sabato 28 giugno 2008

Musica- King Harvest: Dancing in the Moonlight



E' ritornata in auge, a suon di spots pubblicitari, una vecchia canzone dei King Harvest, scritta dal loro tastierista, Sherman Kelly, nel 1968 e incisa solo nel 1973. I king Harvest erano quasi tutti di origine americana, ma all'epoca risiedevano a Parigi.

Inizialmente, questo pezzo era stato proposto da due gruppi britannici, attorno al 1970: i Boffalongo e gli High Broom . I Boffalongo divennero in seguito i King Harvest.

I King Harvestgruppo non riuscirono ad eguagliare il successo del primo brano e scomparve presto nella memoria di molti.

Le case discografiche, il cui solo interesse è fare soldi, invece di proporre nuovi talenti e nuova musica, preferiscono far cantare, ad artisti giovani, dei brani molto vecchi, senza nemmeno scomodarsi a dire che si tratta di un rifacimento. In questo modo si cerca di darla a bere a ragazzi che all'epoca non erano nemmeno nati, e ai quali non sempre è facile svelare la bufala.

Ecco dunque che dal nulla spuntarono, pochi anni fa, i "Toploader", con un "Dancing in the moonlight" abbastanza fedele all'originale ed un video dall'atmosefara natalizia che scioglieva i cuori. Ad ogni modo, si contano almeno sei rifacimenti del pezzo antecedenti quello dei Toploader. "Dancing in the moonlight" ha lo stesso titolo di un'altra canzone, molto diversa, risalente al 1977 dei Thin Lizzy.

Qui si uccide la fantasia


E' già arrivato Lippi sulla panchina della nazionale, e subito c'è l'impressione che si stia già mettendo all'opera con grande rapidità.
I giornali diffondono le prime informazioni su ciò che ha in mente il tecnico: probabilmente ci sarà l'addio di Del Piero e di Panucci alla nazionale, con un Materazzi in bilico.
In alternativa alle prime scelte, vi saranno molti giovani, come l'italo-brasiliano Santacroce, Aquilani (già visto all'opera agli europei), Montolivo e forse, insieme ad altri della linea verde, Giuseppe Rossi. Potrebbe essere naturalizzato Amauri, mentre Di Natale, pupillo di Donadoni, dovrebbe andare via.
I giocatori di fantasia non avranno molte chances con Lippi: oltre a Del Piero e Di Natale, infatti, sembra in bilico anche Cassano, per i noti motivi caratteriali.
Una riflessione, già vecchia, ma che si ripropone oggi ancora più di prima, è questa: i giocatori d'estro, quelli che non si limitano a correre e ad applicare gli schemi, ma hanno quel minimo di iniziativa per sovvertirli, non sono graditi agli allenatori italiani, forse smaniosi di controllare ogni aspetto del gioco.
La fantasia nel calcio italiano è ufficialmente morta.
I killer sono già noti, ma non verranno consegnati alla giustizia: i tecnici, in primo luogo, le società di calcio, i preparatori atletici sono i veri artefici di questo capolavoro.
Ovviamente una minoranza di segno opposto c'è nel settore, ma è questo il calcio che prevale al giorno d'oggi, in Italia più che altrove.
I fatti hanno dato ragione a Lippi: ha vinto i mondiali, senza fuochi d'artificio, con portatori d'acqua umili e spartani, con un gioco non sempre convincente, con uno spettacolo che spesso si assentava per far posto alla noia.
Non è una storia nuova, è vero: già a 29 anni Roberto Baggio veniva sbolognato da una squadra e l'altra; a furia di s-bologna-menti giungeva proprio a Bologna, e infine terminava il suo cammino a Brescia, baciato da una santità calcistica che gli permetteva di essere dovunque in campo, senza correre troppo, senza sbagliare un passaggio.
Del Piero ha dovuto modificarsi geneticamente a suon di pillolotti, di rigonfiamenti di muscoli, di preparazioni atletiche massacranti. I pillolotti Juventini, se non sono stati classificati dalla giustizia come doping, sono risultati, dagli atti, medicinali che poco avevano a che fare con la pratica sportiva: per reggere lo sforzo disumano, i giocatori della vecchia signora di cui anche Lippi ha fatto parte prendevano antidepressivi, integratori potenti endovena, e altri aiuti un po' strani.
E' un dato di fatto che la fantasia nel gioco che dimostrava Del Piero a 20 anni sia scomparsa da tempo, per far posto ad un gioco rispettabile, basato sul sacrificio, ma che ne ha distrutto la creatività.
La fantasia mortificata dal calcio italiano ha visto anche Zola andare all'estero, Miccoli, reo di essersi messo contro Luciano Moggi, dover espatriare in Portogallo per un certo periodo, Di Natale attualmente non valorizzato come merita, Cassano , complice anche il suo comportamento, messo da parte più di una volta.
Totti, non me ne voglia nessuno, non è il classico fantasista. E' un dispensatore geniale di palloni dallo stile essenziale, è un grande bomber, un giocatore di temperamento.
Non è però la classica mezzapunta genio e sregolatezza, non fa serpentine, non da giocate che appagano l'occhio come altri giocatori più tecnici di lui, ma a volte più incompleti sotto altri aspetti, e perciò, meno baciati dalla gloria.
Il fantasista che sopravvive si adatta a correre e basta, da qualche assist, raramente tira in porta. Nel calcio della fatica, non può fare altrimenti, non c'è spazio per la giocata di genio, perchè a metà partita è già stanco, e per certi numeri bisogna essere freschi e sfrontati.
Ci sarebbe bisogno di fare tornare la vecchia mezzapunta pigra; si aggirava negli anni 80 per il campo a volte come un corpo estraneo, uno spettatore un po' più vicino degli altri; al momento giusto, però, bastavano uno o due lampi dei suoi a cambiare volto a una partita.
che ci pensino gli uomini di fatica a correre per due, a recuperare i palloni, a tornare in difesa;
davanti, assieme a una punta, ci vuole un fantasista che resti lì, che non arretri troppo, e anche dietro, a centrocampo, c'è bisogno di un altro come lui, che dispensi palloni in avanti e che dribbli e sbeffeggi due o tre avversari.
E' un gesto tecnico che fa sognare.
Lippi fa un calcio vincente? Può darsi, ma non è l'unico modello: Il Brasile, finora, ha vinto 5 mondiali e ci sarà un perchè.

