martedì 10 settembre 2013
Una guerra e 1\2 per il pacifista Obama
(Nella foto: Obama ospite del presentatore David Letterman)
Quando Barack Obama entrò in carica per la prima volta nel 2009, i laburisti di mezzo mondo lo hanno acclamato come il loro faro e la nuova guida verso un mondo migliore.
Già quando era in lizza per le primarie con Hillary Clinton in molti si esaltarono semplicemente ascoltando i suoi discorsi. Un po' di retorica bastò a convincerli della sua validità. Nessuno, fuori dagli Stati Uniti, lo conosceva prima di allora.
Nella carriera politica precedente non è che avesse fatto tutto questo granchè. Era un avvocato divenuto senatore. Stop. Nessuna battaglia memorabile, nessuna massa di cittadini condotta verso nuove prospettive, come Martin Luther King.
Il fatto di essere di colore doveva bastare, per alcuni, per parlare di novità.
E se è vero che è un bene avere per la prima volta un presidente di origini africane, per abbattere vecchi tabù, è bene senz'altro che questo presidente di colore sia anche bravo.
Francamente, questa bravura, questa eccezionalità, questo cambiamento, ovvero la parola "change" con cui a mò di slogan vinse le prime elezioni presidenziali, non si sono visti.
Criticò Bush e le sue guerre. Bene: ha mosso guerra alla Libia, ed è in procinto di attaccare la Siria.
Aveva detto che avrebbe chiuso le carceri dove si perpetuano le torture ai prigionieri di guerra, a Guantanamo e ad Abu Ghraib.
Non è avvenuto.
Aveva promesso l'assicurazione medica garantita ai più poveri e maggiore giustizia sociale. Il primo punto è stato raggiunto, il secondo no.
Ha detto più volte di voler mandare via i militari americani dall'Iraq e dall'Afghanistan. Non è successo.
Ha ricevuto il premio Nobel per la pace e sta per intraprendere la sua seconda guerra. Bisogna ammettere che questa svista, però, è da ascrivere all'accademia dei professori che assegnano annualmente tale premio. Per loro anche Gorbaciov ed Ahrafat erano pacifisti e li hanno insigniti di tale premio. Diciamolo: questi cattedratici non hanno proprio un occhio di lince.
Diciamola tutta fino in fondo: Barack Obama, come gli altri presidenti non solo degli Stati Uniti, è lì perchè supportato economicamente da forti gruppi di potere, ai quali deve dare indietro qualcosa.
Non ha potuto fare niente per limitare l'uso delle armi negli States perchè c'è una potente lobby dietro questo commercio.
Non ha svolto una particolare politica di rilancio economico, lasciando che il mercato si assestasse da solo.
E' un presidente nella media, per la storia degli States, non particolarmente brillante, impacciato nel gestire le questioni Gheddafi ed Assad.
La ciliegina sulla torta è stata la cattura ed uccisione di Bin Laden senza prove: niente foto, nessun riscontro per dimostrare che ciò è avvenuto. La soap opera è stata condita anche dalle foto di Obama che segue il blitz via satellite nel presunto palazzo di Bin Laden, e, (ma guarda un po'!) sul più bello la tv si oscura anche per lui.
Forse perchè non c'era niente di vero da vedere?
Questo per ora non possiamo saperlo, ma i dubbi sono legittimi. La presunta uccisione del nemico era una interessante pubblicità per la sua amministrazione.
Il bilancio è magro e l'ipocrisia di Obama è palpabile: è un pacifista divenuto rapidamente guerrafondaio che non incide nè in politica interna nè all'estero.
Senza contare poi i veti degli ultimi giorni ricevuti in sede Onu all'attacco in Siria. Senza menzionare poi le intercettazioni che Obama ha disposto nei confronti di politici e cittadini di mezzo mondo e che poi sono state rivelate dagli hackers.
Obama è ormai bocciato e passerà alla storia come un presidente piuttosto anonimo che non è andato oltre una normale amministrazione, senza infamia e senza lode, degli affari interni.
Andrea Russo
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