Quasi cinquant'anni di Governo democristiano (di cui una trentina con i socialisti) hanno lasciato il segno.
Una impostazione troppo statalista ha gravato la burocrazia di milioni di dipendenti pubblici.
Le pensioni baby hanno fatto in modo che donne con 14 anni e mezzo di lavoro e due figli potessero già andare in pensione.
Enti inutili, fungenti solo da pretesto per collocare persone rientranti nelle grazie dei politici, hanno fatto il resto.
Alcuni mostri dalla cattiva gestione, come l'Alitalia, l'Iri, le Ferrovie dello stato hanno sperperato miliardi e miliardi.
Opere pubbliche mai realizzate o inutilizzate, cattive gestioni della cosa pubblica, appropriazioni illegittime, e tante altre forme di abuso, hanno fatto in modo che quando siamo stati sul punto di entrare nella costituenda Unione Europea, i governanti, da Amato in poi, hanno dovuto risanare il debito pubblico a suon di tasse.
Questo aumento della pressione fiscale si è andato ad aggiungere ad una tassazione che già non era bassa.
Non si può nemmeno dire, però, che tutti i soldi vadano sprecati, visto che abbiamo ad esempio un sistema sanitario che garantisce medicine costose gratis o a pochi euro per i cittadini, e gli ospedali pubblici , nonostante i difetti normali in ogni apparato così elefantiaco, vantano tante risorse professionali e strutturali che fanno la loro parte.
Privatizzare non vuol dire togliere dei servizi ai cittadini.
Personalmente, ritengo che le privatizzazioni di enti statali non siano una cosa negativa.
Un vecchio detto dice: "L'occhio del padrone ingrassa il cavallo".
Nelle strutture private c'è maggiore efficienza e controllo sul personale, e gli sprechi vengono ridotti al minimo. Con le privatizzazioni la spesa pubblica si riduce, e questo consentirebbe allo stato di abbassare le tasse.
D'altro canto, c'è meno spazio, per i politici, per mettere le mani su fondi e su beni che non sarebbero più sotto il loro controllo.
La privatizzazione di una parte del settore pubblico, quindi, può essere una cosa molto positiva, a patto che il costo dei servizi offerti ai cittadini resti basso e che l'affidamento delle risorse statali ai privati venga attuato senza criteri di favoritismo, privilegiando invece chi ha la capacità di far funzionare meglio un determinato servizio.
Pagare le tasse è giusto, ma nella giusta misura
Per ogni litro di benzina paghiamo all'incirca un euro e trenta centesimi. Di questa cifra buona parte sono tasse, e di queste tasse alcune, equivalenti a 25 centesimi, sono assolutamente ingiustificate, perchè servirono a coprire spese che adesso non esistono più.
Questo è solo un esempio di come lo stato appaia non come un ente "super partes" che ridistribuisce le risorse per il bene della collettività, ma come un enorme polipo che allunga i suoi tentacoli fin dove può.
I contribuenti non pagano solo l'Irpef: pagano, ad esempio, l'Iva. Ciò vuol dire che su ogni cosa che acquistiamo, e su buona parte dei servizi privati che paghiamo, grava una tassa del 20 % circa che viene dato allo stato.
Una miriade di imposte va nelle casse dello stato centrale e degli enti locali, come L'ici, la Tarsu, (ai comuni),la tassa di successione, le tasse sulle rendite, e centinaia di tasse di vario genere, tra cui tante imposte indirette, come la già citata iva, quelle sulla benzina, sugli alcolici e le carte bollate.
I cittadini si ritrovano ad avere a che fare con uno stato di stampo Aragonese dunque.
Se i napoletani reagirono alle gabelle con la rivolta di Masaniello, gli italiani di oggi scelgono un metodo di ribellione più silenzioso: quando possono evadono, e non solo per arricchirsi, ma per sopravvivere.
Ipocrisia dei governanti: abbassare le tasse non vuol dire ridurre i servizi, se gli sprechi vengono eliminati
E' possibile abbassare le tasse, senza per questo ridurre i servizi ai cittadini.
Innanzitutto bisogna riorganizzare in maniera efficiente gli uffici pubblici: meno scartoffie e prassi burocratiche, più responsabilità ai singoli funzionari e impiegati, e misure dure contro i fannulloni che scaldano le sedie e che non producono.
E per cortesia, non diamo solo la colpa ai politici: quanti di noi chiedono a loro favori, e devono a loro il posto di lavoro? Abbiamo tutti la coscienza a posto?