giovedì 26 giugno 2008

Energia pulita- L'esempio di Friburgo



Una trentina d'anni fa vi fu una forte protesta contro la volontà del governo di creare una centrale nucleare in Germania. Anche a causa del caro-petrolio, a Friburgo si posero fortemente il problema di sviluppare uno stile di vita che utilizzasse risorse energetiche eco compatibili.

Venne studiato, da diverse angolature, un grandioso piano di ripensamento dell'utilizzo delle risorse, dallo smaltimento dei rifiuti all'energia fotovoltaica, dalla mobilità urbana all'isolamento delle case. Nacque così l'istituto Fraunhofer, la Solar Fabrik, che va ad olio vegetale e non inquina, poichè si alimenta ad energia solare, la centrale fotovoltaica idraulica e termica, l' "Heliotop", una casa girevole alimentata e costruita interamente secondo i criteri dell'energia solare. Nacque anche il Solarsiedlung, villaggio solare opera dell'architetto Rolph Disch.

Si può dire però che l'intera città, che non supera i 200 000 abitanti, si sia organizzata su vasta scala e in tutti i suoi quartieri, attuando un progetto così ben architettato da poter essere applicato anche ad una metropoli.

Nelle case che sono costruite con i criteri dell'energia solare, i termosifoni non ci sono, così come non c'è bisogno della caldaia. L'isolamento termico è così efficace che basta il respiro delle persone e qualche candela a riscaldare l'ambiente.

Un cittadino medio spende 180 euro all'anno per tutte le bollette energetiche.

Sport-Donadoni va via, ma a testa alta.


Donadoni è prossimo all'esonero, dopo la sconfitta con la Spagna ai rigori nei quarti di finale.

