasera?" urla un giovane. "Credo un milione e due... - sussurra con un filo di voce De Gregori -, ma poi c'è la SIAE...". "Se sei un compagno, non a parole ma a fatti, lascia qui l'incasso", ribattono. Prende la parola un uomo con la barba bianca, d'età indefinibile: "La rivoluzione non si fa con la musica. Prima si fa la rivoluzione, poi si potrà pensare alle arti o alla musica. Lo diceva anche Majakovski che era un vero rivoluzionario e si è suicidato. Suicidati anche tu!". De Gregori ascolta pallido e silenzioso. Con scarsa convinzione mormora al microfono: "Forse sono una vittima dell'industria...". La delirante farsa del "processo" continua: "Va a fare l'operaio e suona la sera a casa tua". Alcune ragazze piangono, altri oratori continuano sullo stile dei precedenti accusando tutti i presenti che han pagato l'ingresso di essere "una massa di c...". De Gregori riesce a raggiungere il camerino. Appare distrutto e conclude: "Non canterò mai più in pubblico. Stasera mancava solo l'olio di ricino, poi la scena sarebbe stata completa".
Mario Luzzatto Fegiz
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