lunedì 25 gennaio 2010

Bamboccioni o vittime del sistema, dobbiamo svegliarci

E' vero: l'Italia è un paese in decadenza economica, per il semplice fatto che i governanti, invece di trattenere le aziende e i loro posti di lavoro, aiutano gli imprenditori ad insediarsi nei paesi emergenti.

E' vero, ancora, che nel nostro paese si incentiva chi vuole andare in pensione qualche anno più tardi e non viene dato nessun aiuto concreto ai giovani che vogliono lasciare il tetto dei genitori e trovare un lavoro stabile.

E' anche vero che noi italiani ci siamo rammolliti, giovani e meno giovani.
Sono molti i trentenni che guardano con disprezzo i loro coetanei laureati, che pur di guadagnare qualcosa, fanno i camerieri o i cosiddetti mestieri "umili". Una sorta di spregio del lavoro da parte di chi, in molti casi, ha preso la laurea comodamente in 7-8-10 anni e non ha mai lavorato un solo giorno in vita sua.

Ci sono anche coloro, però, che si pagano la permanenza nel luogo degli studi e i libri universitari lavorando.
Sono loro il modello da seguire. Nell'est europeo la vita costa molto in proporzione agli stipendi eppure i giovani vanno via di casa a vent'anni, dividendo magari le spese dell'appartamento, rinunciando a tantissime cose, ma ci riescono.

In tanti si lamentano della crisi, del fatto di non poter comprare la macchina da 30 000 euro ma di doversi accontentare di quella da 20 000.
C'è chi è veramente in difficoltà ma anche chi piange miseria e ha due appartamenti o il Suv 3000 di cilindrata.

Eh no, signori, il sacrificio è ben altro. Ben altra era la mentalità dell'Italia di cinquant'anni fa. Si ci accontentava di poco, eppure in tanti andavano avanti lo stesso.

La parola sacrificio è scomparsa dal nostro vocabolario, diciamo la verità.
Si concede la laurea troppo facilmente e tanti ragazzi scelgono di studiare lettere, psicologia e altre materie umanistiche, mentre, almeno una parte di loro potrebbe optare per l'ambito scientifico, dove ci sono più opportunità.

E' anche giusto che il laureato in materie umanistiche si adatti alla situazione negativa: pur magari essendo bravo nelle sue competenze, se l'alternativa è girarsi i pollici a casa di mamma e papà, deve scendere dal piedistallo e lavare i piatti nei ristoranti, in attesa di trovare qualcosa di meglio. Nessuno, infatti, verrà a bussare alla sua porta e a regalargli posti di lavoro inesistenti.

mercoledì 13 gennaio 2010

La simbologia di Gerardo Iorio: inquietudine ed esaltazione del vivere contemporaneo

C'è una distinzione sottile che riguarda il percorso dell'uomo nella dimensione temporale. Si vivono le proprie esperienze, si consegnano le proprie azioni ai posteri.

Alcune rimarranno nella memoria di qualcuno o rivivranno in citazioni di vario genere, altre saranno destinate all'oblìo. Fare parte, però, di un determinato periodo storico non vuol dire esserne parte attiva; bisogna saper interpretare ciò che succede attorno ed apportare un contributo valido, indicando vie d'uscita ai problemi della vita comune.

Gerardo Iorio dal canto suo, nel corso di vari decenni di carriera artistica, mantiene il punto su alcune tematiche che riguardano il nosro tempo. Se prendiamo a caso un quadro degli anni'80 ed uno recente noteremo che hanno la stessa carica emotiva in grado di squarciare il velo sull'inerzia e l'incuria dell'uomo moderno.

Quest'ultimo è infatti inerte, e non pone correzioni ad un progresso che contiene in sè anche un'involuzione. Iorio appartiene a quella generazione che ha visto coi propri occhi la crescita industriale del nostro paese, il passaggio da una società contadina ad un'altra con valori diversi, urbanizzata, sempre più platonica nei confronti della natura e della vita.

