Tante, troppe volte, si dice: "questo è un momento difficile, c'è la crisi economica, c'è corruzione, c'è violenza nelle strade... tutto o quasi tutto funziona peggio". Voglio essere provocatorio allora: non c'è la crisi, e la gente, in generale, vive bene, mangia e beve, veste con vestiti firmati, ha tanti comforts. In Italia c'è uno sviluppo sociale ed economico invidiabile.
Certo, se facciamo il confronto con la situazione di venti o trent'anni fa, possiamo dire che il benessere è diminuito. Se però questa comparazione la estendiamo alla maggior parte dei paesi nel mondo, e ad altre epoche storiche, non c'è paragone che tenga. Tante cose che oggi diamo per acquisite e scontate un tempo non lo erano.
Chi è nato alla fine dell'ottocento e agli inizi del novecento ha vissuto due guerre e situazioni di indigenza molto estreme. Eppure queste persone non si lamentavano come si fa adesso, non si suicidavano se perdevano il lavoro.
Oggi in molti tolgono la vita a sè stessi e ai propri cari perchè la propria azienda è fallita. Nulla conta per loro il fatto di rimanere con una casa di proprietà e dei parenti pronti a dare una mano. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non finirebbero sotto un ponte, nè morirebbero di fame. E anche se finissero come barboni, la vita va vissuta comunque.
Facciamo le vittime, ma non muoviamo un dito
Spesso diamo la colpa a fattori esterni per le nostre sconfitte. E' colpa di nostro padre che ci ha impartito una educazione repressiva, della crisi economica, dei nostri politici corrotti: Mai o quasi mai ci facciamo una seria analisi di coscienza. I politici sono espressione di un paese. Se migliorano i singoli, migliora anche la classe dirigente. Se lo spirito di un popolo si rafforza, maggiore è il coraggio del nocchiero che guida la nave.
C'è chi parla male del proprio paese e chi fa qualcosa per renderlo migliore
Mi è capitato di ascoltare su youtube un professore di economia, che si vanta di essere stato uno degli autori dello statuto dei DS, antesignani del Partito Democratico.
Ebbene, avrei voluto essere un maestro dei primi anni '50, quando le punizioni corporali erano ancora consentite. Gli avrei preso un orecchio e lo avrei messo in punizione dietro la lavagna, in ginocchio sui ceci, con cappello conico degli asinelli.
Tutto questo non tanto per le sue simpatie politiche, quanto per il senso di disfattismo che emanava il suo discorso: ci dobbiamo genuflettere, secondo lui, di fronte agli altri stati europei, perchè tutti sono migliori di noi. Poi ridacchiando, ha detto un'altra bestialità: "Il nostro tessuto industriale sta andando in declino. Ma perchè, un paese come il nostro aveva le capacità di mantenere una industria degna di questo nome?" Nemmeno fossimo il peggiore paese africano vittima di lotte tribali , fame, analfabetismo e guerre civili. Si può contare su persone del genere per formare le future classi dirigenti? Che insegnamento dà questo professore universitario ai suoi studenti?
Se si ragiona da perdenti, si sarà perdenti.
Il nostro paese è capace di mostrare sinceri slanci di ammirazione: per la nostra cultura, la nostra cucina, per la nostra creatività, e anche per alcune realtà imprenditoriali di successo. La Ferrari, la Lamborghini, la Maserati sono nate qui. I migliori attori di Hollywood hanno origini italiane. Sono i più amati, quelli con più carisma. Potrei andare avanti con gli esempi per ore. Eppure, dalle parole di molti, si evince un disfattismo, un disprezzo per chi sta intorno, e indirettamente, anche per sè stessi. Questo sentimento mi sembra che ci sia sempre stato, negli ultimi decenni, anche quando ci sono cose che funzionano.
C'è sempre una sottovalutazione delle proprie capacità, una voglia di farsi del male del tutto gratuita. L'esempio più spicciolo ma più calzante e sintetico sono i nostri allenatori che tengono fuori i talenti: Mazzola e Rivera non potevano giocare assieme, Zola e Di Canio venivano ignorati, e altri calciatori dai piedi buoni hanno dovuto stare ai margini per far posto ai tatticismi cervellotici del mister di turno. Mai che la Nazionale giochi a briglie sciolte, con un 4-3-3 semplice e spregiudicato. Il nostro paese è un po' come i suoi commissari tecnici: pauroso, anziano, senza la capacità di rischiare. Non si fa posto ai giovani, con il risultato che non si fanno figli, la popolazione invecchia sempre più, e si sarà costretti a lavorare fino a 70 anni e forse oltre perchè il sistema si tenga in equilibrio.
Eppure la medicina è semplice: essere ambiziosi, fare ognuno nel suo piccolo qualcosa per fare un passo avanti, non aspettare che i politici cambino le cose.
Soprattutto dobbiamo perdere lo spirito polemico e negativo che ci anima, farci ossessionare meno dalla politica, vivere la vita con più leggerezza.
Una volta eravamo poveri ma il futuro non ci faceva paura, e affrontavamo i disagi come se fosse niente. Ora invece che decisioni prendiamo? Vogliamo cambiare le cose o trastullarci per ore su internet?
Andrea Russo
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi un commento. Il tuo commento verrà filtrato e pubblicato quanto prima. Grazie!