A prendere il suo posto sarà di nuovo Marcello Lippi.

In questi giorni, vi sono state rivelazioni di un certo peso: a quanto pare, il C.T. uscente avrebbe firmato il contratto solo dopo un eventuale passaggio dell'Italia in semifinale, che non c'è stato.

L'allenatore azzurro avrebbe anche rinunciato a firmare una clausola rescissoria di 550 000 euro che sarebbe stata una lauta buonauscita in causa di esonero.

Come se non bastasse, corre voce in questi giorni che sia stato dettoa Lippi, diversi mesi or sono, di non fare altri accordi, perchè sarebbe stato richiamato.

Oltre al danno, la beffa, dunque, per il buon Roberto.

Diciamoci la verità: in questa avventura europea Donadoni è stato solo vittima delle macchinazioni della Federcalcio. Ha destato in tutti scetticismo la sua nomina a commissario tecnico, non per la sua bravura che non si discute, ma per la sua inesperienza. E' riuscito tuttavia a fare qualificare l'Italia agli europei, ha superato il girone di qualificazione, e ha perso ai quarti e soltanto dopo i rigori, con la Spagna.

Un'uscita tutto sommato dignitosa dagli europei, per la nostra nazionale.

Zeman ha detto: "Donadoni ha fatto giocare l'Italia come gioca sempre, è stato solo meno fortunato di Lippi".

L'unica cosa che gli si può rimproverare, forse è di non essersi giocata a viso aperto la partita con la Spagna, in cui la nostra nazionale ha avuto un atteggiamento troppo difensivo.

Ma questo atteggiamento lo ha avuto anche Lippi, quando abbiamo affrontato l'Australia ai mondiali e abbiamo vinto solo ai tempi supplementari grazie ad un rigore inesistente.

La Federcalcio ha avuto dunque un comportamento schizofrenico: da una parte ha scelto il nuovo tecnico Donadoni, da un lato non gli ha dato piena fiducia. Ci sono tecnici migliori? Certo, ma Lippi non è l'unico. Anche Trapattoni è molto più blasonato di Donadoni, eppure è rimasto in carica dopo la pessima figura con la Corea del 2002, non superando poi nemmeno il primo girone agli europei del 2004, ovvero, facendo peggio di Donadoni.

Non si creda , dunque, di aver trovato la bacchetta magica: l'Italia non è in crisi, è uscita ai quarti di un europeo giocando discretamente e Donadoni se ne andrà, ma avrebbe potuto tranquillamente guidare ancora l'Italia nei prossimi mondiali, magari portandola anche alla vittoria.

venerdì 20 giugno 2008

Seconda impressione sulla Lituania


(Una sirenetta si riposa su una sponda del fiume Vilnele, a Vilnius, a Uzsupis, il quartiere degli artisti)

