mercoledì 9 maggio 2012

I Sardi votano contro la casta e gli sprechi

(Fonte: ilmessaggero.it, autore: Vincenzo Sassu)
In quelli che in tanti hanno definito il referendum “anti casta” i sardi si sono espressi in maniera chiara, netta, senza ambiguità. I timori del primo pomeriggio di domenica, quando l’affluenza era ancora piuttostobassa, sono stati allontanati da una partecipazione che, in serata, ha raggiunto cifre record, con uno straordinario recupero di 11 punti nelle ultime tre ore di voto. I numeri non danno adito a dubbi: oltre 525 mila sardi si sono recati alle urne, il 35,5% degli aventi diritto (quorum del 33,3%) per rispondere ai dieci quesiti proposti. Decisivo, in tal senso, è stato il ruolo del web e, in particolare dei social media, su cui sono nati gruppi pro-referendum che hanno stimolato il dibattito sulla sua importanza.


La consultazione, destinata ad avere un peso anche a livello nazionale, e promossa da un movimento trasversale guidato dal partito dei Riformatori, appoggiato da 120 sindaci di ogni parte dell'Isola, ha visto i sardi pronunciarsi a larghissima maggioranza (97%) per l’abrogazione della legge che, nel 2001, istituì quattro nuove province (Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra), e a titolo consultivo (non vincolante) per l’abolizione, anche se in percentuale minore (66%), di quelle cosiddette “storiche”: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano.


Una valanga di sì anche per il quesito abrogativo sul taglio delle indennità ai consiglieri regionali (97%), e per gli altri quattro, di natura consultiva, relativi invece alla riscrittura dello Statuto autonomistico con l’istituzione di un’Assemblea costituente (94%), al taglio da 80 a 50 del numero dei componenti del Parlamento sardo (98%), all’elezione diretta del presidente della Regione attraverso lo strumento delle primarie (97%) e all’abolizione dei Consigli di amministrazione degli enti regionali (97%).


Le Province interessate dalla consultazione non sembrano però rassegnarsi e promettono battaglia, guidate da Roberto Deriu (Pd), presidente dell’Ups, l’Unione delle Province sarde, che denuncia l’apertura di «un pericoloso vuoto politico e amministrativo, un'incertezza giuridica che rischia di portare l’Isola nel caos», appoggiato da Fedele Sanciu, deputato Pdl e presidente della Provincia Olbia-Tempio, una delle quattro interessate dal referendum abrogativo, dove l'astensione ha superato il 70%: «Un'indicazione ben precisa – dichiara – a conferma di come la nostra identità, consolidata anche dal punto vista amministrativo, deve restare intatta». Di tutt’altra natura è stata invece la reazione di Salvatore Cherchi (Pd), presidente della “nuova” Provincia Carbonia-Inglesias, che ha deciso di dimettersi, rispettando «l'esito regionale del referendum».


Ad accogliere positivamente l’esito di una consultazione, dove i votanti si sono pronunciati contro gli sprechi e i privilegi della politica, temi caldi al centro del dibattito nazionale, ci sono, tra gli altri, Mauro Libè deputato dell’Udc che invita la «politica a non ignorare il voto», abolendo le province «nel senso del risparmio e della riorganizzazione della macchina dello Stato» e Mario Segni. Il padre del referendum del 1991 relativo alla preferenza unica, difende, in una nota, lo strumento referendario da chi vorrebbe cancellarlo e, rivolgendosi direttamente ai segretari dei partiti nazionali «che hanno una gran voglia di cancellare le riforme votate dai cittadini e di tornare al vecchio proporzionale», aggiunge come esista «un popolo che giudica» non «disposto a farsi trascinare sulla via della Grecia».

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