15 500 verbali in un mese su un totale di 120000 abitanti.
Con limiti di 30 all'ora in discesa. Il Comune stracci le multe: in qualità di creditore, può farlo. E magari chieda scusa.
Piove in questi giorni su Pescara. Dopo un anticipo di primavera avanzata, con temperature quasi da spiaggia, la Natura si è ripresa il suo spazio e ha bilanciato i conti.
L'ultimo colpo di coda dell'inverno è tornato, quasi come se fosse per legge o come qualcosa che non si può evitare.
Ormai i cittadini Italiani e Pescaresi sono già abituati ad alcuni colpi che non si possono evitare.
E con furbizia Mefistofelica sorgono divieti surrettizi e un senso del rispetto delle regole che maschera il desiderio di fare cassa. Non si contano ormai le restrizioni alla libertà e alla circolazione degli esseri umani.
La regola e la legge diventano non più misure per difendere i cittadini ma scuse sottili per vessarli.
La scena video ridicola in cui due poliziotti rincorrevano un podista solitario con tanto di mascherina in una spiaggia deserta, per intenderci, è avvenuta a Pescara.
E cosa potremmo dire altrimenti dei limiti di velocità imposti a 30 kmh su strade in discesa, dove la multa con i dispositivi elettronici scatta anche solo a 32kmh, almeno stando ai racconti dei multati? É notizia recente quella delle 15 500 multe dal 22 Febbraio al 28 Marzo, nella città del Vate, su un totale di 119.455 abitanti (dati di un censimento recente).
Tolti i bambini e coloro che non guidano l'automobile, giungiamo ad una proporzione di un cittadino multato su cinque.
Come potremmo descrivere questo capolavoro di cattiveria?
Come dorme chi lo ha ideato?
E qual è il ruolo ormai dei corpi di polizia locale? Servono essi la legge, l'ordine o le casse comunali?
Pescara è una città basata sul commercio, già provata dalle recessioni degli ultimi decenni, dall'euro e dalla crisi del 2008 (da cui non ci siamo mai ripresi).
É giunta poi la pandemia che si è abbattuta come una alluvione divina sui nostri crani e specificamente sulle fronti degli esercenti.
Non è retorica.
I commercianti oggi chiudono, si suicidano, sono ridotti alla fame, non sono spesso in grado di provvedere ai bisogni delle proprie famiglie. Già gabelle dalle reminiscenze Aragonesi e assurde li affliggevano: tasse sull'ombra (sulle tende per l'esattezza) sull'insegna, sulla tv presente in negozio e chi più ne ha piú ne metta.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Pescara era un tempo una città ariosa, con poche automobili, case in stile liberty generalmente non più alte di due o tre piani, strade ampie e viali alberati.
Era un posto che produceva bellezza.
"La pioggia nel Pineto" appena citata, scritta dal Pescarese D'Annunzio si riferiva ad altri luoghi ma potrebbe essere stata ambientata tranquillamente nelle distese di pini aghiformi che abbondavano all'epoca.
Ora la pioggia che cade a tratti in questi giorni è una doccia che nasconde le lacrime;
è il tentativo di un lavaggio impietoso dei nostri peccati e delle nostre miserie.
L'economia è al collasso, in tanti fanno la fila alla mensa dei poveri, altri si trincerano dietro una dignitosa apparenza.
Il Comune di Pescara faccia un passo indietro e ammetta l'errore. Se servono soldi si riducano i compensi dei politici e di tutto ciò che direttamente o indirettamente ruota attorno all'incarico pubblico, incluse le consulenze inutili, quelle eventuali, quelle presenti e quelle future.
Il Comune è alla stregua di un cittadino; è un soggetto giuridico che vanta crediti.
In quanto creditore, può stracciare le multe e rinunciare a riscuoterle.
Le annulli. Le cancelli. Ponga rimedio e non lo faccia più. Metta una toppa a colore a questo cappotto vergognosamente logoro. Possibilmente, con un gesto di intelligenza, chieda anche scusa, senza se e senza ma.
Questo smacco, questa indecente offesa ai cittadini fa bene il paio con il bagno fatto fare dal precedente sindaco nei liquami.
Alcuni anni fa, precisamente il 27 Luglio 2015, si ruppero alcune condutture, che sversarono nell'arco di tre giorni nel fiume 25000 metri cubi di liquami ed escrementi. Alcuni tecnici incaricati versarono 350 litri di acido peracetico "Oxy Strong" per sciogliere tale materiale organico.
Morale: il fiume è vicino alla spiaggia e i bagnanti nuotarono nelle feci e nell'acido. Il Primo Cittadino di allora ammise di aver taciuto l'emergenza e di non aver imposto il divieto di balneazione in tempo.
Per me questi episodi (quello delle 15 500 multe in un mese e quello del bagno nella m.) pari sono, a fronte di una classe politica di tutti gli schieramenti le cui azioni si rivelano inadeguate e provinciali.
Che il Cielo protegga Pescara, che la pioggia la depuri, che il sole le dia un sorriso e la asciughi.
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