Seconda, ma non certo esaustiva tappa a Vilnius e in Lituania.
La prima idea sulla Lituania si conferma e si arricchisce.
Si tratta innanzitutto di una nazione in crescita economica: mi sono posto per mesi il problema se la crescita del 7,5 % annuo fosse solo un numero o fosse reale, ma a fugarmi ogni dubbio è stata una dichiarazione di una persona del posto: vive da alcuni anni in Italia, è tornata a casa di recente, e ha rilevato dei progressi, nell'economia, nel lavoro della gente (che vede molto attiva), e persino negli ospedali.
Quanto a quello che ho visto con i miei occhi, si possono fare considerazioni con due sguardi diversi: quello del turista e quello di chi ci vive.
Per un turista la Lituania è un posto senza dubbio suggestivo, ricco di verde, con fiumi in genere più puliti dei nostri, con città e campagne che se non fosse per la povertà, assomiglierebbero un po' al Canada, un po' all'Irlanda.
Tra un quartiere dormitorio di Vilnius e l'altro ci sono i boschi, e strade larghe e ordinate, poco trafficate. I palazzoni popolari, che nel primo viaggio mi erano sembrati tanto orrendi per viverci, ad un secondo impatto sembrano tutto sommato accettabili.
Anche la percezione del pericolo è nella norma.
A questo aggiungetevi un fascino russo che permane, e che in me, nonostante il suo grigiore, suscita sensazioni di fascino e di mistero.
A Vilnius (la capitale, 535.000 abitanti) c'è, nei quartieri nuovi, una certa modernità a tratti imponente, che pur non dando segni nè di ricchezza nè di sfavillio fa una bella mostra di sè.
Nel centro si alternano case che cadono letteralmente a pezzi, (abitate da famiglie normali), e begli esempi di stile barocco, liberty-Art Noveau, gotico, vittoriano.
Qualche sfortunato fruga nella spazzatura, gli ubriachi sono tanti, le sale d'azzardo chiamate casinò spesso sono bische decrepite.
Gli strip-club pullulano numerosi in pieno centro, e ai clienti, qualora lo vogliano, viene messa a disposizione una macchina da sceicchi.
I taxi sono a centinaia. A volte sono belle macchine, a volte vecchie mercedes o audi 80.
Se l'automobile è vecchia preparatevi psicologicamente ai coprisedili: si tratta di pelli di animale che farebbero rabbrividire anche Davy Crockett.
In centro gira anche qualche bella Bmw. Gli autobus sono di diverso tipo, C'è anche un ibrido che è a metà tra l'autobus e il taxi. C'è poi il filobus senza rotaie, con i cavi elettrici.
Vilnius è collegata molto bene dai mezzi pubblici.
I ristoranti, i bar, i pubs e disco-pubs,sono ottimi: in essi traspare un felice tocco artistico che, probabilmente, la gente lituana possiede.
Vedute panoramiche, tanta arte nel centro storico, tanto verde per lunghe camminate a piedi: Vilnius è incantevole.
Kaunas (380 000 abitanti) per quel poco che ho visto, è anch'essa una città molto gradevole, tranquilla, verde, acculturata.
Un ottimo centro commerciale, dove vi sono molti svaghi , ristoranti, bars e bei negozi, è l'Akropolis, presente a Vilnius, a Kaunas e probabilmente anche in altre città.
Ciò che ho visto non è ancora molto, ma la Lituania è sicuramente un posto da vedere e da rivedere che incontra il mio gusto.
Vita da Lituano
Uno che vive in Lituania ha però una vita dura: gli stipendi da fame non sono all'altezza del costo della vita.In Italia, i salari sono molto più proporzionati.
Si spende , per vivere in Lituania, il 60-70% del denaro che occorre in una città media italiana.
Ci sono però le dovute precisazioni: un appartamento a Vilnius costa come minimo 500 euro d'affitto al mese. Molti Lituani guadagnano meno.
L'appartamento da 500 euro al mese,però, lo trovi mediamente in periferia o quasi, è scalcinato e viverci può avere un po' un "effetto Bronx".
Con 700 te ne affitti uno quasi decente.
A Pescara, per fare un paragone, con 700 euro ti trovi un appartamento più che soddisfacente.
Chi vuole abitare nel centro di Vilnius invece, deve sborsare da 1000 euro al mese in su, per stare magari in un appartamento che magari è bello, ma quando una macchina sgomma a una certa velocità per strada, senti un tremolio: sembra una leggerissima scossa tellurica, ma è il palazzo che vibra al rumore.
A Kaunas la vita costa meno che a Vilnius. A Klaipeda (180 000 abitanti), ancora meno.
Sembra che in ospedale i medici prendano una mazzetta per trattarti bene.
Per fortuna pare che ci sia anche qualche clinica privata con standards elevati, come quella americana di Vilnius, che non è costosa.
La sanità in Lituania funziona come in America: con la stipula di un contratto di assicurazione.
La cosa che a me sembra significativa è che, a quasi vent'anni dal comunismo, l'economia sta crescendo. Negli ultimi mesi però c'è stata una certa inflazione: gli affitti sono lievitati di un centinaio di euro, il costo della vita in generale si è alzato un po', e pare che sia l'effetto di avvicinamento all'euro: tra qualche anno anche la Lituania aderirà alla moneta unica.
Da pochi mesi, ancora, la Lituania fa parte del trattato di Schengen, quindi i Lituani non devono più usare il passaporto per circolare in Europa.
Stanno subendo la mazzata dei rincari anche loro, ma almeno la loro
moneta, che attualmente vale 3 volte e mezzo in meno circa dell'euro, non si svaluterà più.
Sono nella U E dal 2003, e probabilmente a loro stare in Europa conviene: in questo modo hanno definitivamente chiuso i conti con la Russia, che ancora cova ambizioni imperialiste, e in futuro fruiranno dei benefici che, stando a quanto dicono insigni politologi ed economisti, L'Europa Unita riserva.

