giovedì 26 febbraio 2009

Attualità. Più ronde cittadine o più carceri?


Ci sono degli stranieri che passeggiano divertiti nelle nostre città.
Passa una macchina della polizia con il colore blu.
La polizia, dice lo straniero. Sì, la polizia, gli risponde l'amico italiano.
Passa un'altra vettura, dei Carabinieri, nera e con qualche traccia di rosso.
E quella cos'è? si chiede lo straniero. Un altro tipo di polizia, risponde l'italiano.
Passano poi i vigili urbani e la guardia di Finanza.
Il nostro ospite si chiederà seriamente perchè in Italia servano ben 4 tipi di polizia.
Io stesso non so a chi di preciso, facciano capo organi come la Guardia Costiera e la Polizia penitenziaria.

In sintesi, con questo preambolo voglio solo affermare questo: In Italia vi è una presenza enorme e capillare di forze di polizia di vario genere.

E' davvero necessario creare ronde di cittadini per difenderci?
Ronde che andrebbero addestrate, e che potrebbero trovarsi a mal partito di fronte a criminali armati.

Cosa faranno quando rileveranno una violenza in corso? Aggrediranno l'aggressore? Spareranno anche loro, per difendersi, se il malvivente estrae la pistola?

Dire che le ronde non faranno i giustizieri è un'ipocrisia.

Qual'è il vero deterrente alla riduzione dei crimini in Italia?
Le nostre leggi buoniste, dico io.
Fino a due anni di reclusione è applicabile la condizionale, per cui il malvivente in quel caso spesso non va in carcere.

Con l'indulto vengono abbuonati tre anni di reclusione.
Oltre all'indulto, altre misure, come amnistie, sconti di pena, esenzioni per condannati troppo anziani, fanno sì che la giustizia sia una cosa poco seria in Italia.

E' successo in passato che dei mafiosi sono stati liberati per vizi di forma nei processi. In altri casi, la lunghezza dei processi ha fatto cadere in prescrizione i loro reati.
Vi sono altri casi in cui persone in attesa di giudizio sono state messe in condizione di scappare all'estero.
In altri casi immigrati clandestini, scoperti senza requisiti per rimanere in Italia, sono stati colpiti da un ordine di espulsione senza che questo venisse applicato dalle forze dell'ordine in maniera coatta.

Carceri

Apprendo da alcuni dati ufficiali che i detenuti in Italia siano poco pù di 50 000, mentre le nostre 200 carceri ne possono contenere 45 000 circa.
Di questi 50-60 000 detenuti 25 .000 sono in attesa di una sentenza defnitiva.
Sono dunque meno di 30 000 i detenuti condannati effettivamente per un crimine accertato.
Molto pochi, visto che viviamo in paese di 60 milioni di persone, con i problemi di criminalità che ben conosciamo.

I politici non vogliono utilizzare i soldi statali per costruire carceri e investire nella rieducazione dei deteuti.
Questa è la verità.

Si inventano allora, da decenni, indulti, amnistie, sconti di pena, concessioni della grazia a delinquenti incalliti.
Il criminale va in carcere, ne esce ancora più incattivito dopo poco tempo, e reitera i suoi reati per tante volte.
Il problema non è quindi solo il numero dei criminali e la loro provenienza, ma la possibilità che generosamente gli viene concessa di ripetere le loro malefatte. Entrano ed escono, in quel fantastico albergo che sono le prigioni italiane.



Alice l'ADSL di Telecom Italia

Politica nazionale- Veltroni lascia, ma è una sconfitta per tutti

Adesso i colonnelli del partito-accozzaglia saranno contenti. Hanno fatto fuori il leader da loro stessi eletto pochi mesi prima.
Sin dall'inizio, non gli hanno dato modo di creare un piano organico di creazione e ristrutturazone di una coalizione priva di guida e coesione.

L'equilibrismo di far coincidere il postcomunismo, il socialismo, il cattolicesimo, il laicismo borderline dei radicali e di rapportarlo al garantismo di Di Pietro era una missione quasi impossibile, attualmente.

Veltroni ci ha messo del suo, dimostrando scarso coraggio, poca verve, poca comunicatività.
Inevitabile l'esito.
Rimane un dato di fatto: i partiti che vincono sono quelli di destra, che hanno leaderships indiscusse. Lo stesso Casini, che ha corso da solo alle ultime eezioni nazionali, ha superato il difficile sbarramento del 5% che dava diritto ad entrare in parlamento.
Lo stesso partito di Di Pietro sta riscuotendo un certo successo elettorale anche per il fattore leadership (che non è messa minimamente in discussione) .

Diviso nel suo interno, e non aiutato certo da un Di Pietro che "spariglia" per accaparrarsi il ruolo di vera "opposizione al governo", il centrosinistra implode.
Perde l'Italia intera, così: per tutti, c'è bisogno di una opposizione degna di questo nome, affinchè ci sia il controllo adeguato alle azioni di governo che in tutti i paesi non può mancare. E' sempre auspicabile, in una democrazia, che una fazione non prevalga troppo. Ovviamente, sto parlando di successi elettorali che arridono al centrodestra e non delle accuse ridicole di dittatura che vengono mosse a Silvio Berlusconi.