Lo scempio operato a danno della flora e del regno animale, il barbaro disinteresse autodistruttivo sono portati alle estreme conseguenze nella simbologia pittorica dell'autore. Egli non ha scordato il periodo di paura della guerra fredda in cui si paventavano esplosioni nucleari in grado di fare "tabula rasa" sia della modernità che della natura. Un punto di non ritorno che che nessuno si augura, e che induce a immaginare la rappresentazione del paesaggio post-moderno.

Ecco dunque raffigurati deserti, come quelli prodotti negli anni'70 .Pianure desolate in cui un viandante con mantello attraversa un buio suggestivo e metafisico. Un blu notte che avvolge tutto in una sinistra dolcezza.

L'uomo si ripara dal freddo dei sentimenti e della solitudine, in una notte di cui non si conosce la durata: poche ore oppure l'eternità. Sullo sfondo si stagliano paesi diroccati, quasi confusi fra le rocce, che si contorcono come piante appassite prive di sole.

Più vivide sono le opere recenti, in cui la desolazione si mescola ad esplosioni di giallo, arancione e rosso, i colori di un sole che a volta induce all'ottimismo e si fa risorsa per l'uomo, ma che in altri casi diventa quasi la rappresentazione di una esplosione enorme.

Questa grande combustione torna a far diventare il nostro pianeta, come milioni di anni fa, una grande sfera infuocata. Da quel corpo incandescente vennero fuori però l'acqua e la vita, e quindi anche da questo fuoco è possibile ricominciare.

L'uomo contemporaneo annichilito dal suo sbagliato modo di vivere, dall'inquinamento, dalle ciminiere e dai gas dei mezzi di trasporto, attende l'alba di un nuovo giorno. E proprio la liberazione incontrollata di una fonte di energia distruttrice e al tempo stesso catartica, dà il via alla nascita dell'uomo nuovo.Una rinascita che si sostanzia in nuove forme. Capita così, nell'immaginario di Iorio, che un albero partorisca uova da cui vengono fuori neonati.

Tali infanti sono ibridi come le piante, ovvero non hanno sesso e solo in un secondo momento si evolveranno in modo da ripopolare la terra, agendo in maniera più rispettosa, proprio perchè figli degli alberi. E' un rituale di riconciliazione tra il genere umano e la natura, che vincedo su di esso senza vendicarsi, torna a rivestire il suo ruolo di madre. Altre varianti di questo tema sono la donna che si fa tronco, mettendo radici sulla sua terra. La ragazza rinuncia ad inseguire sogni poco concreti, che volano come gabbiani attirati da un sole che potrebbe confondere.

L'esaltazione per la modernità infatti sembrava limpida e legittima ma ha poi ingannato l'uomo.Un altro legame forte nei quadri di gerardo Iorio è quello tra gli alberi e gli uccelli, che vi nidificano abitualmente per poi spiccare il volo verso terre lontane. Nella visione post-moderna e riformatrice di Iorio essi si fondono, in un ideale equilibrio tra ali e radici, entrambe indispensabili per l'equilibrio del pianeta: radici per non farci perdere la concretezza, il senso del reale e il rispetto per ciò che ci circonda. Ali per guardare lontano, riprendere fiducia dopo gli errori fatti e poi ricominciare.

Si può dire, in definitiva, che nello sconfinato panorama pittorico di Gerardo Iorio non esiste un inizio e una fine: proprio come nella filosofia di Parmenide, c'è una ciclicità delle forme viventi e inerti. Esse si modellano, si espandono per poi ritornare a fondersi in un tutt'uno, un "apeiron" da cui nascono nuova vita e nuovi stimoli per un genere umano migliore.

lunedì 4 gennaio 2010

L'arte di Giuliano Cotellessa tra natura, sentimenti, idee


Nella foto: "Mecanische Exzentric" - olio su tela, 1988

Era la fine degli anni '80 quando le opere di un giovane artista Pescarese iniziarono a circolare nei musei e nelle esposizioni italiane e internazionali. Questo ragazzo dalla corporatura longilinea e dai lineamenti quasi nordeuropei ritraeva figure astratte con colori allegri e accesi. Tali forme si incastravano come pezzi di un mosaico, oppure si legavano in un rapporto più sottile, con sorte di lacci simili all'incontro di persone, sentimenti e ideali. Talvolta l'impatto immediato del colore lasciava il posto ad opere che affrontavano la vita e l'astratto dal punto di vista concettuale, in un bianco e nero eterei che riempivano gli spazi della mente.