mercoledì 4 giugno 2008

Attualità- I Pescatori europei in rivolta per il caro-gasolio. Anche la marineria Pescarese partecipa alla protesta.



I Pescatori non ce la fanno più. Dopo gli ennesimi aumenti del gasolio, non riescono ad andare avanti e protestano decisamente. Anche a Pescara, e anzi forse in maniera più drammatica rispetto ad altri luoghi, i pescatori sono in rivolta. "Non vogliamo elemosine dallo stato", dicono "vogliamo una forte riduzione dei prezzi della benzina". A tal fine stanno protestando, proprio in queste ore, presso la sede del parlamento europeo a Bruxelles.

Deve essere proprio grave la situazione, se la marineria pescarese è infuriata, dopo aver sopportato in silenzio difficoltà evidentissime.

A mio avviso i suoi mali non iniziano nè si esauriscono col caro-gasolio.
A Pesca-ra, paradossalmente, abbiamo un bellissimo porto turistico, dove le barche dei ricchi riposano tranquille.
Si intende invece denominare porto-canale il letto del fiume Pescara, o meglio la sua parte finale, in cui attraccano le piccole imbarcazioni dei pescatori.

In realtà il Porto-canale non può definirsi tale, visto che non ha infrastrutture, fatta eccezione per quelle sporgenze a cui vengono legate le imbarcazioni.
Durante le piene del fiume, che avvengono non di rado, queste barchette dove uomini d'altri tempi tentano di guadagnarsi da vivere si capovolgono e viene proclamato dal governo lo stato di calamità naturale.

Parliamoci chiaro: per questi uomini non c'è nessun interesse da parte della politica, nè di destra, nè di sinistra.
E' ora che la classe politica abruzzese e in particolare cittadina faccia ciò che non ha fatto finora, colpevolmente:

1)Chiedere fondi per la costruzione di un porto reale per chi nel mare ci lavora.

2)Favorire la nascita di cooperative che consentano ai pescatori di unirsi ed acquistare navi più equipaggiate ed in grado di pescare più pesce con minor fatica.

3) Costruire infrastrutture portuali degne di questo nome.

4) Essere più sensibili ai bisogni della marineria.


Disordini a Bruxelles

Sembra intanto che oggi pomeriggio a Bruxelles, dove sono andate a protestare presso la sede del parlamento europeo le marinerie di mezza europa, siano avvenuti scontri con la polizia locale.
La maggioranza del corteo è composta da Italiani (1200 circa) e Francesi.
L'intervento della polizia belga e dei suoi reparti a cavallo sarebbe stata innestata dal lancio di alcuni razzi. Ad essere preso di mira è stato l'edificio della Direzione Generale dell'Agricoltura della Commissione Europea.
Si sono inoltre segnalati dei piccoli roghi di cassonetti dell'immondizia. I manifestanti non sono in grande numero, ma ciò non ha influito sul verificarsi di tali spiacevoli episodi.
Nella foto: (i roghi nel centro d Bruxelles avvenuti oggi)

Politica estera- Ahmadinejad:L'Italia è nostra amica, l'Israele è da distruggere, gli U.S.A. hanno paura di noi














Di sicuro, ha il merito di movimentare il vertice della Fao (di stanza a Roma in questi giorni); prima tende una mano all'Italia e alla comunità internazionale, poi mostra nell'altra un pugnale da battaglia, lanciando minacce di distruzione ad Israele. Il leader Iraniano Mahmoud Ahmadinejad inscena un teatrino che mescola tentativi di distensione e segnali di guerra.