La demonizzazione di Berlusconi lo ha ingigantito e rafforzato.
Di questo Veltroni se n'era reso conto ed era corso ai ripari, con un generale invito a moderare i toni.

Piccola parentesi su Di Pietro
Di Pietro , a mio avviso, è un fuoco di paglia. Sorvolando sulla presunta aura di onestà del suo partito (che a dire il vero, scricchiola già), il buon Tonino raccoglie voti perchè appare più deciso agli occhi degli anti-berlusconiani.
Non importa cosa Berlusconi proponga, l'importante è contestare a prescindere e accrescere i voti.

A lui va addossata, in nome del mero tornaconto di partito, la responsabilità di una ulteriore frattura interna alla sinistra.

Nè è possibile, per lui, una svolta al centro, vista la scarsa sintonia con Casini.
Di Pietro non andrà lontano, e la crescita dell'Italia dei Valori è solo momentanea.

Non ha un particolare acume politico, insulta il capo dello stato, scende in piazza con Travaglio, Grillo e la Guzzanti che spara a zero contro il papa.
Non ha mai espresso una linea chiara e programmatica sulle più grandi tematiche economiche e sociali, non ha mai stilato piani di rilancio industrale per l'Italia, non ha mai parlato di ecologia, di risorse energetiche e di tante altre cose ancora.
Ha fatto il ministro della Giustizia nel primo Governo Prodi e si è dimesso dopo pochi mesi, è stato ministro delle infrastruture senza brillare particolarmente.
Sull'indulto, al momento delle votazioni si è dimostrato contrario, ma prima aveva avuto delle aperture, con delle condizioni: l'indulto non doveva essere esteso ai reati finanziari e ad altre tipologie di reato. I suoi alleati non le accolsero e questo lo spinse definitivamente a votare contro.

Di Pietro ha avuto i suoi meriti ai tempi di Mani Pulite, questo è da riconoscerlo.
Fare politica però è un'altra cosa, e ben lo sanno i polacchi, che hanno archiviato da tempo il mito del sindacalista Lech Walesa. Dopo averlo eletto presidente, ne saggiarono l'incapacità di far fronte alle complesse decisioni che uno statista deve prendere, tanto che alle elezioni del 2000 la sua lista non ottenne nemmeno un seggio in parlamento.
Walesa fu ripreso anche da papa Woytila, che lo bacchettò duramente: i sindacati non devono fare politica.

giovedì 5 febbraio 2009

Notizie - Pescara 700 posti a rischio nella sanità. La protesta dei precari


(Articolo pubblicato su "La Cronaca di Tutto Abruzzo Oggi")

"Una nuova fase della nostra vita istituzonale ed economica è in atto. I segnali del cambiamento sono già forti, e costringono intere categorie di cittadini a fare sacrifici che non erano preventivabili fino ad alcuni anni or sono. In Abruzzo, c'è chi paventa, nel settore della sanità, il licenziamento in blocco dei lavoratori statali a tempo determinato:

"Il governo pensa di liquidare con un colpo di spugna il capitolo sui debiti della sanità pubblica, giungendo a misure estreme, come il taglio dei fondi stabilito. Mi riferisco al decreto legislativo n. 112 del 2008 detto "decreto Brunetta", e alla sua approvazione in parlamento che lo ha convertito nella legge 133 del 6 agosto 2008. Tale provvedimento mette a rischio il sostentamento di ben 250 lavoratori del settore ospedaliero nella zona di Pescara, a cui si aggiungono quelli che operano nelle altre provincie abruzzesi (700, ndr)"

Ad affermarlo è Cesare Barboni, che guida la protesta insieme all'Rdb (rete dei sindacati di base), ovvero il comitato dei precari della sanità locale.

"Come se non bastasse il taglio dei fondi da parte del governo centrale, si sta studiando in parlamento un ulteriore provvedimento, che riguarda appunto il mancato rinnovo degli incarichi di lavoro per i precari dipendenti dalle A.s.l.
Se venisse approvato, potrebbe decidere in maniera ancora più diretta la perdita del nostro posto di lavoro".

All'ingresso dell'ufficio prenotazioni C.U.P. dell'ospedale, c'è un tavolino con i dipendenti a rischio che raccolgono firme, ed è sorprendente constatare il gran numero dei passanti che si dimostra solidale con loro. Barboni fa cenno verso il banco, e lo adduce come esempio a favore di ciò che afferma:

"Questa mattina, in poche ore, abbiamo già raccolto centinaia di firme, c'è una partecipazione incredibile della gente comune, segno che i cittadini sono dalla nostra parte"

ll coordinatore della rete dei sindacati non mette in dubbio ciò che molti in questi giorni sottolineano, ovvero che la situazione d'indigenza delle strutture ospedaliere abruzzesi derivi anche dallo scandalo di sanitopoli, che ha creato un grosso ammanco di bilancio:

"Sanitopoli è stata la ciliegina sulla torta di una tendenza già in atto, ovvero quella di sopprimere servizi al cittadino, con danni sia all'occupazione che agli utenti. Ovviamente se le ruberie o la cattiva gestione degli amministratori determinano una ulteriore carenza di soldi, la tendenza a fare piazza pulita delle strutture pubbliche si accentua. E' una strategia che privilegia il settore privato, tanto è vero che per le strutture ospedaliere private sono stati confermati i fondi statali".



Alice l'ADSL di Telecom Italia