Da allora Giuliano Cotellessa ha continuato il suo percorso con coerenza. L'immediatezza dei simboli a volte ricorda Basquiat e si esprime spesso con forme varie e flessuose, aderenti a stati emotivi tenui, distesi. E' il caso di "I colori dell'Africa", un olio su tela del 2007.
Le forme rigide che si ripetono in serie, come in Mecanische Exzentric (1988), aprono invece uno spraglio a riflessioni sulla vita moderna, ma anche sui comportamenti ridondanti che ognuno mette in atto nel teatro della vita: cambiano le stuazioni, gli scenari, i tempi, ma tutto si riconduce al tratto dominante della nostra personalità.

Ennio Morricone ha molto gradito l'ispirazione di diverse opere di Cotellessa ai suoi lavori. Ne ha rinvenuto altresì interpretazioni veritiere di un immaginario e di alcune intuizioni che ne hanno guidato la filmografia.

Diversi critici d'arte, direttori di musei, addetti ai lavori hanno concordemente messo in risalto la capacità di Cotellessa di dire sempre e comunque qualcosa di nuovo, a fronte di quella ripetitività sterile sulla quale sembra esporre, in alcuni suoi quadri, una critica sarcastica e gioiosa.

Lista Teodoro fuori dalla giunta: subentrano D'Ercole e Taraborrelli ai lavori pubblici.

Scherza, Luigi Albore Mascia, coi giornalisti accorsi nel suo ufficio al Comune, che gli chiedono notizie sulla scissione degli ultimi giorni: "Ma perchè, avevo convocato una conferenza stampa? Quanti siete, è una numerosa invasione di campo!"
Tra poche ore infatti, si avrà l'ufficialità dell'avvicendamento tra Gianni Teodoro e Alfredo D'Ercole per la carica di assessore ai lavori pubblici.La rottura si è avuta nel momento in cui il dirigente dell'ufficio ai lavori pubblici Antonio Biase, uomo di fiducia di Teodoro, non è stato riconfermato.

Il sindaco Mascia non è ritornato sui suoi passi e adesso si attende di conoscere il nome del suo successore, che dovrebbe essere l'ingegnere Angelo Bellafronte Taraborrelli, già collaboratore del comune di Montesilvano nel recente passato. "Ringrazio ugualmente Teodoro", afferma il primo cittadino, per il lavoro svolto, non è una frattura irreparabile, io parlerei di un divorzio consensuale a livello politico.

A livello umano prosegue invece un'amicizia e una stima profonda tra noi, e non escludo che in futuro i rapporti si possano ricucire su tutti i fronti. E' probabile, nell'immediato, il passaggio all'opposizione degli altri due componenti della lista Teodoro, Massimiliano Pignoli, vicepresidente del consiglio comunale, e Vincenzo Di Noi.

Mascia mantiene la maggioranza al consiglio comunale, e quindi può proseguire il suo lavoro; risponde poi alle accuse del centrosinistra, che ha definito la sua gestione della città "lasciva": vorrei solo ricordare che in questo periodo in città si parlava di una persona che aveva addotto un certificato medico accampando come pretesto una malattia "ingravescente e permanente" (il riferimento evidente è all'ex sindaco D'Alfonso, n.d.r.).

"La giunta comunale si è già messa in luce per provvedimenti importanti e nel 2010 cambieremo volto alla città, nonostante i debiti lasciatici in eredità dalle due giunte precedenti. In sei mesi abbiamo già dato tanto, di certo non si potevano fare miracoli".