"L'Italia è un nostro partner privilegiato, afferma, e intendiamo stringere ulteriori rapporti di amicizia e di collaborazione con questo paese". La dichiarazione segue quanto già espresso in due lettere distinte inviate sia al nostro Presidente della Repubblica Napolitano, che al Presidente del Consiglio Berlusconi.
Sull'Israele, invece, continua a proclamare, anche di fronte ai capi d stato convenuti a Roma, la disruzione totale.
Sugli Stati Uniti afferma: "solo loro ci temono; con gli altri stati abbiamo ottimi rapporti"
Il tutto mentre il leader dell'Onu, Ban Ki Moon, pone sul tavolo altre questioni riguardanti la fame nel mondo, con obiettivi ben precisi: abbattere i veti protezionistici, finanziare un programma da 30 miliardi di dollari per lo sviluppo delle colture e l'aumento del cibo disponibile del 50 %, invertire la tendenza ad occupare il suolo con un'agricoltura destinata al carburante (olio di colza, ad esempio), per aumentare i terreni coltivati ai fini tradizionali del'alimentazione.

Le Reazioni sull'argomento-Iran
Per quanto riguarda le reazioni dei diretti interessati, L'italia, tramite il ministro degli Esteri Franco Frattini ha già espresso nei giorni scorsi la volontà di dialogare con l'Iran, andando in fondo a due temi: i rapporti politico-commerciali tra i due paesi e le aspirazioni del paese mediorientale sul nucleare che preoccupano il mondo intero.
Il papa ha abilmente evitato un incontro imbarazzante con il leader Iraniano, vista la non opportunità dell'incontro con chi lancia messaggi di morte ad altre nazioni.
Per quanto riguarda i motivi di una apertura alla cooperazione da entrambe le parti, essi sono già noti: l'Italia è uno dei principali partners commerciali dell'Iran. Inoltre il governo italiano coglie l'opportunità di ben figurare e di accrescere il suo peso all'interno del consesso internazionale, ponendosi come principale mediatore per la soluzione della crisi iraniana.
Ma sulla crisi iraniana esiste già una commissione composta dai 5 membri del consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania. E proprio la Germania pone il veto all'ingresso nelle trattative dell'Italia: "Stiamo già ottenendo buoni risultati e non possiamo rischiare di romprere gli equilibri" afferma Angela Merkel; inoltre tali decisioni di allargamento vanno prese in sede di Unione Europea.
La Germania dunque non perde l'occasione per mettere il bastone tra le ruote all'Italia. Innanzitutto, dove sono questi buoni risultati? In secondo luogo: la commissione sul nucleare Iraniano è formata da ben tre stti che con l'U. E. non hanno nulla a che fare; la stessa Germania è stata aggiunta, solo per la questione iraniana, in tale gruppo.
Ma si sa, anche nella macropolitica come nella vita delle persone comuni, colui da cui bisogna guardarsi è il "caporale", poichè il capoufficio non teme la tua concorrenza, e il fuoriclasse, al di là del suo grado, va avanti per la sua strada, perchè non ha bisogno di sgomitare.
Ecco dunque che i caporali Germania e Francia (in questo caso solo la prima), mosquitos al pari dell'Italia nei rapporti di forza geopolitici del pianeta, non perdono mai l'occasione per svilire il nostro paese, prendendo come pretesto argomenti come il nostro bilancio pubblico o altre questioni interne. Da ultima, si segnala questa esternazione del governo tedesco che non può permettere che l'Italia diventi il mediatore più importante della crisi Iraniana e che colga l'occasione per implementare i suoi rapporti commerciali.
Le Reazioni sul monito di Ban ki Moon
Intanto, Nikolas Sarkozy ha già annunciato ce aumenterà gli aiuti ai paesi bisognosi del 50%, rispondendo tra l'altro a un altro appello, quello del leader senegalese della Fao Diouf.